Cosa c’è di vero nella propaganda russa sulla Svizzera?
Secondo autorità e media russi, le sanzioni imposte dalla Svizzera al Paese e a capitali russi violerebbero la neutralità elvetica. SWI swissinfo.ch è andata a verificare i fatti ed è giunta alla conclusione che la Svizzera ha una lunga tradizione di imposizione di sanzioni.
Dal principio della guerra in Ucraina, i media russi hanno criticato le sanzioni svizzere al loro Paese, ritenendole una violazione della neutralità elvetica. Accuse che sono state riprese e riproposte anche da media internazionali. Reuters, per esempio, ha pubblicato il 24 febbraio 2022, appena quattro giorni dopo l’invasione dell’Ucraina, un articolo intitolato “La neutrale Svizzera rompe con la tradizione e applica le sanzioni UE contro la RussiaCollegamento esterno“
Il testo mette in evidenza come il fatto rappresenterebbe “un brusco cambio di rotta” nella tradizionale politica estera elvetica. Lo stesso giorno, in una conferenza stampa tenuta a Berna, il “ministro” degli esteri svizzero Ignazio Cassis dichiarava: “Siamo in una situazione straordinaria, che potrebbe comportare misure straordinarie”.
Perché la Svizzera ha imposto sanzioni alla Russia?
“Non sono punizioni, ma una concreta minaccia. L’idea delle sanzioni è di mettere sotto pressione un Paese, che per timore di ripercussioni decida così di non violare il diritto internazionale”, spiega Sergei Guriev, oggi rettore e docente di economia alla London Business School, dopo essere stato capo economista presso la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo.
Aggiunge l’esperto che questi provvedimenti sono imposti per modificare comportamenti, prevenire guerre e per rispondere a violazioni del diritto internazionale. Dall’invasione dell’Ucraina, la Svizzera si è allineata all’Unione Europea in una serie successiva di sanzioni.
I dati di aprile 2024 mostrano che la Confederazione ha congelato capitali russi pari a 5,8 miliardi di franchi, a fronte dei 7,5 miliardi che risultavano confiscati alla fine del 2022. Una diminuzione dovuta principalmente al calo di valore di azioni e beni patrimoniali sequestrati, precisa la Segreteria di Stato dell’economia (SECO).
Gli Stati Uniti hanno criticato la Svizzera per non aver imposto abbastanza sanzioni. Gli Stati che l’hanno fatto, hanno congelato un totale di 243 miliardi di franchi in beni della Banca centrale russa. L’obiettivo era mettere in ginocchio l’economia russa e indebolire il governo autocratico del presidente Vladimir Putin. Non c’è tuttavia consenso, sulla questione se questo obiettivo sia stato raggiunto. Secondo i dati ufficiali, l’economia russa è stata in grado di adattarsi alla guerra: è cresciuta del 5,4% nel primo trimestre di quest’anno, e del 4% nel secondo.
“Le vostre sanzioni non mi fanno paura”, aveva dichiarato Putin alla viglia dell’invasione. Sostiene Guriev che le sanzioni avrebbero tuttavia una qualche efficacia, in quanto servirebbero come deterrente per altri Paesi “che potrebbero decidere di non violare le leggi internazionali, visti i costi che migliaia di sanzioni impongono alla Russia”.
Le sanzioni, secondo Guriev, avrebbero poi anche altri effetti, più pratici e specifici. “Possono ridurre le risorse di Putin, limitando così la sua capacità di finanziare operazioni militari, reclutare mercenari e sviluppare nuove armi. Di fatto, l’obiettivo attuale è proprio strangolare l’economia putiniana e limitarne la forza economica e militare”.
Cosa si dice in Russia delle sanzioni svizzere?
“La Svizzera ha violato, per la prima volta dal 1815, la sua neutralità imponendo sanzioni al presidente russo Vladimir Putin, al primo ministro Mikhail Mishustin e al ministro degli esteri Sergei Lavrov,” ha scritto la piattaforma filorussa Sputnik a quattro giorni dall’inizio della guerra. Dopo due anni di conflitto, nel Paese è immutata la diffusa convinzione che la Confederazione elvetica abbia compromesso la sua neutralità. Personalità del mondo dei media e della politica russa accusano inoltre la Svizzera di aver sposato una politica estera allineata al Patto Atlantico (NATO).
L’analista politico russo Yuri Svetov ha criticato la partecipazione svizzera a quello che ha ribattezzato “Schengen militare”, definendolo “il colmo del cinismo”. In un programma diffuso su Internet nell’agosto del 2024, Svetov ha dichiarato: “La celebre neutralità svizzera – e fino a tempi recenti, quella austriaca – oggi significa: vi attenete a quanto richiesto da Stati Uniti e NATO, ma vi opponete quando gli stessi principi andrebbero applicati alla Russia”.
Nel campo di chi è esperto nella materia e favorevole al Cremlino, si sottolinea come le sanzioni contro la Russia, a differenza di quelle imposte alla Corea del Nord, siano “arbitrarie e completamente illegali, perché imposte da una serie di Governi”. Le sanzioni contro la Corea del Nord, in quanto votate dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, del quale sia Russia che Stati Uniti sono membri con diritto di veto, sarebbero pertanto legittime.
Le sanzioni alla Russia, invece, sono state imposte da singoli Paesi, ma non dall’ONU. In maggio Konstantin Kosachev, portavoce in seconda del Consiglio federale (la Camera alta del Parlamento russo), ha scritto sul suo canale Telegram che sia L’Aia, che ospita fra gli altri la Corte internazionale di giustizia, che Ginevra, non sarebbero più in grado di dare vita a efficaci convenzioni internazionali.
In luglio l’addetto stampa di Putin Dmitry Peskov ha paragonato la Turchia alla Svizzera, che secondo il Cremlino avrebbe perso legittimità come mediatore nell’attuale guerra. La Turchia è diventata “la nuova Svizzera”, ha detto, perché “la Svizzera di una volta ormai ha scelto la guerra”.
Un crescente risentimento che ha portato la Russia a raffreddare le relazioni con la Confederazione, e declinare diversi inviti giunti da Berna. Il 20 agosto 2024, ad esempio, è stato rispedito al mittente l’invito svizzero alla Missione russa presso il Consiglio di sicurezza ONU perché partecipasse in via non ufficiale ad una visita a Ginevra per celebrare il 75esimo anniversario delle Convenzioni di Ginevra.
Un rifiuto arrivato dopo che la Svizzera non aveva invitato la Russia alla conferenza di pace sull’Ucraina che si è svolta nei pressi di Lucerna, con la motivazione che il Paese non avrebbe in ogni caso accettato l’invito. Una decisione che ha scatenato critiche sia in patria, che all’estero. In una conferenza stampa tenuta in maggio, il Presidente Putin aveva commentato: “Se non ci vogliono, non ci andremo”.
Come ha reagito la Svizzera alle accuse russe?
SWI swissinfo.ch ha posto via Email alcune domande al Dipartimento federale dell’economia e alla Segreteria di Stato dell’economia (SECO). La portavoce Françoise Tschanz ci ha scritto: “La neutralità nel senso più stretto del termine, quindi il cosiddetto diritto della neutralità, viene assolutamente rispettata dalla Svizzera. Significa che il nostro Paese non prende militarmente le parti di nessun soggetto coinvolto in un conflitto bellico. Ma la neutralità in senso più ampio, quindi la politica di neutralità, consente una certa flessibilità a fronte di circostanze straordinarie. E l’aggressione russa all’Ucraina e le conseguenti violazioni delle norme fondamentali del codice internazionale sono inedite nella storia europea recente”.
Tschanz ha sottolineato che nonostante le sanzioni imposte alla Russia, la Confederazione rispetta la propria neutralità e che l’adozione di sanzioni UE non la mette in discussione. Adozione, scrive l’addetta stampa, che non è stata automatica: “La Svizzera analizza la situazione caso per caso. La legge sulla neutralità è stata applicata coerentemente al conflitto russo-ucraino a partire dall’annessione da parte di Mosca della Crimea nel 2014. E questo vale anche per l’attuale intervento militare russo in Ucraina”.
La Svizzera può imporre sanzioni, pur restando neutrale?
Esperti hanno confermato a SWI swissinfo.ch che la Svizzera può farlo, e che pertanto le accuse rivolte al Paese di “aver violata per la prima volta dal 1815 la sua neutralità imponendo sanzioni alla Russia”, non è corretta. La Confederazione, infatti, ha alle spalle una lunga storia di sanzioni che ha imposto a nazioni, singole persone e organizzazioni, in seguito a una decisione dell’Unione europea o a un voto del Consiglio di sicurezza ONU.
La Legge federale sugli embarghi del 2003 regolamenta imposizione e applicazione di misure sanzionatorie. Consente al Paese di applicare misure per garantire il rispetto di sanzioni imposte dalle Nazioni Unite, dall’ Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OSCE), oppure da importanti partner commerciali come l’Unione Europea.
Spiega ancora Françoise Tschanz: “In quanto membro dell’ONU, la legge internazionale obbliga la Svizzera ad applicare sanzioni decise dal Consiglio di sicurezza. Per quanto riguarda quelle comminate dall’UE, il Consiglio federale sceglie a seconda dei casi se applicarle completamente, parzialmente, oppure non applicarle affatto. È una decisione presa in base a considerazioni che riguardano la politica estera, la politica economica internazionale, nonché valutazioni di tipo giuridico. La Legge sugli embarghi non offre una base legale perché la Svizzera possa imporre da sola delle sanzioni”.
Quindi, dal momento che la Legge sugli embarghi non fornisce la base legale per l’imposizione unilaterale di sanzioni da parte del Paese, la Svizzera non può che agire in conseguenza di decisioni prese dall’ONU o da partner commerciali importanti. Ricorda d’altronde Sergei Guriev che “le sanzioni sono per definizione legate alla valutazione di una eventuale violazione della legge internazionale”.
In conseguenza di risoluzioni del Consiglio di sicurezza ONU, attualmente la Svizzera impone sanzioni a Iraq, Corea del Nord, Libano (specificamente applicate alle milizie Hezbollah), Somalia, la Repubblica Centrafricana, Yemen, Mali e Haiti.
Seguendo decisioni dell’Unione Europea, la Svizzera sanziona Myanmar, Zimbabwe, Bielorussia, Guinea, Siria, Russia, Burundi, Nicaragua, Venezuela e Guatemala.
Inoltre, la Svizzera può imporre sanzioni su specifica richiesta di un Governo. È avvenuto, per esempio, nel 2022 quando l’esecutivo moldavo le ha chiesto di unirsi alle sanzioni UE contro organizzazioni e singoli individui che mettessero a repentaglio la sovranità del Paese.
In alcuni casi, la Svizzera applica sia sanzioni UE che risoluzioni ONU – come contro Sudan, Repubblica Democratica del Congo, Iran, Libia, Guinea-Bissau e Sudan del Sud.
La Confederazione può anche optare per il congelamento di capitali e risorse economiche di persone e organizzazioni, come il gruppo militare palestinese Hamas, la Jihad islamica palestinese e chiunque abbia legami con queste entità. Simili misure sono state per esempio applicate a persone associate con Osama bin Laden, Al-Qaida o i Talebani. Infine, sanzioni sono state applicate a singole persone, come fu il caso di quante furono ritenute coinvolte nell’omicidio dell’ex primo ministro libanese Rafik Hariri nel 2005.
A cura di Virginie Mangin/ts
Traduzione di Serena Tinari
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