Affare Magnitsky, la mancata indagine della Svizzera sui milioni russi
Un’inchiesta di quattro mesi condotta da SWI swissinfo.ch rivela come e perché in Svizzera non ci sia stata alcuna indagine su dieci milioni di franchi di presunti fondi illeciti collegati a un caso internazionale di frode fiscale russo.
1. Prologo
Nel 2020 un’inchiesta di alto profilo pubblicata dal giornale indipendente russo Novaya GazetaCollegamento esterno ha rivelato che “cittadini svizzeri sono volati in Russia per cacciare orsi e ‘maiali russi’ e, in cambio, hanno tentato di ostacolare le indagini sull’omicidio di Sergei Magnitsky”. Magnitsky era un avvocato russo, morto in carcere nel 2009 in circostanze sospette mentre indagava su un vasto caso di frode ai danni del Tesoro russo.
Una delle figure chiave di quell’indagine era Vinzenz Schnell, che ufficialmente era alle dipendenze della polizia federale svizzera, ma in realtà lavorava per il Ministero pubblico della Confederazione (MPC) su casi collegati alla Russia. L’indagine di Novaya Gazeta ha rivelato che si incontrava con funzionari russi in esclusivi ristoranti svizzeri, oltre ad aver viaggiato diverse volte in Russia, sempre in cotesti lussuosi.
Schnell ha affermato che sono stati i suoi superiori a insistere sul fatto che questi ambienti informali fossero necessari per raccogliere informazioni nell’ambito di indagini svizzere “estremamente importanti” collegate alla Russia.
Aveva ricevuto l’incarico di investigare sul riciclaggio di denaro proveniente dalla Russia in Svizzera. Si occupava anche della parte elvetica di quello che oggi è conosciuto come “l’affare Magnitsky”, dal nome dell’avvocato russo Sergei Magnitsky.
Nel 2016, Andreas Gross, un ex parlamentare socialista che aveva redatto un rapporto sulla morte di Magnitsky per il Consiglio d’Europa nel 2013-2014, è stato convocato per un interrogatorio dall’ufficio del procuratore svizzero. Gross è una delle rare persone contattate per questa inchiesta ad aver risposto alla nostra richiesta di intervista.
È stato interrogato da Schnell per un giorno intero. L’obiettivo, secondo Gross, era quello di screditare lui e il suo rapporto.
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Nel 2019 lo stesso Schnell, durante un processo in Svizzera a suo carico per un viaggio non ufficiale in Russia, ha sostenutoCollegamento esterno che il caso Magnitsky nella Confederazione si sarebbe dovuto archiviare già da tempo. Ha affermato davanti alla corte che era necessario “smascherare” Gross e “screditare” il suo rapporto.
“Il mio migliore amico, Dick Marty [ex senatore e procuratore svizzero, ndr], mi disse che non ero obbligato a presentarmi all’interrogatorio di Schnell”, racconta Gross a swissinfo.ch. “Ma pensai che insieme saremmo potuti arrivare alla verità. Perciò ho acconsentito”.
Nel 2021 le indagini svizzere relative all’affare Magnitsky – un caso russo di frode su scala internazionale – si conclusero con una sentenzaCollegamento esterno dell’MPC, secondo cui non erano state trovate prove sufficienti a incriminare qualcuno in Svizzera.
Nel corso delle indagini l’MPC aveva congelato 18 milioni di franchi (20 milioni di dollari) sui conti svizzeri appartenenti a tre cittadini russi: Vladlen Stepanov, marito di Olga Stepanova (una importante funzionaria fiscale di Mosca), Dmitry Klyuev e Denis Katsyv.
I tre erano sospettati di aver ricevuto sui loro conti svizzeri dei soldi provenienti dalla frode fiscale. Dei 18 milioni di franchi inizialmente congelati, 4 milioni furono confiscati e 14 milioni restituiti ai titolari dei conti bloccati. L’MPC giustificò la sua decisione affermando che era stato possibile provare una connessione con i crimini commessi in Russia solo per una parte del denaro congelato.
Grazie all’indagine Magnitsky si scoprì che un totale di 230 milioni di dollari erano stati sottratti illegalmente dalle casse pubbliche dello Stato russo. Magnitsky denunciò pubblicamente il caso di frode avviato da un uomo d’affari russo, mentre rappresentava come avvocato l’Hermitage Capital Management, all’epoca il più grande fondo di investimento e di gestione patrimoniale attivo nel Paese. Magnitsky venne arrestato dagli stessi funzionari russi che aveva accusato di essere coinvolti nel caso di frode.
Trascorse quasi un anno in carcere senza essere processato, e morì nel novembre 2009 in seguito a un pestaggio da parte degli agenti della polizia penitenziaria. Le autorità russe accusarono Magnitsky (dopo la sua morte) e Bill Browder, amministratore delegato e cofondatore dell’Hermitage, di essere i promotori del caso di frode e di aver evaso il fisco. Ma in pochi credettero a questa versione dei fatti.
Nel 2010 Magnitsky ricevette un premio postumo per la sua lotta contro la corruzione, l’Integrity Award, da parte dell’organizzazione no-profit Transparency International. Nel gennaio 2014 il Consiglio d’Europa approvò la risoluzione “Nessuna impunità per gli assassini di Sergei Magnitsky”.
La vicenda portò la comunità internazionale a imporre sanzioni contro i funzionari russi sospettati di essere coinvolti nella sua morte e ad adottare nuove leggi contro chi viola i diritti umani. Nel 2012 gli Stati Uniti adottarono il Magnitsky Act, e in seguito legislazioni simili vennero introdotte in molti Paesi, tra cui Regno Unito, Canada, Australia, e diversi Paesi europei. Ma mai in Svizzera.
L’Hermitage Capital, che il Dipartimento di giustizia statunitenseCollegamento esterno considera come una vittima della frode russa, diede il via a indagini in tutti i Paesi dove sospettava che il denaro della truffa fosse stato riciclato.
Nel marzo 2011 l’ufficio del procuratore generale della Confederazione, in risposta alle richieste dell’Hermitage, avviò una procedura penale sul presunto riciclaggio di denaro. L’Hermitage si costituì come parte civile e partecipò alle indagini.
Il caso venne chiuso dieci anni dopo. La sentenza finale suscitò perplessità tra gli esperti e le esperte di riciclaggio di tutto il mondo, in particolare perché la Svizzera decise di confiscare solo il 25% dei fondi congelati, mentre il 75% degli stessi venne restituito ai titolari dei conti bancari, i tre cittadini russi.
La Svizzera è stato l’unico Paese a decidere di restituire il denaro della presunta frode. Nel giugno 2023 la Commissione Helsinki statunitense, che si occupa di promuovere i diritti umani e la sicurezza militare in 57 Paesi, ha chiesto agli Stati Uniti di imporre sanzioni a carico di Michael Lauber, di Vinzenz Schnell e del procuratore federale Patrick Lamon, che era responsabile del caso Magnitsky in Svizzera.
Il Dipartimento federale degli affari esteri e l’MPC negarono tutte le accuse della Commissione. Gli Stati Uniti non hanno ancora preso una decisione finale riguardo alle sanzioni.
swissinfo.ch ha ottenuto l’accesso alla sentenza dell’ufficio del procuratore tramite una parte terza, e ha analizzato atti giudiziari e conti correnti – connessi con il caso – svizzeri e ciprioti. In totale, abbiamo esaminato oltre 400 pagine di documenti provenienti da diverse fonti legali e finanziarie, sia internazionali che svizzere.
In aggiunta ai 18 milioni di franchi oggetto dell’indagine, i documenti mostrano che altri dieci milioni di dollari, sospettati di essere stati sottratti al Tesoro russo, sono stati depositati su due conti svizzeri appartenenti a due cittadini russi di alto profilo.
Entrambe le transazioni sono collegate a Dmitry Klyuev, considerato dalle autorità statunitensi la menteCollegamento esterno dietro alla frode fiscale. All’epoca Klyuev aveva un conto corrente personale e sette conti aziendali intestati presso UBS Svizzera. I conti aziendali sono stati chiusi nel 2010-2011.
Nonostante le autorità svizzere ne fossero a conoscenza, come si evince dai documenti ufficiali, le transazioni e i conti bancari di Klyuev non furono mai indagati.
In questa inchiesta analizziamo da dove vengono questi dieci milioni di dollari dimenticati, come sono arrivati in Svizzera e perché non sono mai stati oggetto di un’indagine da parte dell’ufficio del procuratore. Il denaro apparteneva al senatore russo Dmitry Savelyev e al consulente finanziario Igor Sagiryan. Le valute citate nell’inchiesta sono quelle riportate nei documenti originali.
Le tecniche per sottrarre fondi utilizzate nel caso Magnitsky sono state descritte nel dettaglio dai giornalisti del periodico russo Novaja Gazeta e dall’associazione internazionale Organized Crime and Corruption Reporting ProjectCollegamento esterno (OCCRP).
Alcuni agenti della polizia russa confiscarono dei documenti e il sigillo aziendale delle affiliate locali dell’Hermitage Fund – una compagnia di investimenti del Regno Unito – e li impiegarono per ri-registrare la proprietà dell’azienda sotto un altro nome. Le stesse persone poi istituirono una serie di società fittizie che presentarono dei crediti finanziari falsi contro le affiliate russe dell’Hermitage.
Interpretando contemporaneamente il ruolo di accusa e difesa, i responsabili della frode convinsero i tribunali russi a emettere delle sentenze contro l’Hermitage Fund. Sulla carta, quindi, risultava che l’Hermitage aveva sofferto delle perdite ingenti, azzerando così tutti i precedenti guadagni delle affiliate.
Poi, armati con i documenti che “provavano” che la compagnia non aveva ottenuto alcun profitto, i responsabili della truffa presentarono un reclamo ufficiale per un rimborso pari a 230 milioni di dollari, precedentemente versati al Tesoro russo sotto forma di tasse. I soldi così ottenuti vennero poi trasferiti fuori dal Paese attraverso una rete di conti offshore.
2. Un’indagine svizzera screditata
I 230 milioni di dollari sottratti al Tesoro russo sono stati sparsi in Europa attraverso una complessa rete di società fantasma e conti bancari in giurisdizioni sospette.
Di questi, 18 milioni di franchi sono stati congelati su conti presso le banche svizzere Credit Suisse e UBS tra il 2011 e il 2013. Circa la metà di questi soldi – 8,4 milioni di euro (8 milioni di franchi) – si trovava su un conto Credit Suisse intestato a Vladlen Stepanov. All’epoca era sposato con Olga Stepanova, un’importante funzionaria del fisco russo che aveva autorizzato la maggior parte dei rimborsi fiscali fraudolenti dell’affare Magnitsky, nel 2007.
Il resto dei soldi bloccati in Svizzera era intestato ad altri due cittadini russi, Denis Katsyv e Dmitry Klyuev. Tra i fondi congelati c’erano 8,2 milioni di dollari su conti UBS e della banca Edmond de Rothschild intestati a Katsyv e 37’000 dollari su un conto UBS di Klyuev.
Strati su strati
Il riciclaggio di denaro è un’operazione complessa, che si divide in tre fasi principali. Durante la prima, chiamata collocamento (placement), il denaro ottenuto illegalmente viene introdotto nel sistema finanziario, come banche, mercato azionario e compagnie assicurative. Poi, tramite la stratificazione (layering), il denaro viene spostato tra i conti di molte società fittizie per nasconderne l’origine. L’ultima fase è l’integrazione (integration): i fondi raggiungono la loro destinazione finale, come ad esempio un conto bancario, oppure vengono impiegati per degli acquisti, ad esempio degli immobili.
Tutti i soldi sottratti al Tesoro russo sono stati spostati almeno quattro o cinque volte prima di raggiungere la loro destinazione finale, in Svizzera o altrove.
La stratificazione rende le indagini sul riciclaggio difficili, perché il loro esito dipende anche dalla collaborazione tra le forze dell’ordine di Paesi diversi. I fondi sospetti possono anche mescolarsi a denaro ottenuto legalmente, rendendo ancora più complicato risalire alla loro origine.
In Svizzera, per stabilire che del denaro è stato effettivamente riciclato, l’MPC deve prima di tutto dimostrare che è stato commesso un reato (un crimine o un delitto fiscale qualificato). In secondo luogo, deve dimostrare che i proventi di questo reato si potevano confiscare; che gli imputati abbiano intenzionalmente commesso un atto per evitare la confisca di questi beni; e infine che sapessero, o avrebbero dovuto sapere, che quel denaro proveniva da fondi illeciti.
La sentenza finale dell’MPC ha giustificato l’archiviazione del caso Magnitsky affermando che “non erano state trovate prove sufficienti per incriminare nessuno in Svizzera”, ma “nonostante ciò […] si è stabilito che esiste un legame tra alcuni dei beni confiscati e il reato presupposto commesso in Russia”.
L’MPC ha applicato il cosiddetto “metodo del calcolo proporzionale” e stimato che solo quattro milioni di franchi dei 18 congelati erano attribuibili alla presunta frode, e quindi da confiscare, mentre per il resto “non si poteva risalire al bilancio russo”.
In pratica l’MPC ha stimato la cifra “diluita” con altri fondi ad ogni spostamento di denaro durante la fase di stratificazione, ed è così arrivato a stabilire la somma che doveva essere permanentemente confiscata.
Questo metodo è però contestato da alcuni esperti.
“Se quello che affermano i procuratori fosse corretto, allora questo Paese [la Svizzera] sarebbe il paradiso per eccellenza per il riciclaggio di denaro. Forse lo è davvero”, afferma Mark Pieth, che ha fatto parte del Gruppo d’azione finanziaria internazionale (un’organizzazione intergovernativa fondata su iniziativa del G7 per contrastare il riciclaggio di denaro) ed è stato capo sezione per la criminalità organizzata ed economica presso l’Ufficio federale di giustizia svizzero.
“Se ci sono dei fattori che indicano una provenienza illecita, il denaro deve essere bloccato”, aggiunge.
Con lo stesso provvedimento l’MPC ha anche privato l’Hermitage Capital del suo status di “parte lesa”, togliendogli così il diritto di opporsi alla sentenza e alla decisione di restituire ai tre titolari russi la maggior parte dei fondi bloccati.
In sostanza, l’MPC ha concluso che l’unica vittima della frode è il Tesoro russo. Una tesi in linea con la posizione ufficiale delle autorità di Mosca, ma contraria alle conclusioni del Dipartimento di giustizia statunitense.
L’Hermitage Capital ha impugnato la sentenza, ma il Tribunale penale federale di Bellinzona ha respinto il ricorso.
A dicembre 2022 l’Hermitage ha allora presentato ricorso al Tribunale federale, la più alta istanza giuridica in Svizzera, che non ha ancora emesso la sentenza definitiva.
Una sentenza controversa
La sentenza svizzera, una volta che le sue conclusioni sono diventate di dominio pubblico, ha ricevuto molte critiche. La decisione di restituire il denaro confiscato e quella di privare l’Hermitage del suo status di parte lesa sono state entrambe contestate, anche perché in contrasto con le conclusioni raggiunte dalle autorità di Stati Uniti, Canada e Regno Unito, che hanno imposto sanzioni ai coniugi Stepanov e a Dmitry Klyuev.
“I fondi ottenuti illegalmente devono essere confiscati, non importa se la vittima è lo Stato russo o l’Hermitage”, afferma Pieth.
“In entrambi i casi l’MPC avrebbe dovuto bloccare i fondi e trattenerli. L’ex procuratore generale della Svizzera era in rapporti abbastanza buoni con il suo corrispettivo russo”, aggiunge Pieth. “Non si sono occupati del caso in modo adeguato”.
I media svizzeri e internazionali hanno ampiamente riferito degli stretti rapporti tra Michael Lauber, ex procuratore generale della Confederazione, e diversi funzionari russi. Legami composti da cene in ristoranti sontuosi, battute di caccia e voli su jet privati pagati dalle autorità di Mosca, oltre a un atteggiamento minimizzante nei casi di riciclaggio di denaro che implicavano i funzionari russi.
Lauber ha supervisionato le indagini del caso Magnitsky per nove anni. Ha lasciato il suo incarico nel 2020, dopo che il Parlamento svizzero aveva avviato un procedimento di destituzione nei suoi confronti, la prima volta nella storia del Paese.
Patrick Lamon, capo di Lauber e anche lui conosciuto per i suoi rapporti con le autorità russe, ha proseguito le indagini fino a marzo 2021. A quel punto è stato sostituito dalla sua vice, Diane Kohler, che quattro mesi dopo ha chiuso il caso. Il processo di Vinzenz Schnell, nel 2017, ha dimostrato che aveva “beneficiato” dei suoi rapporti con i funzionari russi, prendendo parte a viaggi e battute di caccia finanziate dagli oligarchi.
3. Soldi nuovi in vecchi conti
swissinfo.ch ha visionato il testo integrale della sentenza dell’MPC, diversi documenti legali accessibili al pubblico e parte della corrispondenza bancaria relativa alle indagini svizzere.
La nostra inchiesta rivela l’esistenza di altri dieci milioni di franchi in conti correnti svizzeri che non sono mai stati oggetto di indagine da parte dell’MPC, nonostante presentassero delle caratteristiche considerate dagli esperti e dalle esperte del settore come chiari campanelli di allarme.
I fondi – trasferiti su conti delle banche svizzere BSI SA (Banca Svizzera Italiana, che nel 2017 è stata integrata dal gruppo EFG International) e Bordier & Cie – erano collegati a Dmitry Klyuev e non furono mai indagati dall’ufficio del procuratore.
Klyuev aveva diversi conti svizzeri presso UBS, tra cui due conti aziendali e uno personale.
Tra il 2008 e il 2011 il denaro collegato alle indagini Magnitsky è stato trasferito da questi ad altri conti in Svizzera, che però non sono mai stati inclusi nell’indagine, nonostante le precedenti incriminazioni di Klyuev in Russia.
Il collegamento con Dmitry Klyuev
Prima della presunta frode fiscale dell’affare Magnitsky, Klyuev aveva già tentato di sottrarre fondi illegalmente. Nel 2006, infatti, fu condannato per aver cercato di rubare le azioni di un altro gigante russo, Mikhailovsky GOKCollegamento esterno, l’impianto siderurgico più grande del Paese. La stampa russa ha anche messo il suo nome in relazione a una serie di morti misteriose e di tentati omicidi.
Secondo un’indagine del Dipartimento di giustizia statunitense, Klyuev nel 2006 prese parte a un’altra truffa, sottraendo circa 107 milioni di dollari dalle casse dello stato russo. Tuttavia, il presunto furto non fu riconosciuto come un crimine dal governo del Paese, e quindi non fu indagato.
All’epoca Klyuev era il proprietario di una piccola banca basata a Mosca, la Universal Savings Bank, che era al centro delle sue attività fraudolente.
Nel 2015, Klyuev ha dichiarato ai procuratori svizzeri che nel 2006 aveva venduto la sua banca per un milione di dollari, dal momento che la sua reputazione era ormai “irrimediabilmente danneggiata”. L’acquirente, ha affermato Klyuev, era un suo conoscente stretto, l’imprenditore russo Semen Korobeinikov.
Korobeinikov non ha potuto né confermare né smentire le affermazioni di Klyuev: è morto nel 2008 a Mosca, cadendo dalla finestra di un attico di cui stava valutando l’acquisto, in un edificio ancora in costruzione. In Russia fu aperta un’indagine sull’incidente, poi archiviata.
Tuttavia, nel 2008, quando Klyuev aprì i suoi conti presso UBS a Zurigo si definì come l’unico proprietario della Universal Savings Bank, la principale banca coinvolta nella truffa da 230 milioni di dollari. Non disse niente riguardo a Korobeinikov o alla vendita della banca, stando ai documenti di UBS.
Questo dimostra che all’epoca Klyuev stava ancora utilizzando la Universal Savings Bank per i suoi presunti crimini fiscali.
I documenti dell’MPC e le dichiarazioni bancarie relative alle indagini mostrano che 14,5 milioni di dollari sospettati di essere connessi al caso di frode sono transitati per i conti UBS di Klyuev in Svizzera.
Un totale di 4,9 milioni di dollari è stato trasferito dai suoi conti UBS personali e aziendali a un conto presso la banca FBME a Cipro, intestato alla compagnia Altem Invest Limited, BVI.
Una parte di quel denaro è stata poi inviata su un altro conto presso quella stessa banca cipriota, ma intestato a un’altra compagnia, la Zibar Management Inc. In totale le due società hanno ricevuto 30,4 milioni di dollari, che, secondo la denuncia presentata a Monaco da Hermitage Capital, farebbero parte dei 230 milioni di dollari rubati allo Stato russo.
swissinfo.ch ha consultato i documenti ufficiali depositati dalla banca FMBE presso le autorità cipriote, dai quali emerge il collegamento tra questi due conti aziendali e Dmitry Klyuev.
Klyuev ha speso parte di questo denaro in Svizzera, per coprire le sue spese personali. Con il suo conto UBS ha pagato 218’000 franchi alla Banca cantonale vodese per la retta di un collegio internazionale privato frequentato dal figlio tra il 2007 e il 2010. In seguito alla chiusura del conto UBS, avvenuta nel 2011, le ricevute della scuola sono state pagate tramite i conti registrati presso la FBME di Cipro: quelli di Altem nel 2010-2011 e quelli di Zibar nel 2012.
I registri bancari mostrano inoltre che nel 2008-2009 Klyuev ha usato il suo conto UBS anche per pagare le spese mediche della sua ex moglie, Olga Tamarkina, presso un ospedale privato di Ginevra.
I documenti dell’MPC indicano chiaramente che i procuratori svizzeri fossero a conoscenza di queste transazioni, e che è possibile tracciare il percorso del denaro dalla Russia fino ai conti UBS di Zurigo di Klyuev, passando per Moldavia, Ucraina e Lettonia. Le autorità svizzere inizialmente bloccarono 37’000 dollari sui suoi conti, ma alla fine delle indagini i procuratori non trovarono un motivo per confiscare quel denaro.
Soldi a palate
Nel settembre 2019, almeno due milioni di dollari sono stati trasferiti dai conti UBS di Klyuev a un altro conto aziendale svizzero presso la Bordier & Cie, una banca privata di Ginevra.
Il conto era intestato alla Athina Corporation, una società registrata a Panama il cui titolare effettivo, secondo l’indagine svizzera, era l’imprenditore russo Igor Sagiryan.
Sagiryan non è un nome nuovo nell’affare Magnitsky. Il suo rapporto con Dmitry Klyuev risale al periodo precedente la frode. Klyuev, infatti, fu assunto nel 2002 come consulente nella sua banca, la Renaissance Capital Group, che il Dipartimento di giustizia statunitense ha scoperto essere direttamente collegata alla truffa dell’Hermitage.
Nel 2023, un’indagine Collegamento esternodell’associazione internazionale di giornalisti OCCRP e del sito russo Important Stories, specializzato in giornalismo d’inchiesta, ha rivelato che Kluyev e Sagiryan avevano investito parte del denaro proveniente dalla truffa in un resort di lusso a Cipro, Cap St George. Sagiryan aveva anche dei contatti con altri individui connessi alla frode, tra cui i coniugi Stepanov. Inoltre, un’indagineCollegamento esterno dell’Hermitage Capital ha rivelato che i due hanno viaggiato insieme a Dubai nel 2008.
Sagiryan non ha risposto alla richiesta di un commento da parte di swissinfo.ch.
Amici per la vita
I documenti dell’MPC indicano un’altra transazione di denaro collegata alla Svizzera: otto milioni di dollari comparsi sui conti aziendali del senatore russo Dmitry Savelyev e di sua moglie Olga, tra il 2012 e il 2013.
I conti in questione erano intitolati a due società (la Green Island Investors Corp e la BVI& Roy Finance SA) presso la banca di Lugano BSI SA, che oggi è diventata EFG International. Il denaro è stato inviato dalla Zibar Management Inc, una delle compagnie collegate a Klyuev con conti presso la FBME di Cipro.
Da allora, Savelyev è stato sanzionato da Stati UnitiCollegamento esterno, Regno UnitoCollegamento esterno, Unione EuropeaCollegamento esterno e Svizzera per aver votato a favore dell’invasione russa in Ucraina a febbraio 2022. Questa è la prima volta che il suo nome viene messo in relazione al caso Magnitsky.
Savelyev è il funzionario con l’incarico di maggior rilievo tra quelli sospettati di essere coinvolti nella frode fiscale. Nel suo Paese è un politico molto conosciuto: dal 1999 al 2016 è stato deputato della Duma, la camera bassa del Parlamento russo, e dal 2016 è un membro del Senato, la camera alta.
swissinfo.ch ha stabilito un potenziale collegamento tra Klyuev e Savelyev. È infatti molto probabile che si siano incontrati in Afghanistan, dove entrambi hanno prestato servizio militare. Nel 1986, Savelyev venne arruolato dall’esercito sovietico e divenne un membro della 40esima armata, la Limited Contingent of Soviet Forces. Klyuev si trovava lì nello stesso periodo, come comandante di un’unità di ricognizione militare. Entrambi hanno ricevuto delle onorificenze per il loro servizio.
I giornalisti di Important StoriesCollegamento esterno, che hanno avuto accesso alle stesse fonti di swissinfo.ch, hanno chiesto un’intervista a Savelyev e sua moglie. Al momento della pubblicazione di questo articolo i due non hanno risposto.
La legge svizzera richiede agli istituti bancari di notificare le autorità se sospettano che una transazione di denaro sia collegata a fondi illeciti. Nonostante la sua condanna nel 2006 – un’informazione di dominio pubblico -, Dmitry Klyuev continuò ad avere rapporti con le banche UBS svizzere, sia con conti a suo nome che come titolare di diverse società.
“Alla fine le banche sono responsabili dei loro rapporti con questo o quel cliente”, afferma Ilya Shumanov, capo dell’associazione Transparency International Russia, basata fuori dal Paese.
“Siamo a conoscenza di diversi casi in Svizzera in cui gli impiegati bancari chiudono un occhio per politici e funzionari, anche se l’origine del denaro sui loro conti risulta problematica, una volta esaminata”.
In Svizzera non c’è una procedura standard che la clientela deve seguire per mostrare da dove provengono i soldi: i documenti necessari cambiano a seconda della banca. In alcuni casi basta un’autocertificazione del cliente, mentre in altri servono documenti dettagliati che permettano di rintracciare l’origine del denaro anche risalendo a diversi decenni prima.
“Un tempo le banche facevano solo una veloce ricerca su internet sui propri clienti”, racconta Carlo Lombardini, professore di diritto dell’Università di Losanna. “Oggi sono molto più attente. Direi che ciò che era possibile in passato adesso non lo è più”.
Gli istituti bancari UBS, EFG e Bordier & Cie sono stati contattati da swissinfo.ch, ma hanno scelto di non commentare la vicenda.
“Nessun oligarca russo si presenta direttamente alle porte di una banca svizzera”, afferma Shumanov. “C’è sempre un contatto tramite avvocati locali, registri offshore, contabili, e società che si occupano di operazioni finanziarie e consulenze fiscali nel Paese. Questa catena garantisce la conformità formale agli standard della banca svizzera, creando al tempo stesso l’apparenza della legalità per quanto riguarda l’origine del denaro”.
4. Quesiti irrisolti
Nelle 179 pagine della sua sentenza, l’MPC spiega chiaramente perché ha deciso di non indagare né sulle due transazioni verso i conti di Dmitry Savelyev e Igor Sagiryan né sui conti svizzeri di Dmitry Klyuev.
Gli avvocati e gli esperti a cui swissinfo.ch ha fatto leggere la sentenza hanno confermato che questa solleva dei dubbi sulla volontà della Svizzera di indagare i presunti proventi della frode fiscale, indicando anche la possibilità di irregolarità all’interno dell’indagine dell’MPC.
“Contrariamente all’opinione pubblica, gli uffici dei procuratori in Svizzera sono molto politicizzati, soprattutto l’MPC”, afferma Giorgio Campà, un avvocato di Ginevra specializzato in diritto commerciale e crimini economici. “Si tende a credere che le nostre autorità di perseguimento penale siano indipendenti e imparziali, ma non è vero”.
Per quanto riguarda i conti di Klyuev, nella sentenza si legge che l’MPC non può “stabilire se includano dei fondi provenienti dal Tesoro russo”, poiché “la complessità dello schema… rende impossibile tracciare il flusso del denaro”.
Tuttavia, la sentenza mostra che i conti UBS di Klyuev hanno ricevuto del denaro dalle stesse società di facciata che hanno versato dei soldi sui conti svizzeri dei coniugi Stepanov – soldi che invece sono stati indagati e in parte confiscati dall’ufficio del procuratore.
Queste due società di comodo (la Nomirex Trading Limited e la Bristoll Export LTD) avevano dei conti presso l’istituto bancario Trasta Komercbanka Latvia, a cui la Banca Centrale Europea ha revocato la licenza bancaria nel 2018 per non aver rispettato le normative antiriciclaggio. Inviavano denaro anche ad altre compagnie connesse con Klyuev e Stepanov.
Non è chiaro il motivo per cui l’MPC consideri le transazioni verso i conti di Stepanov come illegali e connesse alla frode, mentre quelle provenienti dalla stessa fonte, ma versate sui conti di Klyuev, siano reputate “impossibili da tracciare”.
“Se il denaro prima passa per la Svizzera, poi arriva a Cipro e alla fine ricompare in un altro modo in Svizzera su conti aziendali presso la BSI, allora si tratta di riciclaggio di denaro – è il solito modo di riciclare denaro”, afferma Mark Pieth, commentando la decisione dell’MPC di non indagare i conti di Klyuev. “Ma qual è il ruolo della Svizzera in tutto questo?”
Pieth, professore di diritto penale e criminologia all’università di Basilea, ha seguito il caso con attenzione sin dall’inizio e ha fornito una dichiarazione ufficiale alla Commissione Helsinki riguardo al modo in cui la Svizzera ha gestito l’indagine.
“Non so davvero come un procuratore generale serio possa aver fatto finta di niente”, afferma Pieth. “È scandaloso. Dire che ‘è troppo complicato’ equivale a dire che la Svizzera è un paradiso per il riciclaggio di denaro. Faccio davvero fatica a capire se questa autorità stia facendo il suo lavoro o meno”.
“Una decisione ingiustificabile”
Nella sentenza l’MPC ha anche sostenuto che “le società [di Dmitry Klyuev] effettuavano dei pagamenti prima che venisse commesso il reato”. Ciò suggerisce che non si dovrebbe indagare una compagnia che esisteva già prima di un presunto reato.
L’MPC giustifica la sua scelta di non sottoporre a un’indagine i conti di Savelyev presso la BSI affermando che erano stati aperti “quasi tre anni e mezzo” dopo la truffa, e che sia Dimitry Savelyev che sua moglie non erano tra gli indagati.
“Pertanto non c’è alcuna ragione per dare seguito alla confisca, che è respinta”, recitava la sentenza riguardo a quei conti.
Una posizione incoerente con la logica e le conclusioni dello stesso MPC.
L’MPC ha infatti confermato che la società di Stepanov, FARADINE Systems, è stata fondata nel marzo 2010, quindi due anni e mezzo dopo la frode fiscale. Eppure, è da quel conto che la Svizzera ha deciso di confiscare quattro milioni di franchi.
Non sono mai stati oggetto d’indagine nemmeno i due milioni di dollari trasferiti da uno dei conti UBS di Klyuev a un’azienda di Sagiryan, la Athina Corporation, nonostante la transazione venga menzionata nella sentenza.
L’unica volta in cui viene nominato Sagiryan invece è quando venne chiesto a Vladlen Stepanov se i due si conoscessero. Secondo i documenti depositati, la risposta fu negativa.
Contattato da swissinfo.ch, l’ufficio del procuratore ha dichiarato di non poter rilasciare un commento sul caso, poiché il procedimento penale è ancora in corso.
“L’ordine di archiviazione è stato contestato da molte delle parti coinvolte, e per questo la giurisdizione, e quindi i poteri, sono stati trasferiti al Tribunale penale federale e al Tribunale federale”, scrive l’ufficio del procuratore in una e-mail. “Pertanto è stata trasferita ai tribunali anche l’autorità di esprimersi sul caso”.
swissinfo.ch ha contattato diversi avvocati e avvocatesse, parlamentari e professori di diritto chiedendo la loro opinione sulla sentenza e sulle incoerenze da essa evidenziate.
Al momento della pubblicazione di questo articolo in pochi hanno accettato di rilasciare commenti in forma sia ufficiosa che ufficiale. Nel corso di conversazioni informali con swissinfo.ch, alcuni avvocati hanno detto che preferiscono non criticare una sentenza dell’ufficio del procuratore.
“Questa decisione sembra ingiustificabile dal punto di vista del diritto”, afferma Giorgio Campà, avvocato di Ginevra. “Sembrerebbe qualificarsi come un’archiviazione ‘discrezionale’, proibita dall’articolo 7 del Codice di procedura penale svizzero, che sancisce l’obbligo di prosecuzione”, continua Campà. “È necessario che si prendano in esame anche gli elementi direttamente collegati con i fatti sotto indagine, soprattutto quando questi ultimi sono complessi. Un procuratore deve essere motivato solo dalla ricerca della verità, non può scegliere di ‘chiudere un occhio’”.
I rapporti di Michael Lauber con la Russia
Michael Lauber, ex procuratore generale svizzero che ha supervisionato gran parte dell’indagine sull’affare Magnitsky, era noto per i suoi stretti legami con la Russia. Gli anni del suo incarico, dal 2011 al 2020, sono stati segnati da accuse secondo cui Lauber avrebbe insabbiato alcuni casi di corruzione russa.
Tra questi, un’indagine sull’ex ministra dell’agricoltura russa, Yelena Skrynnik, che avrebbe trasferito 140 milioni di dollari su conti bancari in SvizzeraCollegamento esterno tra il 2007 e il 2012, e un’indagine sull’acquisto di immobili in Svizzera da parte di Artyom Chaika, figlio del procuratore generale russo Yury Chaika, membro della cerchia ristretta del presidente Vladimir Putin. Entrambe le indagini sono state archiviate per mancanza di prove.
Lauber non è mai stato formalmente indagato per questi casi.
Vincenz Schnell era incaricato di indagare sui casi russi, incluso l’affare Magnitsky. Il giornale Novaja Gazeta lo chiama “il Consigliere del procuratore federale (russo)”. Schnell aveva anche rapporti con l’ex vice procuratore federale russo Saak Karapetyan – nel frattempo morto in un incidente aereo – e con la famigerata avvocatessa Natalya Veselnitskaya, che venne interrogata riguardo alle possibili ingerenze russe nelle elezioni presidenziali statunitensi del 2014 e in seguito fu condannata dal Dipartimento di giustizia degli Stati Uniti per “intralcio alla giustizia”Collegamento esterno.
Nel 2017 la polizia federale svizzera ha sporto denuncia contro Schnell per “corruzione” e altri reati, in seguito a un suo viaggio non ufficiale in Russia l’anno precedente. Le accuse sono state ridimensionateCollegamento esterno a “sfruttamento di vantaggi sotto forma di battute di caccia”. Schnell, contattato tramite il suo avvocato, non ha risposto alla nostra richiesta di intervista.
“Ci sono molte prove di un’ingerenza significativa dei servizi segreti e della procura russi nell’indagine svizzera sul riciclaggio legato all’affare Magnitsky”, afferma Ilya Shumanov, a capo di Transparency International Russia.
“Avevamo dei dubbi sul fatto che le autorità svizzere stessero esaminando questa vicenda in modo imparziale”, aggiunge. “È evidente che questa indagine avrebbe dovuto essere una vicenda significativa per la Svizzera. Viene da pensare che in effetti nel Paese non ci sia la volontà politica di indagare su questi crimini”.
Michael Lauber si è dimesso nel 2020, “per rispetto delle istituzioni democratiche svizzere”, dopo che due commissioni parlamentari avevano avviato la procedura per la sua destituzione. Questo è successo dopo il coinvolgimento di Lauber in altri casi di alto profilo, tra cui il suo incontro non ufficiale (per cui non è stato redatto un verbale) con Gianni Infantino, presidente della FIFA, la federazione internazionale di calcio.
Nel 2023 la procedura penale riguardo a questa vicenda è stata archiviata.
Le due commissioni parlamentari hanno dichiarato che Lauber era sospettato di “abuso d’ufficio, violazione del segreto d’ufficio e favoritismo”.
“Considerato il segreto d’ufficio, che sono ancora obbligato a mantenere, non posso fornirvi ulteriori informazioni in risposta alle vostre domande. Non mi esprimo su congetture, accuse infondate e voci messe in circolazione dai media”, scrive Lauber a swissinfo.ch, in una dichiarazione pervenuta via e-mail tramite il suo avvocato. “Allo stesso modo non commento le valutazioni di presunti esperti che danno la loro opinione senza conoscere i documenti del caso”.
La storia continua…
Nel frattempo, nel 2020 l’Autorità di vigilanza sul Ministero pubblico della Confederazione (AV-MPC) ha avviato un’indagine ufficiale su Lauber, riscontrando che l’ex procuratore generale “ha gravemente violato gli obblighi del suo incarico e i suoi doveri legali”, e la sua condotta “ha danneggiato la reputazione del Ministero pubblico della Confederazione”.
In seguito alle dimissioni di Lauber il Parlamento ha discusso l’opportunità di riformare o meno l’MPC, e ha commissionato due rapporti. Una delle opzioni di riforma prese in esame prevedeva la riduzione dei poteri del procuratore.
“L’operato della commissione responsabile dei Tribunali federali e dell’MPC è riservato. Ma [posso dire che] c’è del lavoro in corso per quanto riguarda la supervisione e le sanzioni”, afferma Carlo Sommaruga, deputato e membro della commissione parlamentare responsabile per la supervisione del sistema di diritto svizzero. “Al momento ci sono stati dei cambiamenti a livello gestionale, con una chiara volontà da parte del procuratore di seguire la legge rigorosamente”.
Nel giugno 2023 l’AV-MPC ha affermato che tra il 2016 e il 2020 la gestione delle indagini da parte dell’ufficio del procuratore è stata “carente e obsoleta”, e che su 6’400 casi inattivi presi in esame, tre su quattro sono stati chiusi senza che gli imputati avessero un’udienza, mentre per i procedimenti penali ci sono state udienze solo in un caso su dieci.
Epilogo
“[Vinzenz Schnell] si è comportato peggio di un interrogatore russo ai tempi di Stalin, che sarebbe stato più corretto e gentile con me di quanto non sia stato lui”, afferma Andreas Gross, raccontando l’interrogatorio a cui lo ha sottoposto Schnell.
“L’unica differenza è che in Russia mi avrebbero sbattuto in prigione o in Gulag nell’estremo oriente del Paese. Schnell questo non poteva farlo”, aggiunge.
Gross, che oggi è in pensione, ricorda di essersi sentito “completamente impotente” all’epoca.
In quanto membro del Consiglio d’Europa, di cui ha fatto parte fino al 2016, Gross ha seguito il dossier della Russia dal 2008 al 2014. È stato relatore per i diritti umani in Cecenia tra il 2004 e il 2007, ha incontrato Putin di persona nel 2000 e ha assistito a mezza dozzina di elezioni russe. Si è inoltre recato nel Paese diverse volte tra il 2011 e il 2013, dopo aver ricevuto l’incarico di scrivere un rapporto sull’impunità dei responsabili della morte di Magnitsky.
Mentre preparava il rapporto ha incontrato Lauber una sola volta, a Berna. “Gli ho chiesto se potesse immaginare che a rubare i soldi delle tasse in Russia fossero state le autorità fiscali stesse. Lauber ha detto che sapeva che era così”.
A cura di Virginie Mangin/ds/gw/livm/vdv
Traduzione di Vittoria Vardanega
Questo articolo è stato modificato il 14 novembre 2024. Una versione precedente descriveva un incontro tra Andreas Gross e una persona che sosteneva di essere la sorella di Vinzenz Schnell. Questo passaggio è stato rimosso poiché Vinzenz Schnell ha assicurato a SWI swissinfo.ch di non avere una sorella. SWI non ha i mezzi per verificare questa affermazione. Questa precisazione non modifica il contenuto dell’articolo.
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