Come la Cina sorveglia le minoranze tibetane e uigure in Svizzera
![manifestante con bandiera tibetana](https://www.swissinfo.ch/content/wp-content/uploads/sites/13/2025/02/446731827_highres.jpg?ver=4db8f15b)
Un nuovo rapporto scientifico commissionato dal Governo svizzero mostra come la Cina intimidisca la comunità tibetana e uigura in Svizzera. Non è ancora chiaro quale seguito avrà questo studio.
È una novità a livello mondiale: per la prima volta un Governo nazionale ha dato incarico di eseguire uno studio scientifico per scoprire se e in che misura le comunità di persone esiliate sono intimidite o minacciate dalla Cina. Il Consiglio federale ha incaricato il professor Ralph Weber e il suo team dell’Istituto europeo dell’Università di Basilea di redigere il rapporto di ricerca.
Lo studio Collegamento esternosi concentra sulle violazioni dei diritti fondamentali e sulla pressione sistematica esercitata sulle comunità tibetana e uigura in Svizzera, attribuibile al regime di Pechino, dal 2000 ad oggi. La ricerca si è interessata sia ai tentativi di intervento che a quelli effettivamente realizzati.
Il rapporto giunge a una conclusione chiara: i membri della diaspora tibetana e uigura in Svizzera sono monitorati, minacciati e talvolta messi sotto pressione da parte di attori della Repubblica popolare, con l’obiettivo di indurli a tornare nel territorio cinese. Secondo lo studio, questa cosiddetta repressione transnazionale può manifestarsi in diversi modi, ad esempio attraverso chiamate minacciose dalla Cina che invitano a spiare la propria comunità, o attraverso riferimenti alla sicurezza dei familiari che vivono ancora in Cina.
![manifestante con una maschera](https://www.swissinfo.ch/content/wp-content/uploads/sites/13/2025/02/505227011_highres.jpg?ver=6eb4ce90)
I membri della comunità tibetana hanno inoltre anche la sensazione che le autorità svizzere stiano restringendo i loro diritti fondamentali. Ad esempio, quando vengono limitate le manifestazioni davanti a Palazzo federale o attraverso una politica di asilo sempre più restrittiva. Questo non riguarda solo le persone politicamente esposte. Gli autori e le autrici della ricerca si basano, tra le altre cose, su 60 interviste da loro condotte.
“In qualità di scienziato, ho affrontato la questione in modo aperto”, afferma l’autore dello studio ed esperto di Cina Ralph Weber. “Volevamo mostrare i fatti. Col senno di poi, posso dire che i risultati in questa direzione erano prevedibili”.
Weber e il suo team hanno dapprima raccolto numerosi studi e casi internazionali sulla repressione delle comunità tibetana e uigura. Su questa base, hanno formulato e verificato ipotesi su possibili restrizioni dei diritti fondamentali in Svizzera. Come in altri Paesi europei, anche in Svizzera sono attivi “decine di membri dei servizi segreti” della Repubblica popolare cinese. Si mimetizzano, tra l’altro, “come impiegati d’ambasciata o consolari”.
Il ministero degli esteri cinese ha respinto il rapporto del Consiglio federale divulgato mercoledì secondo cui ci sono alte probabilità che Pechino eserciti pressioni su uiguri e tibetani che vivono in Svizzera. Le informazioni sono state bollate come “false”.
Un portavoce del ministero degli esteri ha affermato giovedì 13 febbraio durante una conferenza stampa che il Governo svizzero è obbligato a “rispettare gli interessi fondamentali della Cina e a smettere di diffondere false informazioni al mondo esterno”.
“La manipolazione politica delle questioni del Tibet e dello Xinjiang e la denigrazione della Cina contraddicono i fatti”, ha dichiarato il portavoce, secondo quanto riportato dall’agenzia francese Afp.
Nel rapporto vengono citati anche esempi di esercizio di pressione sulle autorità svizzere da parte della Repubblica popolare cinese. Non è possibile valutare in modo definitivo in che misura questi siano stati efficaci. Tuttavia, lo studio giunge alla conclusione che le autorità locali sono spesso meno intimidite rispetto a quanto avvenga a livello nazionale.
Secondo Weber, una conseguenza di questa repressione transnazionale da parte della Cina è che mina la fiducia tra le comunità in esilio e può portare a divisioni. “Constatiamo che molte persone della comunità tibetana in Svizzera nutrono forti diffidenze nei confronti di altri membri della diaspora, sospettati di lavorare per ‘i cinesi'”. La sfiducia è particolarmente grande nei confronti di coloro che sono in Svizzera da poco, che hanno spesso ancora familiari in Tibet e sono quindi più vulnerabili ai tentativi di pressione.
![Persone assistono a scena teatrale](https://www.swissinfo.ch/content/wp-content/uploads/sites/13/2023/02/ace14c5042c223e9771267eb890a70c1-trachtenfrauen-comptoir-suisse-1958--gastland-china-data.jpg?ver=5a0470af)
Altri sviluppi
Quando la Svizzera era la piattaforma dello spionaggio cinese
Come reagiranno le autorità svizzere al rapporto?
“Il nostro rapporto non dovrebbe in alcun modo alimentare questa sfiducia”, sottolinea Weber. I tentativi di pressione da parte della Cina avrebbero già scatenato un clima di paura tra le persone colpite. È importante riconoscere che le situazioni sono spesso complesse e coinvolgono diversi attori con ogni tipo di motivazione. “I contatti con le autorità cinesi non sono affatto una prova che si sia coinvolti o addirittura che si stia svolgendo attività di spionaggio”, osserva Weber.
Il Consiglio federale ha espresso la sua opinione sui risultati dello studio in un rapportoCollegamento esterno. In esso, condanna chiaramente la violazione dei diritti fondamentali delle comunità in esilio e elenca anche le misure pianificate, come una selezione più attenta degli interpreti nelle procedure di asilo. In passato, sono state avanzate accuse secondo cui tra questi ultimi potrebbero esserci delle spie. Inoltre, tutte le autorità a livello federale, cantonale e comunale dovrebbero essere sensibilizzate, in modo da poter identificare e reagire a tali attività.
Il Governo rimane però vago su come la Svizzera intenda confrontare la Cina con i risultati dello studio. Fa riferimento semplicemente al dialogo sui diritti umani che la Svizzera porta avanti con la Repubblica popolare dal 1991. Tuttavia, questo dialogo è spesso criticato e ritenuto ipocrita. Weber ritiene che qui si ponga anche la questione del ruolo che dovrebbero assumere le autorità svizzere. “Secondo le persone colpite, i diritti fondamentali come la libertà di espressione sono sempre più limitati per favorire gli interessi economici”, afferma Weber. “Questo dovrebbe già preoccuparci come democrazia liberale”.
![cartina](https://www.swissinfo.ch/content/wp-content/uploads/sites/13/2025/02/regionen_china-ita.jpg?ver=e8c977fc)
La Svizzera non è un caso isolato
La ricerca ha una lunga storia alle spalle: trae origine da una petizione del 2018 della Società per i popoli minacciati (SPM), che chiedeva un rapporto per verificare se le minoranze oppresse in Cina subissero delle limitazioni nei loro diritti fondamentali anche nella Confederazione. Di conseguenza, la Commissione di politica estera del Consiglio nazionale ha incaricato il Consiglio federale di presentare una relazione dettagliata sulla situazione delle comunità tibetana e uigura in Svizzera.
Per la SPM, le misure proposte dal Governo elvetico non sono abbastanza concrete. In un comunicato, l’ONG chiede alla Confederazione di adottare una definizione chiara di repressione transnazionale e di creare basi giuridiche adeguate per combatterla efficacemente. Domanda inoltre l’istituzione di un organismo di segnalazione e protezione e il coinvolgimento delle persone colpite nei processi decisionali politici. Inoltre, il Consiglio federale dovrebbere rendere pubblici i casi di repressione ed espellere chi li ha commessi.
La Svizzera non è affatto un caso isolato. La repressione transnazionale sta aumentando in tutto il mondo. Negli ultimi anni, la digitalizzazione e l’intelligenza artificiale hanno accelerato questo fenomeno. La vicepresidente del Congresso mondiale uiguro a Monaco, Zumretay Arkin, dichiara a Swissinfo.ch: “Praticamente ogni uiguro in esilio ha sperimentato una qualche forma di oppressione da parte del Governo cinese. Dalle telefonate della polizia e dai tentativi di bloccare i viaggi internazionali, fino alla detenzione, all’arresto o alla deportazione in Cina”.
![](https://www.swissinfo.ch/content/wp-content/uploads/sites/13/2024/03/W6KCBE.jpg?ver=df2c42d0)
Altri sviluppi
Nessun cotone dallo Xinjiang — più facile a dirsi che a farsi
Uno dei problemi è che le persone prese di mira si sono assuefatte e che hanno manifestato poche opposizioni. “Per molti, essere spiati è diventata una normalità da tempo, tanto che quasi nessuno pensa di denunciarlo”, afferma Zumretay Arkin. Il fatto che la polizia non sia sensibilizzata sull’argomento e che le prove siano spesso molto difficili da ottenere non semplifica le cose.
David Missal, membro della Tibet-Initiative Deutschland, conferma quanto detto da Arkin. Oltre alle comunità della diaspora, è fondamentale coinvolgere la politica in questo tema: “Finora non c’è stata una risposta politica al problema”, afferma. “Sarebbe auspicabile creare un punto di contatto statale per le persone colpite dalla repressione transnazionale, al fine di offrire anche supporto psicologico e legale”. Inoltre, secondo Missal, anche in Germania andrebbe fatto uno studio commissionato dal Governo, come in Svizzera.
Uno studio dal “contenuto esplosivo”
Quest’ultimo aspetto è lodato anche dall’autore della ricerca Ralph Weber: “Trovo davvero notevole che proprio il Governo svizzero, noto per la sua posizione moderata nei confronti della Cina, abbia commissionato uno studio del genere”.
Il Consiglio federale ha però preso tempo prima di pubblicarlo. La ricerca è stata completata nell’aprile 2024, ma la sua divulgazione è stata ripetutamente ritardata. “Immagino che si tratti di un rapporto particolarmente delicato, che ha sollevato alcune questioni di natura amministrativa che richiedevano un’analisi dettagliata”, si limita a dire Ralph Weber. Secondo le indagini dei giornali del gruppo Tamedia, le autorità non erano d’accordo su come gestire il “contenuto esplosivo” dello studio.
![.](https://www.swissinfo.ch/content/wp-content/uploads/sites/13/2025/01/GettyImages-642056054.jpg?ver=ef0dd99a)
Altri sviluppi
75 anni di relazioni Svizzera-Cina tra affari economici e diritti umani
La pubblicazione arriva in un momento comunque davvero delicato: quest’anno la Svizzera e la Repubblica popolare cinese celebrano il 75esimo anniversario delle loro relazioni bilaterali. Inoltre, è previsto il rinnovo dell’accordo di libero scambio. La Commissione di politica estera del Consiglio nazionale aveva già domandato in anticipo di incorporare i risultati dello studio nelle negoziazioni per l’accordo. Tuttavia, il rapporto del Consiglio federale non contiene alcuna menzione al riguardo.
Ralph Weber ritiene che i risultati della ricerca debbano ora essere seguiti da azioni concrete, non da ultimo per le persone colpite. Ciò significa anche dibattere pubblicamente del tema e opporsi alla repressione. “Molte delle persone intervistate – afferma Weber –sono stanche di fornire ripetutamente informazioni su quanto succede loro e di vedere che non accade nulla”.
Articolo a cura di Benjamin von Wyl
Traduzione con l’aiuto di Deepl/mar
![La nostra newsletter sulla politica estera](https://www.swissinfo.ch/content/wp-content/uploads/sites/13/2024/04/newsletter_teaser_foreign_affairs.jpg?ver=f56f64ac)
Altri sviluppi
La nostra newsletter sulla politica estera
![In conformità con gli standard di JTI](https://www.swissinfo.ch/ita/wp-content/themes/swissinfo-theme/assets/jti-certification.png)
In conformità con gli standard di JTI
Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative
Potete trovare una panoramica delle discussioni in corso con i nostri giornalisti qui.
Se volete iniziare una discussione su un argomento sollevato in questo articolo o volete segnalare errori fattuali, inviateci un'e-mail all'indirizzo italian@swissinfo.ch.