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La Conferenza sulla pace in Ucraina non ha soddisfatto le “fiabesche” aspettative

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Molti Paesi hanno preso posizione sulla guerra, ma non tutti. Keystone / Eda / Pool / Urs Flueeler

I media internazionali hanno accolto in modo contrastante la Conferenza sulla pace in Ucraina svoltasi in Svizzera il 15 e 16 giugno e da cui è scaturita una dichiarazione firmata dalla maggior parte delle delegazioni, ma non da diversi Paesi chiave.

La Dichiarazione del Bürgenstock critica esclusivamente la Russia, affermano le delegazioni di alcuni degli 84 Paesi e delle organizzazioni che hanno partecipato alla Conferenza di pace. Il testo non ha ottenuto il sostegno di pesi massimi come India, Sudafrica, Arabia Saudita, Messico e Brasile (quest’ultimo al vertice solo come osservatore) – la Russia e la Cina non erano presenti al summit.

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I media russi e ucraini, senza sorprese, hanno commentato in modo diametralmente opposto il risultato del vertice. Il comunicato finale divergeva sostanzialmente dalla bozza iniziale, sottolinea il giornale ucraino European Pravda.

“In un breve periodo di tempo è stato radicalmente modificato, correggendo problemi chiave”, si legge. “La versione aggiornata è accettabile per l’Ucraina. Si è trovato (finalmente!) il coraggio di chiamare la guerra un’aggressione russa”.

I media russi controllati dallo Stato hanno ripreso il punto di vista già precedentemente espresso dal Cremlino. “Il risultato del summit di pace in Svizzera, anche agli occhi di un profano, è quantomeno discutibile”, scrive il quotidiano russo MK.

Equilibrismo diplomatico

Uno dei Paesi non firmatari, il Sudafrica, considerava problematica la presenza di Israele al summit nonostante le accuse di crimini di guerra e violazioni dei diritti umani espresse da una commissione di inchiesta istituita dal Consiglio per i diritti umani dell’ONU.

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Il Daily Maverik cita il delegato sudafricano, Sydney Mufamadi, secondo cui questo “fallimento nell’implementare in modo equo il diritto internazionale in tutti i conflitti nel mondo indebolisce il quadro normativo della responsabilità internazionale [degli Stati] e rende il mondo meno sicuro per tutti”.

Il presidente colombiano Gustavo Petro si è ritirato dal summit all’ultimo momento, sottolinea la testata spagnola El Pais. Petro si è lamentato sabato su X dicendo che “le conclusioni del summit sono state determinate in anticipo” e che la dichiarazione finale “è più un allineamento alla guerra che una soluzione pacifica al conflitto”.

L’Indian Express interpreta il rifiuto indiano di firmare il testo come un altro segnale “dell’equilibrismo diplomatico di Nuova Dehli, che ha caratterizzato la sua diplomazia fin dall’inizio della guerra”. Diversi media indiani hanno sottolineato la dipendenza del Paese dalla Russia nel settore delle armi e del petrolio a basso costo.

“Pericolosa illusione”

La conferenza del Bürgenstock ha rafforzato la divisione che vede Stati Uniti ed Europa da una parte e la Cina e il Sud del mondo dall’altra. “La divisione della comunità internazionale resta irrisolta, e la difficoltà di raggiungere la pace è stata messa in luce ancora una volta”, scrive il quotidiano giapponese Mainichi Shinbun.

Anche i media svizzeri parlano di una mancanza di consenso globale che la dichiarazione ha messo in evidenza.

“Nel fiabesco hotel di lusso del Bürgenstock lo scorso weekend i e le partecipanti indulgevano nella non meno fiabesca idea che una soluzione diplomatica al conflitto potesse essere trovata. Si tratta di un’illusione pericolosa”, scrive il Blick.

“L’India non c’è. L’Arabia Saudita non c’è. Il Messico non c’è. Il Sudafrica non c’è”, si legge sul Bund. “L’unità e la solidarietà sono state evocate all’inizio della conferenza – ma quando è arrivato il documento decisivo finale, i Paesi in cui si riponeva tanta speranza sono svaniti”.

A cura di Balz Rigendinger

Traduzione: Zeno Zoccatelli. Revisione: Sara Ibrahim

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