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Accordi bilaterali, si profilano cambiamenti

(Keystone-ATS) Per gli accordi fiscali bilaterali raggiunti dalla Svizzera con Gran Bretagna e Germania si profilano cambiamenti. La loro portata è ancora tutta da definire. Mentre per Berna il nocciolo dei trattati non sarà modificato, Londra e Berlino forniscono qualche precisazione sul modus operandi e su nuovi contenuti.

Sono dunque emerse alcune indicazioni sulle conseguenze concrete dopo le decisioni annunciate ieri dal commissario europeo alla fiscalità Algirdas Semeta. Questi, in una lettera a nome della Commissione Ue inviata alla presidenza danese dell’Unione europea (Ue) con copia a tutti i ministri delle finanze dei Ventisette, ha spiegato che Berlino e Londra hanno accettato, dopo discussione con la Commissione, di procedere a modifiche negli accordi tributari bilaterali con la Svizzera.

Una portavoce del ministero del Tesoro britannico, raggiunta dall’ats, ha affermato che Londra è in contatto con la Commissione europea “per tenere conto delle sue considerazioni”.

La Commissione vede in malo modo i trattati di doppia imposizione sottoscritti dalla Confederazione con la Germania e la Gran Bretagna soprattutto perché a suo avviso violano sia le linee guida dell’Ue sulla fiscalità del risparmio, sia la relativa convenzione fra Berna e Bruxelles.

In Germania una portavoce del ministero delle Finanze ha spiegato all’ats che tra Berlino e Bruxelles vi è unanimità sul fatto che la convenzione bilaterale germano-elvetica “non si applica” ai proventi generati da interessi privati regolati dall’accordo attualmente vigente tra Confederazione e Ue sulla fiscalità del risparmio.

Concretamente ciò significa che per questi proventi continuerà a valere un’aliquota d’imposta del 35%. La Commisione Ue aveva proprio criticato il tasso ridotto di imposta alla fonte del 26,375% previsto dall’intesa bilaterale.

Mario Tuor, portavoce della Segreteria di Stato per le questioni finanziarie internazionali (SFI), ha detto all’ats che Svizzera da un lato e Germania e Gran Bretagna dall’altro sono unanimi nel ritenere ormai acquisito il nocciolo degli accordi bilaterali. Si tratta fra l’altro della protezione della sfera privata e dei tassi di imposizione.

Gli accordi fiscali con la Germania e la Gran Bretagna non sono in pericolo, ha da parte sua osservato Eveline Widmer-Schlumpf ai microfoni della radio della Svizzera tedesca (DRS). La responsabile del Dipartimento federale delle finanze (DFF) si è detta stupita per le dichiarazioni del commissario europeo alla fiscalità. La presidente della Confederazione non capisce quali siano i motivi alla base della lettera di Semeta.

La Commissione europea in passato ha detto chiaramente che gli accordi fiscali bilaterali con Paesi terzi sono di competenza dei singoli Stati dell’Unione, ha sostenuto la ministra delle finanze. Inoltre, ha proseguito, la cancelliera tedesca Angela Merkel ha affermato un mese fa di volere l’accordo e la Gran Bretagna ha segnalato ancora la settimana scorsa di voler porre in vigore l’intesa con Berna.

Alcune settimane or sono, la Confederazione ha sottoposto a Bruxelles una proposta di soluzione per gli aspetti regolati sia dalla normativa sull’imposta liberatoria, sia dalle disposizioni relative alla fiscalità del risparmio. Secondo la Widmer-Schlumpf non vi sono elementi nuovi.

Semeta ha però ieri anche sollevato in modo critico la questione dell’accesso al mercato europeo per i fornitori di servizi finanziari, pure previsto dagli accordi nel mirino della Commissione. Proprio oggi la Widmer-Schlumpf si è espressa in parlamento sul tema: in una risposta ad una mozione del PLR al Consiglio degli Stati la politca grigionese ha precisato che quest’ambito esula “chiaramente” dalle competenze dell’Ue.

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