I droni killer russi contengono ancora componenti svizzeri. Come mai?
I documenti governativi ucraini visionati da SWI mostrano che nei droni russi sono presenti componenti svizzeri prodotti nel 2023. Interviste esclusive con fonti ufficiali russe e ucraine svelano come sia ancora possibile, nonostante le sanzioni internazionali.
In una foto postata su Facebook il 16 agosto, Andriy Starukh, un soldato ucrainoCollegamento esterno, appare disteso su un letto d’ospedale, le braccia collegate a una serie di flebo.
Le bende che ha sulla schiena coprono le ferite provocate dalle schegge. Sorride e alza tre dita verso l’obiettivo, a rappresentare i tre metri che lo hanno salvato per un soffio dall’attacco di un drone kamikaze russo, il giorno prima.
“Ieri sono nato una seconda volta”, scrive nel post, dopo essere scampato di poco alla morte. “Il drone russo mi ha mancato di tre metri, cosa che forse ci ha salvato”.
L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia è sfociata in una serie di sanzioni contro aziende, individui e il commercio russi da parte dell’Unione Europea, degli Stati Uniti e dei Paesi del G7. La Svizzera si è allineata all’UE, adottando il decimo pacchetto di sanzioni in marzo.
Ciò non ha impedito alla comunità internazionale – comprese molte ONG e più recentemente il G7 – di criticare la Svizzera per non aver fatto abbastanza. In particolare, si punta il dito contro il volume limitato di beni russi congelati in Svizzera e si sostiene che la Confederazione potrebbe fare meglio nell’ambito dell’applicazione delle sanzioni.
In questa serie analizziamo le misure adottate dalla Svizzera per conformarsi agli standard internazionali e i punti critici. Ci interroghiamo sui motivi delle sanzioni e sulle conseguenze per i commercianti di materie prime con sede in Svizzera. Analizziamo la situazione dei beni russi presenti nel Paese e proviamo a capire come alcuni oligarchi affrontano le sanzioni.
Per costruire droni come quello che ha ferito Starukh vengono utilizzati componenti occidentali, provenienti anche dalla Svizzera. I social media ucraini e la stampa russa abbondano di storie di attacchi dei temibili ZALA Lancet. Kiev sta facendo pressioni sui suoi alleati affinché si impegnino ulteriormente per privare la Russia dei componenti necessari a costruire questi letali droni suicidi. Ma Mosca è determinata a incrementare la produzione e si è dimostrata abile nell’aggirare le sanzioni.
Il Lancet è un drone di piccole dimensioni, capace di volare ad altitudini abbastanza elevate. È compatto, agile, invisibile ai radar e difficile da abbattere, per cui lo si usa soprattutto per il rilevamento e la distruzione di bersagli. Di solito viene impiegato in coppia con un drone da ricognizione che individua l’obiettivo; poi il Lancet viene lanciato per distruggerlo. Con un prezzo dichiarato di 35’000 dollari (24’000 franchi), i Lancet sono considerati economici, efficienti e di facile utilizzo.
In agosto, il Presidente russo Vladimir Putin ha ordinato alla Rostec, una società statale creata per assistere nello sviluppo e nella fabbricazione di prodotti civili e militari, di incrementarne la produzione. Secondo quanto riportato dal CremlinoCollegamento esterno, Putin ha dichiarato che i Lancet si sono dimostrati particolarmente efficaci in battaglia.
“Sono molto potenti: qualsiasi apparecchiatura, anche di fabbricazione straniera, non si limita a bruciare, ma esplode”, avrebbe detto Putin durante l’incontro con il capo della Rostec, Sergei Chemezov.
Componenti svizzeri
SWI swissinfo.ch ha ottenuto dei documenti verificati, con nuove informazioni in grado di dimostrare che i droni Lancet scagliati contro l’Ucraina a giugno contenevano componenti prodotti quest’anno da aziende occidentali, comprese alcune società svizzere. Alcuni intermediari russi, chiamati “fixer“, nonché vari funzionari e funzionarie russi e ucraini, hanno fornito informazioni dettagliate su come la Russia riesca ad aggirare le sanzioni internazionali e ad assicurarsi che i droni russi siano sempre riforniti di componenti stranieri. Dall’inizio della guerra in Ucraina, i media russi non hanno rilasciato molte dichiarazioni ufficiali alla stampa occidentale.
I dati condivisi dalle fonti ucraine in agosto sono stati visionati in esclusiva da SWI. Sebbene i media abbiano già evidenziato l’uso di chip di fabbricazione svizzera nei droni russi, in particolare nei Lancet e in altri velivoli senza pilota (UAV) ugualmente letali come gli Orlan e gli Shahed, la novità è che, a giudicare dai dati, alcuni di questi chip sono stati prodotti nel 2023. Questo nonostante gli sforzi compiuti dalle aziende e dal Governo svizzero per impedirne l’esportazione verso la Russia o verso Paesi terzi che potessero riesportarli.
Nell’analizzare le informazioni ricevute, SWI ha scoperto che nei droni Lancet sono stati identificati almeno 19 componenti elettronici di fabbricazione straniera. Tra le aziende citate compaiono due società svizzere, STMicroelectronics e u-blox, entrambe erano già menzionate anche in altri rapporti pubblicati da think-tank in Ucraina e nel Regno Unito.
I documenti visionati da SWI mostrano che uno dei principali fornitori di componenti elettronici in Russia è una società russa chiamata VMK. Tra gennaio e marzo 2023, l’azienda ha importato in Russia per un totale di 53’500 dollari (58’318 franchi) prodotti STMicroelectronics che sarebbero stati fabbricati in Cina, Malesia e nelle Filippine e spediti da Hong Kong.
VMK è stata sottoposta a diverse sanzioni, dalla Svizzera nell’agosto 2023 e dagli Stati Uniti nel settembre 2023. Le informazioni esaminate da SWI non specificano se i componenti importati dall’azienda russa siano stati utilizzati nei droni Lancet.
“Durante l’analisi delle informazioni relative ai componenti elettronici trovati in campioni di velivoli senza pilota Lancet, sono stati identificati almeno 19 componenti di produzione straniera. Inoltre, è stato registrato l’uso di moduli di navigazione satellitare u-blox prodotti in Svizzera”, ha confermato Oleksandr Novikov, capo dell’Agenzia nazionale ucraina per la prevenzione della corruzione (NACP), in un’intervista con SWI. Dall’inizio della guerra, l’agenzia ucraina è incaricata anche di identificare una lista di persone e beni russi soggetti a sanzioni.
Per individuare le aziende che hanno fornito i componenti elettronici in questione, il NACP ha analizzato le informazioni provenienti da varie fonti governative ucraine. Secondo le informazioni pervenute a SWI swissinfo.ch, la Russia sta cercando di distruggere le prove della provenienza dei chip. Le nostre fonti hanno confermato di poter identificare l’azienda produttrice grazie a particolari strumenti e hanno aggiunto che l’analisi dei dati commerciali ha confermato come i chip siano entrati in Russia.
Si pone quindi la questione di quali aziende stiano aggirando le sanzioni per vendere componenti di provenienza estera alla Russia e in che modo. L’Unione Europea e gli Stati Uniti sono stati molto rapidi nel sanzionare persone e beni russi fin dall’inizio della guerra. La Svizzera ne ha seguito subito l’esempio. Per impedire alla Russia di aggirarle, la Confederazione ha aderito all’undicesimo pacchetto di sanzioni promulgato dall’Unione Europea nell’agosto 2023. Tra queste c’è il divieto di esportare prodotti a duplice uso (civile e militare) e beni che possano contribuire al potenziamento tecnico-militare della Russia. Le restrizioni sono applicate a 87 aziende, comprese quelle che rifornivano la Russia da Paesi terzi.
“Lavoriamo a stretto contatto con le autorità competenti in Ucraina, soprattutto per identificare i componenti rilevati”, ha dichiarato in un’intervista con SWI Juergen Boehler-Marcano, della Segreteria di Stato dell’economia (SECO)Collegamento esterno, una divisione del Ministero dell’economia.
Fino a poco tempo fa, le indagini sembravano aver stabilito che i componenti individuati erano stati acquistati dalla Russia o dall’Iran prima del febbraio 2022. Tuttavia, la SECO ritiene probabile che dei componenti svizzeri siano arrivati alle aziende russe anche quest’anno. “Non è una sorpresa, visto l’enorme bisogno del Cremlino di produrre nuove armi”, ha dichiarato Boehler-Marcano.
La guerra dei droni
In agosto, l’Ucraina ha presentato ai Paesi del G7 un documento di 47 pagine in cui si afferma che, negli ultimi tre mesi, le città ucraine hanno subito più di 600 attacchi da parte di droni contenenti componenti occidentali. Tra i produttori citati c’erano anche membri della coalizione sanzionatoria, tra cui Svizzera, Stati Uniti, Paesi Bassi, Polonia, Canada e Giappone.
Un rapporto pubblicato ad agosto da un think-tank della Kyiv School of Economics mostra che, tra gennaio e maggio 2023, il volume degli scambi di componenti stranieri utilizzati nei droni russi è aumentato del 19% rispetto allo stesso periodo del 2022.
“È necessario bloccare completamente l’esportazione dei componenti identificati non solo verso la Russia, ma anche verso altre giurisdizioni ad alto rischio. Se continuano a fornire beni alla Russia, le aziende produttrici dovrebbero essere ritenute responsabili e pagare delle penali per aver aggirato le sanzioni”, ha dichiarato Novikov a fronte di tali rilievi.
Entrambe le aziende svizzere identificate da fonti governative ucraine condannano l’uso dei loro componenti da parte dell’esercito russo. SWI non ha trovato prove evidenti di violazioni delle sanzioni a loro carico. “Dalla fine di febbraio 2022, abbiamo fatto il possibile per conformarci ai requisiti di molteplici pacchetti di sanzioni e misure di controllo delle esportazioni attuate dall’Unione Europea, dagli Stati Uniti e dai Paesi partner contro la Russia e la Bielorussia”, ha dichiarato la STMicroelectronics in un’email.
“Subito dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, nel febbraio 2022, u-blox ha interrotto tutte le vendite in Russia, Bielorussia e nei territori occupati dall’esercito russo in Ucraina, indipendentemente dall’uso previsto. Di recente, u-blox ha deciso anche di bloccare le vendite ai membri dell’Unione Economica Eurasiatica (una zona di libero scambio con la Russia)”, ha dichiarato l’azienda in una nota generale.
“Quanto al motivo per cui sono stati trovati componenti u-blox nei droni utilizzati dalle forze russe, possiamo offrire le seguenti ipotesi: è possibile che siano stati acquistati prima dell’entrata in vigore delle sanzioni, oppure che delle scorte in eccesso siano state vendute a intermediari o intermediarie in Paesi che non applicano sanzioni contro la Russia e poi spedite a Mosca; o ancora potrebbero essere stati contrabbandati in Russia o smontati da un prodotto finito e reintegrati nei droni”, ha aggiunto l’azienda.
Una tecnologia difficile da tracciare
I chip utilizzati nei droni Lancet si trovano anche in beni di consumo quotidiano come automobili, biciclette o motorini elettrici, giocattoli o macchinari da costruzione. È possibile che vengano estratti da questi prodotti e rivenduti sul mercato secondario. Dal momento che i chip, di per sé, non sono classificati come attrezzature militari, prima della guerra la loro esportazione non era regolamentata in alcun modo. Il loro ruolo, una volta incorporati nel drone, è di consentirne la navigazione.
La semplicità del loro utilizzo e l’enorme numero di chip già presenti sul mercato rendono quasi impossibile tracciarne la sorte una volta che vengono venduti a terzi.
“Non ci si può fare molto. La tecnologia utilizzata in questi droni è diffusa oltre ogni controllo militare. Si possono configurare delle soluzioni, ma un controllo è pensabile solo sulla distribuzione di sistemi davvero molto complessi e costosi. Tuttavia, il chip [di STMicroelectronics] di cui scrivono i media ucraini è facilmente disponibile sul mercato. Ieri ho dato un’occhiata al sito di e-commerce cinese Alibaba e lo si può ordinare per 250 dollari”, ha dichiarato Valery Shiryayev, esperto militare del quotidiano indipendente russo Novaya Gazeta. “La produzione di Lancet non richiede strumenti di precisione”.
È proprio la semplicità della tecnologia a rendere questi droni così efficienti, consentendo loro di identificare i bersagli e colpire con precisione. Inoltre, sono leggeri (12 kg) e capaci di raggiungere una velocità di 110-120 km/h.
A differenza di droni simili prodotti dagli Stati Uniti o dall’Ucraina come lo Switchblade 600, il Lancet, come dichiarato dal suo produttore, non si basa sul controllo satellitare, poiché i segnali satellitari possono essere disturbati troppo facilmente in tempo di guerra. Pertanto, è impossibile sviarlo e impedirgli di raggiungere i suoi obiettivi. La mappa e la direzione da seguire vengono caricate direttamente nel drone prima del volo. “Mentre il Lancet vola a tutta velocità, la sua telecamera confronta la presenza di vari punti di riferimento sul terreno con quanto presente sulla mappa. In pratica, il drone si orienta in base al territorio, un po’ come una qualunque persona su un aereo. Se anche tutti i satelliti del mondo saltassero in aria, per i Lancet non farebbe alcuna differenza”, spiega Shiryayev.
La loro efficienza è diventata un problema per l’esercito ucraino. Lo Switchblade 600, è più pesante e più lento del suo concorrente russo e, a differenza sua, non è in grado di abbattere i droni nemici.
“Il nostro problema più grande è che, quanto ad aeromobili a pilotaggio remoto di classe operativa e tattica, l’esercito russo è molto più avanti di noi. […] Parlo soprattutto dell’Orlan, perché ci crea parecchie complicazioni”, ha dichiarato Andriy Biletsky, comandante della Terza brigata d’assalto, fondatore del reggimento Azov ed ex deputato ucraino in un’intervista rilasciata al quotidiano ucraino Ukrainska Pravda lo scorso ottobre.
“Il secondo problema è il Lancet, usato attivamente e per il quale non abbiamo ancora trovato contromisure efficaci”, ha aggiunto. “La maggior parte dei sistemi di artiglieria non è in grado di resistergli”.
Sistemi paralleli
In Russia, interi settori, agenzie governative e gruppi criminali si dedicano ad aggirare divieti e sanzioni per garantire un flusso costante di componenti in ingresso nel Paese, in collaborazione con una rete di commercianti e aziende esportatrici creata proprio per rispondere alla domanda interna.
“Mosca non fa che adottare misure per aggirare le restrizioni imposte dalle sanzioni”, afferma l’esperto militare russo Shiryayev. “La situazione è resa ancora più complessa dall’emergere di nuove aziende specializzate nella fornitura di componenti elettronici e dall’espansione dell’attività di aziende che in precedenza non erano coinvolte nella fornitura di tali componenti”.
Tutto questo è confermato anche dal rapporto della Kyiv School of Economics, che evidenzia una struttura di reti illegali, dati doganali falsi, società di comodo della durata di un solo giorno, entità intermediarie e fornitori che organizzano false operazioni di transito. “Queste strategie sono solo un esempio della risposta alle sanzioni della Russia, che utilizza diversi canali e contatti per eludere i quadri sanzionatori”, si legge nel rapporto.
L’ingresso dei chip in Russia non avviene tramite un singolo canale. Nella maggior parte dei casi, gli intermediari e intermediarie russi si mettono in contatto con persone emigrate dalle ex repubbliche sovietiche che lavorano in aziende occidentali. I documenti visionati da SWI mostrano che le merci sanzionate passano attraverso società commerciali registrate perlopiù in Turchia o in Cina. Dopodiché, secondo fonti ucraine vicine al Governo, vengono spedite direttamente in Russia o rivendute ad agenti in Paesi come il Kazakistan o il Kirghizistan, che hanno stretti legami con la Russia.
Altri sviluppi
Russia e Iran, due Paesi sottoposti a sanzioni uniscono le forze
Nel gergo russo, coloro che si occupano di tale intermediazione sono chiamati “risolutori” o “fixer“. Il loro compito consiste nell’aggirare le restrizioni all’importazione legate alle sanzioni e nel tenere i contatti con il Servizio di sicurezza federale russo (FSB) e con l’ufficio del procuratore generale. Il costo della risoluzione di una questione legata alle sanzioni – per funzionari e funzionarie federali come per imprenditori e imprenditrici – dipende dal valore del prodotto importato, ma in genere è una volta e mezza in più, e di solito un terzo di tale importo va al risolutore o alla risolutrice.
La filiera del profitto
“Portare in Russia merci sottoposte a sanzioni occidentali passando dalla Turchia non costa nulla. Prima lo si poteva fare anche attraverso il Kazakistan, ma ora non più”, ha dichiarato un fixer che ha parlato con SWI a condizione di restare anonimo. Il suo compito consiste nel fornire materiale direttamente ai ministeri russi.
La nostra fonte cita anche un esempio di come i camion di fabbricazione straniera vengano importati in Russia attraverso gli Emirati Arabi, grazie a società che hanno legami con la Russia: “I camion vengono acquistati negli Emirati senza riscaldamento. Altrimenti, sarebbe subito chiaro che sono destinati a un Paese freddo”, spiega. “Dopodiché vengono inviati in Iran, dove viene installato l’impianto di riscaldamento, e infine vengono spediti in Russia. Tutti coloro che sono coinvolti in questa filiera ne traggono profitto e ne escono soddisfatti. È così che funziona!”.
Coloro che ottengono i maggiori profitti in genere hanno stretti legami con il Cremlino. La clientela solitamente fa parte della cerchia ristretta di Putin o dell’oligarchia rimasta in Russia. “Sono intoccabili, fanno quello che vogliono”, afferma il fixer russo in un’intervista tramite il canale di messaggistica Signal.
I fatti rivelati durante l’intervista sono stati confermati da un alto funzionario ministeriale russo, sempre dietro anonimato. Il funzionario ha dichiarato a SWI che gli stretti legami tra la Russia e le ex repubbliche sovietiche hanno consentito lo scambio di rubli nonostante il divieto internazionale di acquistare valuta russa. “Le aziende associate alla cerchia [del ministro della Difesa russo Sergey] Shoigu trasportano tutto attraverso il Kirghizistan e il Kazakistan”, ha detto.
“In Kirghizistan c’è una legge che permette a chiunque sia nato nell’Unione Sovietica (prima del 1991) di ottenere la cittadinanza locale. Pertanto, ci sono molti russi e russe con passaporto kirghiso che conducono affari in loco, aprendo conti locali in rubli”. Il Rosfinmonitoring (l’autorità di vigilanza finanziaria russa) non ha nessun controllo in questo senso, non c’è alcuna regolamentazione”.
I rubli che entrano in Kirghizistan vengono convertiti in valuta locale e inviati negli Emirati per i pagamenti. “Tutti coloro che partecipano a questa catena sanno come funziona e tutti ne traggono vantaggio, perché lo Stato russo è disposto a pagare il doppio”, afferma la stessa fonte. “Una tangente per trasportare un camion per il Ministero della Difesa russo attraverso il Kazakistan, per esempio, costa appena 3’000 dollari. Basta pagare e il gioco è fatto”.”
Lacune da colmare?
L’Ucraina sostiene che si potrebbe fare molto di più per fermare il flusso di merci sanzionate verso la Russia e punta il dito contro le aziende e i Governi occidentali, tacciandoli di eccessiva indulgenza.
La SECO afferma di aver già intrapreso una serie di iniziative per evitare l’ingresso di altri componenti svizzeri in Russia. Inoltre, ha comunicato alle aziende quali siano i destinatari e destinatarie esteri sospetti e i Paesi terzi in cui si ritiene che transitino. Le esportazioni verso tali Paesi sono state bloccate. In più, la Svizzera ha inasprito i controlli alle frontiere e “sta deliberando possibili misure per limitare l’uso di certe tecnologie da parte della Russia”, ha dichiarato la Segreteria di Stato, senza fornire ulteriori dettagli.
L’azienda russa responsabile della produzione dei droni Lancet fin dalla metà degli anni 2000 è il Zala Aero Group, la cui principale entità giuridica è la LLC CST. L’azionista di controllo dell’azienda è Alexander Zakharov, mentre il resto è di proprietà della Kalashnikov Concern, che controlla quasi tutta la produzione di armi leggere in Russia. Zakharov, insieme alla moglie e al figlio, sembraCollegamento esterno possedere un appartamento di lusso a Londra, vicino a Buckingham Palace, per un valore di 2 milioni di dollari.
Le autorità ucraine lo considerano “responsabile di sostenere azioni che minacciano l’Ucraina”. All’inizio di novembre è stato aggiunto alla lista delle persone sanzionate dagli Stati UnitiCollegamento esterno.
Inoltre, la SECO ha consolidato la propria collaborazione con i servizi segreti ucraini.
Novikov, il capo dell’Agenzia nazionale ucraina per la prevenzione della corruzione (NACP), sostiene che ciò non sia sufficiente e chiede maggiori misure per il controllo delle esportazioni di componenti svizzeri che potrebbero finire nei droni Lancet. La Svizzera, per esempio, potrebbe autorizzare le esportazioni solo in presenza di permessi specifici e richiedere alle aziende esportatrici dei certificati di uso finale. In genere, questo tipo di certificati viene impiegato per l’acquisto o il trasferimento internazionale di prodotti vietati come esplosivi, armi da fuoco e munizioni.
La SECO riconosce che è impossibile garantire al 100% il controllo su questo settore o che i componenti svizzeri non finiranno nelle armi russe. Tuttavia, finora, sulla base dell’”ordinanza sull’Ucraina e la Bielorussia”, ha emesso “sei ordini di sanzioni definitive e assolute” e una “sentenza per sanzioni definitive e assolute”.
“Le sanzioni funzionano, rendendo più difficile l’accesso delle forze armate russe ai componenti stranieri. Ma i chip continuano a entrare nel Paese, cosa sufficiente a uccidere civili e distruggere infrastrutture”, hanno dichiarato a SWI delle fonti governative ucraine.
Edited by Virginie Mangin/ds
Traduzione dall’inglese: Camilla Pieretti
Le fonti russe citate in questo articolo sono state contattate dal Dossier Center for Investigative JournalismCollegamento esterno, un’organizzazione che si occupa prevalentemente di indagini sulla Russia. Le fonti sono state rese anonime da SWI per la loro tutela. Il Dossier Center for Investigative Journalism e l’autrice dell’articolo ne garantiscono l’autenticità. Le interviste sono state condotte telefonicamente tramite Signal.
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