Bisogna salvare l’oro degli svizzeri?
Con un’iniziativa popolare, la destra conservatrice vuole costringere la Banca nazionale svizzera a detenere almeno il 20% dei suoi attivi in oro e vietare nuove vendite di riserve auree. Per gli oppositori, questa proposta pregiudica la libertà di manovra dell’istituto d’emissione, a scapito di tutta l’economia.
“Salvate l’oro della Svizzera”: si potrebbe pensare alla trama di un film, ma è in realtà il titolo dell’iniziativa popolare sottoposta il prossimo 30 novembre a votazione federale. Da chi va salvato l’oro degli svizzeri? Da organizzazioni criminali o gruppi terroristici? Secondo i promotori dell’iniziativa, va salvato dai dirigenti della Banca nazionale svizzera (BNS), che tra il 2000 e il 2008 hanno venduto oltre la metà delle riserve auree nazionali.
Le vendite avevano fatto seguito al declino dell’oro negli anni ’90. Il metallo giallo non aveva dato segni di ripresa neppure nel corso di crisi internazionali e sembrava ormai aver perso la sua funzione di bene rifugio. In diversi paesi si è deciso allora di alienare parte delle riserve auree per investire in modo più proficuo gli attivi delle banche centrali. O per alleggerire le finanze pubbliche. È stato il caso anche in Svizzera, dove la BNS deteneva 2’590 tonnellate d’oro, ossia le quinte maggiori riserve auree mondiali.
Tra il 2000 e il 2005, l’istituto di emissione ha così venduto una prima fetta di 1300 tonnellate d’oro, i cui proventi sono stati ripartiti per due terzi ai Cantoni e per un terzo alla Confederazione. Tra il 2007 e il 2008 ha poi immesso sul mercato altre 250 tonnellate, impiegando i ricavi per rafforzare le proprie riserve valutarie.
Patrimonio nazionale
Un grave sbaglio, secondo il deputato dell’Unione democratica di centro (UDC) Luzi Stamm, promotore dell’iniziativa assieme a due colleghi di partito. “L’oro ha dimostrato ancora una volta, con la recente crisi economico-finanziaria, di essere molto più resistente di valute internazionali, come l’euro e il dollaro. La storia insegna che le valute possono perdere in poco tempo il loro valore o addirittura scomparire. L’oro rappresenta invece un bene fisico, che manterrà il proprio valore anche tra due o tre secoli”.
Iniziativa sull’oro
Lanciata da tre rappresentanti dell’Unione democratica di centro – i deputati Luzi Stamm e Lukas Reimann e l’ex deputato Ulrich Schlüer – l’iniziativa “Salvate l’oro della Svizzera” (Iniziativa sull’oro)Collegamento esterno è stata consegnata nel 2013 alla Cancelleria federale.
In base al testo, le riserve auree della Banca nazionale svizzera (BNS) non possono più essere vendute. Entro cinque anni la BNS deve detenere una quota d’oro pari ad almeno il 20% dei suoi attivi. Il metallo giallo dovrà essere conservato interamente in Svizzera.
Attualmente le riserve complessive della BNS ammontano a circa 500 miliardi di franchi. Per soddisfare l’iniziativa, la banca centrale dovrebbe quindi detenere oro per almeno 100 miliardi di franchi. Tenendo conto delle sue riserve auree attuali, sarebbero necessari acquisti di lingotti per circa 65 miliardi.
“Per di più, la BNS ha venduto 1300 tonnellate d’oro nel momento peggiore, quando i prezzi erano tre volte inferiori a quelli raggiunti in questi ultimi anni. Ciò dimostra che i dirigenti della BNS possono compiere grandi errori”, aggiunge Luzi Stamm. Per il deputato, “le riserve auree costituiscono un patrimonio nazionale, accumulato nel corso di decenni da generazioni di svizzeri. Non possono essere liquidate in questo modo, senza lasciare decidere il popolo”.
Con la loro iniziativa, depositata nel 2013, i tre rappresentanti dell’UDC vogliono quindi imporre tre nuove regole alla BNS. In futuro l’istituto d’emissione non potrà più vendere nemmeno un lingotto delle riserve auree. Nei prossimi anni dovrà invece comperare grandi quantità di oro: l’iniziativa esige che le riserve auree corrispondano almeno al 20% degli attivi della BNS (attualmente 6-7%). Tutto il metallo giallo dovrà inoltre essere conservato in Svizzera – da molto tempo il 20% si trova in Inghilterra e il 10% in Canada.
Riserve sufficienti
L’iniziativa non ha incontrato i favori del governo, che invita il popolo a respingerla. Secondo la ministra delle finanze Eveline Widmer-Schlumpf, con 1040 tonnellate d’oro, la BNS dispone tuttora di riserve auree sufficienti, tra le più alte a livello mondiale. I promotori dell’iniziativa sopravvaluterebbero l’importanza dell’oro, un bene volatile e rischioso, che ha perso quasi 30% del suo valore solo nel 2013 e che non frutta nessun interesse.
Per il governo, l’iniziativa limiterebbe l’indipendenza e la capacità operativa della BNS, che in base al suo mandato deve condurre una politica monetaria e valutaria nell’interesse generale del paese. A tale scopo, l’istituto di emissione si serve di diversi strumenti destinati, in particolare, a garantire la stabilità dei prezzi, favorire l’evoluzione congiunturale e preservare la fiducia nel franco svizzero. Già da molto tempo, invece, l’oro non ricopre più un ruolo di primaria importanza nella stabilità monetaria.
Se fosse costretta a detenere una quota d’oro invendibile del 20%, la BNS non disporrebbe più di un margine di manovra adeguato per intervenire sui mercati. Non potrebbe più nemmeno attuare le misure avviate nel 2011 per impedire un eccessivo apprezzamento del franco nei confronti dell’euro e salvaguardare la competitività delle esportazioni svizzere. Il governo difende inoltre la decisione della BNS di collocare il 30% delle sue scorte d’oro all’estero. Questa diversificazione geografica permette alla banca centrale, in caso di crisi, di disporre di una parte delle proprie scorte in altri luoghi e di venderle su altri mercati.
Riserve auree
Nel 1999 il parlamento ha soppresso il vincolo del franco all’oro, liberando in pratica l’istituto di emissione dall’obbligo di garantire una copertura aurea per le banconote circolanti.
In seguito a questa decisione, tra il 2000 e il 2008 la Banca nazionale svizzera ha venduto 1300 tonnellate d’oro ad un prezzo medio di 15’604 franchi per chilo e 250 tonnellate a 27’000 franchi per chilo.
Nel 2012, il prezzo del chilo d’oro è salito fino a 53’700 franchi. Dal 2013 le quotazioni del metallo giallo hanno registrato un crollo, scendendo fino a 33’900 franchi. Attualmente, il prezzo del chilo oscilla tra 36’000 e 38’000 franchi.
Dal 2008 la BNS detiene 1040 tonnellate d’oro, ossia le settime maggiori riserve auree dopo Stati uniti, Germania, Italia, Francia, Cina e Russia. Non sono previste nuove vendite da parte della banca centrale elvetica.
Pressioni dall’estero
Posizioni non condivise dai promotori dell’iniziativa. Negli ultimi anni, diversi esponenti dell’UDC avevano criticato la politica monetaria della BNS, in particolare i massicci acquisti di euro, eseguiti per sostenere il corso della valuta europea e mantenere una soglia minima di cambio di 1,20 franchi. Questi interventi avevano prodotto nel 2012 perdite miliardarie nel bilancio dell’istituto di emissione.
“La nostra iniziativa non compromette l’indipendenza della BNS. La sua indipendenza viene invece minacciata dalle pressioni che giungono dall’estero. Durante la crisi degli ultimi anni, la BNS è stata costretta a stampare centinaia di miliardi di franchi per comperare euro e dollari, che non hanno un valore reale. Se impiegasse questo denaro per acquistare oro, disporrebbe invece di un valore reale, che rafforzerebbe la sua posizione nei confronti dell’estero”, afferma Luzi Stamm.
Per il deputato dell’UDC è inoltre pericoloso lasciare in mani straniere una parte delle riserve auree della BNS. “È assurdo ritenere che l’oro sia più al sicuro all’estero. Nessuno può credere seriamente che, in caso di grande crisi, la Svizzera riuscirà a riottenere facilmente il suo oro dall’estero. Già oggi vediamo come i nostri ‘amici’, i vicini paesi europei e gli Stati uniti, stanno cercando di indebolire la piazza finanziaria svizzera”.
Proposte paradossali
L’iniziativa è stata bocciata anche dalla stragrande maggioranza del parlamento. Molti parlamentari hanno criticato in particolare l’obbligo di detenere riserve auree invendibili del 20%: in tal modo la BNS potrebbe in pratica operare soltanto con l’80% dei suoi attivi.
“L’iniziativa è per diversi aspetti paradossale. Da un lato i suoi promotori considerano l’oro come un bene rifugio, che garantisce una sicurezza in caso di crisi. Dall’altro vogliono imporre un divieto generale alle vendite delle riserve auree. Ciò significa che l’oro non potrebbe essere utilizzato neppure in caso di crisi e sarebbe quindi inutile”, dichiara Dominique de Buman.
Per il deputato del Partito popolare democratico, “La BNS sarebbe in pratica costretta ad accumulare enormi riserve auree intoccabili, che farebbero soltanto diminuire il suo rendimento globale e quindi anche gli utili versati regolarmente dall’istituto di emissione alla Confederazione e ai Cantoni”.
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