Il calcio, speranza di un futuro diverso per le giovani camerunesi
In Camerun, il calcio maschile è preminente e la società è ancora profondamente patriarcale. Ma una crescente copertura mediatica del calcio femminile incoraggia sempre più ragazze ad affrontare i pregiudizi e aspirare a una carriera professionistica. A costo di molti sacrifici, la loro volontà indomita spinge le mentalità a evolversi. Reportage.
Questo reportage è stato realizzato nel quadro di ‘En quête d’ailleursCollegamento esterno‘, programma di scambio tra giornaliste e giornalisti della Svizzera e loro colleghe e colleghi in Paesi dell’Africa, Europa dell’Est, Asia e America Latina.
Il tema dell’edizione 2024Collegamento esterno è il valore dello sport, inteso come le sue implicazioni sociali e culturali.
Il calcio femminile in Camerun è stato scelto poiché al centro di un progetto intitolato ‘Kick it like a girlCollegamento esterno‘, nell’ambito del Programma R4D di ricerca sulla riduzione della povertà e la preservazione dei beni pubblici nei Paesi in via di sviluppo, cofinanziato tra il 2018 e il 2023 dal Fondo nazionale svizzero (FNS) e dalla Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC).
La ricerca è frutto di collaborazione tra il Dipartimento sanità e lavoro sociale della Scuola universitaria professionale della Svizzera occidentale (HES-SO), l’Università cattolica dell’Africa centrale (UCAC) a Yaoundé e l’Istituto di studi internazionali e dello sviluppo IHEID di Ginevra (Geneva Graduate Institute).
Una pioggia torrenziale si abbatte sul Palais des sports di Yaoundé, in quest’ultimo martedì di settembre. Il rumore dell’acqua sul tetto di lamiera è così assordante da coprire quello dei palloni da calcio che rimbalzano e delle scarpe che stridono sul pavimento.
Dalle gradinate dipinte con i colori della bandiera camerunese, Christian Onana osserva con attenzione le “sue” ragazze giocare. Presiede il club Éclair football filles de Sa’a da cinque anni. “Il calcio femminile è in evoluzione perché oggi il mondo si interessa a questo sport. Ma in Camerun si pensa ancora che il ruolo di una ragazza sia andare a scuola e occuparsi delle faccende domestiche una volta rientrata a casa”.
Le calciatrici si allenano in condizioni difficili e senza alcuna comodità negli spogliatoi. L’acqua piovana filtra da alcune crepe e una pozza d’acqua si è formata proprio davanti alla gabbia della porta, rendendo una parte del campo inutilizzabile.
Sono le 14 e otto giocatrici si stanno già riscaldando. Eppure, l’allenamento inizia ufficialmente solo fra un’ora.
Tra le ragazze dell’Éclair football filles de Sa’a, diverse sono già state selezionate per le nazionali under 17, under 20 e prima squadra (conosciute come Lionnes indomptables). Il club della capitale gioca con altre undici formazioni in Super league, massima divisione del calcio femminile camerunese.
Per arrivare a questo livello di gioco, queste sportive – di tutti i club – hanno dovuto compiere sacrifici e rompere diversi tabù.
Lo scoglio dei genitori
Nella famiglia Priso, le gemelle Pauline Marcelle e Rose Michelle – 24 anni – sono diventate calciatrici professioniste. Abitano in una casa del quartiere di Nkolbisson (letteralmente, la collina delle formiche in lingua Ewondo) nella parte occidentale di Yaoundé. La condividono con genitori, un fratello, una sorella e due giovani nipoti.
Seduto su una grande poltrona grigio-blu in stile rustico, il padre Manfred II M. Priso afferma: “L’obiettivo dei genitori è crescere i figli che nascono, mandarli a scuola e garantire loro una formazione. Poi però devono iniziare a lavorare”.
Ma la stragrande maggioranza delle famiglie non considera una carriera nel calcio una professione che possa garantire un futuro alle loro figlie. Le quali sono quindi costrette ad andare contro la volontà dei genitori, come hanno fatto Pauline Marcelle Priso Ndong e Rose Michelle Priso Gudjam nei primi anni, subendo talvolta delle punizioni corporali.
È inoltre molto frequente che i genitori, al pari di Manfred II M. Priso, le autorizzino a giocare solo a condizione che conseguano la maturità.
Sua moglie Jacqueline Berthe Abock si è mostrata più comprensiva: “Gli allenatori sono venuti a trovarci per convincerci, perché mio marito non voleva. Io, invece, ho appoggiato la scelta delle mie figlie: se gli allenatori credono che abbiano talento, non possiamo non accettare”.
Perseverando, e grazie al sostegno della madre, le sorelle Priso sono infine riuscite nel loro intento e hanno potuto dedicarsi pienamente alla loro carriera calcistica una volta raggiunto l’ultimo anno di ginnasio.
Un dilemma corneliano
Mentre la pioggia perde intensità, al palazzetto dello sport di Yaoundé l’allenatore rimette a posto i coni che aveva disposto sul campo per degli esercizi tecnici. E mentre le giovani dell’Éclair football filles de Sa’a proseguono il loro allenamento con una partita, il direttore sportivo Ricky Siani evoca le difficoltà che i club devono affrontare per reclutare giocatrici: “Sono già stato cacciato a secchiate d’acqua dai genitori”.
Quando le famiglie disapprovano, non è raro che esse decidano di troncare i rapporti con una figlia che vuole inseguire il suo sogno a tutti i costi.
Il presidente Christian Onana è cosciente che tali situazioni possano intaccare il morale e il gioco delle ragazze e cerca puntualmente di raccogliere i cocci. Invita ad esempio i genitori ad assistere alle partite: “Vedere la loro figlia giocare rende tutto concreto e mostra che si tratta in effetti di una cosa seria”. E aggiunge: “Il calore della famiglia è molto importante, specie quando sono giovani”.
Uno sport da uomini
La religione occupa un posto centrale nella società camerunese. Quasi il 70% della popolazione è di confessione cristiana, di cui oltre la metà cattolica. Questo spiega, in parte, il ruolo tradizionale al quale le donne sono ancora spesso destinate.
Seduta a un’imponente scrivania in legno scuro, con i capelli intrecciati e vestita elegantemente, la segretaria generale della Lega calcio femminile del Camerun Sidonie G. Tagne riconosce: “La donna, in Africa, è quella che si sposa, fa dei bambini ed è sottomessa a un uomo”.
È stata a sua volta un’apprezzata giocatrice negli anni 1980, epoca in cui le squadre femminili non erano ancora organizzate in maniera professionale. “Quando guardo le foto di allora, mi chiedo come abbia fatto a tornare a essere donna. Non ci pettinavamo e avevamo atteggiamenti da uomini”.
Le giovani che intraprendono una carriera di calciatrici sono spesso stigmatizzate e denigrate. Con le loro tenute sportive e i capelli generalmente corti, non corrispondono all’immagine che la società camerunese si aspetta da una donna.
“I miei genitori me lo hanno proibito spesso, ma io ho sempre disobbedito”, racconta Alexandra Mbitounou Nke, detta Fortune, ricordando quando da bambina giocava calcio insieme ai ragazzi. Felpa dei Simpson, mani in tasca e infradito ai piedi, la diciannovenne giocatrice dell’Éclair football filles de Sa’s aggiunge: “Mio padre mi diceva che bisogna studiare, il calcio non è roba da donne”.
Fortune è prudente quando le chiedono se è una calciatrice, e risponde di sì soltanto se l’interlocutrice o l’interlocutore insistono. “Penso che alla base di certi insulti ci siano i pregiudizi della gente. Credono che le ragazze se ne stiano tra di loro”.
Della “giusta” o “dell’altra” sponda
Con questo eufemismo, Fortune evoca l’argomento più tabù di tutti: l’omosessualità, alla quale qui ci si riferisce con pesanti allusioni come “cattiva semenza” o “della sponda sbagliata”; “esserlo” o “non esserlo”.
Il codice penale camerunese considera criminosi i rapporti sessuali tra persone dello stesso sesso, comminando fino a cinque anni di detenzione. La religione e una società conservatrice giocano un ruolo non trascurabile nella visione negativa che le e i camerunesi hanno dell’omosessualità.
Molti genitori sono riluttanti a lasciare che le figlie entrino a far parte di un club professionistico, perché credono che diventare calciatrici potrebbe farle “finire in questa storia”, spiega Christian Onana.
Da qualche anno, la Lega calcio femminile ha attuato una strategia di comunicazione che mira a distruggere questi stereotipi. Nelle sue campagne promozionali, mette in primo piano giocatrici che soddisfino gli standard di femminilità del Camerun, spesso sposate e madri.
L’indipendenza finanziaria
“Prendo queste ragazze a modello affinché la gente si interessi al calcio femminile”, indica Sidonie G. Tagne, che esorta i club a muoversi nella stessa direzione, chiedendo che le giocatrici sfoggino degli abiti femminili in occasione delle uscite ufficiali.
Ma sono rari i club che possono permettersi di vestire così le loro squadre. Sebbene in questi ultimi anni siano stati fatti decisamente dei progressi, l’esiguità delle sovvenzioni, dei premi e delle retribuzioni frenano lo sviluppo del calcio femminile in Camerun, benché esso vanti una lunga tradizione.
All’Éclair football filles de Sa’a, le giocatrici guadagnano all’incirca 2’000 franchi CFA ad allenamento (poco meno di 3 franchi svizzeri), quando le finanze lo permettono. A questi si aggiungono i premi partita, che possono raggiungere i 20’000 franchi CFA (circa 28 CHF) a vittoria. L’unico sponsor del campionato di lega nazionale femminile, Guinness Cameroun, dà loro un salario mensile di circa 65’500 franchi CFA (94 franchi svizzeri).
Secondo un rapportoCollegamento esterno dell’Istituto nazionale di statistica del Camerun, il reddito medio mensile di lavoratrici e lavoratori “informali” – ossia persone che lavorano in proprio – era di 83’409 franchi CFA nel 2023.
La Lega calcio femminile versa ai club dei sussidi, ma di entità variabile. “Finanziariamente, non abbiamo il sostegno che servirebbe. I soldi del club sono fondi propri”, conferma Ricky Siani indicando con il mento il presidente Christian Onana.
Nondimeno, questi magri guadagni consentono alle giovani donne di diventare più indipendenti. Inoltre, quando vengono selezionate dalla nazionale, le loro entrate aumentano sensibilmente. Come dice Siani, “ciò costituisce una motivazione supplementare e le spinge a considerare la loro carriera calcistica un vero lavoro”. Non dipendendo più da un eventuale marito.
Una visibilità positiva
Grazie alla crescente copertura mediatica del calcio femminile, un lento cambiamento di mentalità si infiltra in diversi strati della società. I genitori, inoltre, realizzano sempre più spesso che è possibile conciliare gli studi e la carriera sportiva.
“Soltanto una decina di anni fa, ciò non era scontato”, ricorda la segretaria generale Sidonie G. Tagne. “Ora invece i risultati di queste giovani fanno sognare. Sono diventate dei modelli, in Camerun”.
Con tono meno trionfante, Christian Onana ammette che il sempre maggior interesse per il calcio femminile “fa capire alla gente che le donne, oggi, hanno il loro posto nella società”.
Il reclutamento delle future sportive ne esce facilitato. Con i suoi 25 anni di età, Christelle Akono Beyala è una delle veterane dell’Éclair football filles de Sa’a. Anche lei constata dei progressi: “Prima, i genitori dicevano che il calcio era un gioco da uomini. Ora, sono loro stessi ad accompagnare le figlie affinché entrino nel club”.
Femministe discrete
Nonostante tutti gli ostacoli che si presentano sul loro cammino, le giovani camerunesi che sognano di giocare a calcio dimostrano una volontà di ferro.
Difendendo le loro scelte, trasformano l’immagine della donna camerunese nella vita pubblica senza discorsi né rivendicazioni politiche, spianando la strada alle generazioni future.
Sono le 17 al Palais des sports di Yaoundé. L’allenamento delle calciatrici dell’Éclair football filles de Sa’a è terminato. È tornato il sole.
Testo originale riletto e verificato da Pauline Turuban/sj
Traduzione di Rino Scarcelli
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