L’istruzione come via d’uscita dal lavoro minorile in Bangladesh
I progressi compiuti nel campo dell'istruzione in Bangladesh sono a rischio. Reportage da uno stabilimento per la lavorazione del pesce nel villaggio di Nazirartek, dove vengono impiegati bambini.
È l’inizio della stagione fredda, ma il termometro segna ancora 30°C a Nazirartek, nel sud del Bangladesh. La località costiera nei pressi della metropoli Cox’s Bazar è conosciuta per la produzione di pesce essiccato. Il settore impiega soprattutto donne, giovani e bambini che si occupano del pesce catturato da una flotta enorme nel Golfo del Bengala.
Il loro compito è monotono e ripetitivo: tagliare, pulire e mettere ad essiccare il pesce su lunghe panche di legno, pesce che deve essere girato continuamente. Le condizioni di lavoro e vita nella baraccopoli di Nazirartek sono molto dure, perfino rispetto agli standard del Bangladesh.
Il lavoro minorile è molto diffuso nell’industria della pesca. Uno dei problemi principali è legato al fatto che le bambine e i bambini non vanno più a scuola e senza un’istruzione non possono affrancarsi dalla povertà e non hanno alcuna prospettiva di vita. Per offrire loro un futuro migliore, molte organizzazioni si impegnano affinché le bambine e i bambini possano investire nella loro educazione.
Perché pubblichiamo articoli su questo tema?
La Svizzera è stato uno dei primi Paesi a riconoscere l’indipendenza del Bangladesh, dopo una guerra civile conclusasi nel 1971 con la scissione dal Pakistan. Da allora, varie organizzazioni non governative elvetiche e la Direzione dello sviluppo e della cooperazione della Confederazione sono presenti nel Paese.
I progetti presentati nell’articolo sono attuati dall’organizzazione locale Young Power in Social ActionCollegamento esterno (YPSA) e sostenuti finanziariamente dalla ONG svizzera Solidar SuisseCollegamento esterno.
La Catena della solidarietà organizza dal 16 al 20 dicembre la settimana delle solidarietà. Le donazioni raccolte servono a finanziare progetti di protezione dei minori contro la violenza e gli abusi, tra i quali anche le iniziative descritte in questo articolo.Collegamento esterno
La Catena della solidarietà è una fondazione ed è il braccio umanitario della SSR, società a cui fa parte anche SWI swissinfo.ch.
Scuola o lavoro? Molti non hanno scelta.
In una delle poche costruzioni in muratura dello slum si trovano le aule della ONG locale YPSA. L’organizzazione propone programmi educativi per bambine, bambini e giovani. Questo pomeriggio, tra i banchi siedono alunne e alunni di età compresa tra gli otto e i quattordici anni. I bambini più piccoli hanno seguito le lezioni al mattino perché possono trascorrere solo alcune ore al giorno a scuola.
Tutti gli allievi e le allieve descrivono una vita difficile, fatta di lunghe ore trascorse sotto il sole cocente, tra il nauseante odore di pesce. Di sera si addormentano esausti nel loro misero giaciglio. Preferirebbero andare a scuola, ma non hanno scelta: le loro famiglie hanno bisogno di un reddito aggiuntivo per sopravvivere.
A un centinaio di metri di distanza, in un altro centro dell’YPSA ascoltiamo racconti simili. Lì, ragazze di 14-18 anni imparano a cucire e acquisiscono competenze nel settore della cosmetica. L’obiettivo dei diversi moduli è offrire loro una formazione che permetta di svolgere un’attività professionale al di fuori del settore della pesca. In questo modo possono rompere il ciclo della povertà e migliorare le loro prospettive di vita.
Il lavoro minorile favorisce l’abbandono scolastico, i matrimoni precoci e riduce la mobilità sociale. Di conseguenza, in Bangladesh, l’analfabetismo è molto diffuso poiché il 50% delle bambine e dei bambini non va a scuola. Purtroppo, in Bangladesh non tutti possono permettersi il diritto all’istruzione.
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“Vogliamo promuovere un cambiamento di mentalità, affinché la gente capisca che andare a scuola è vantaggioso nel lungo periodo”, dice Muhammad Ali Shahin dell’YPSA, mettendo in risalto la povertà dilagante nel villaggio. Se potessero scegliere, molte famiglie manderebbero volentieri le figlie e i figli a scuola, invece di farli lavorare in fabbrica. Purtroppo, dipendono dal loro salario per rimpinguare le misere entrate.
Un servizio del Telegiornale della RSI che si concentra sul tema del maltrattamento dei bambini in Bangladesh:
Oltre ai programmi formativi, l’YPSA offre un supporto economico alle famiglie. “Attraverso pagamenti diretti compensiamo le famiglie per il tempo che le figlie e i figli trascorrono nei nostri centri, invece di lavorare”, spiega Ali Shahin. Un bambino guadagna 100 Taka (75 centesimi) per una giornata di otto ore di lavoro, a volte anche meno. Il salario di un adulto è circa il doppio.
Oltre a un’istruzione, queste iniziative offrono anche protezione alle famiglie. Infatti, molti bambini non solo lavorano in condizioni precarie, ma spesso rimangono soli a casa mentre i genitori sono in fabbrica. Così, molte madri portano le figlie e i figli nello stabilimento del pesce: è il primo passo verso il lavoro minorile.
Progressi a rischio
Il Bangladesh è tra i Paesi più poveri dell’Asia, dove il lavoro minorile è ancora molto diffuso. Secondo una statistica ufficiale del 2022, 1,77 milioni di bambine e bambini lavorano, di cui 1,1 milioni sono impiegati in attività pericolose nei settori industriale, edile o nel lavoro informale. Tuttavia, stando alle stimeCollegamento esterno, il loro numero è probabilmente ancora più alto.
Dall’inizio degli anni Duemila, il Paese ha lottato efficacemente contro il lavoro minorile grazie a progetti su larga scala. Nel 2022 è entrata in vigore la convenzione internazionale dell’OILCollegamento esterno che consente l’assunzione di giovani d’età superiore ai 14 anni, ma solo se ne è garantito lo sviluppo sostenibile.
Negli ultimi anni, però, si è registrato un aumento del lavoro minorile. Questo peggioramento è in parte attribuibile alla migrazione causata dal cambiamento climatico, alla pandemia e all’aumento dell’inflazione: fattori che colpiscono soprattutto le persone più vulnerabili.
Inoltre, dall’estate scorsa, dopo la caduta del governo in carica da anni e la nomina di un governo provvisorio, il Paese è confrontato con una situazione politica instabile.
A soffrire sono soprattutto le bambine e i bambini appartenenti a gruppi a rischio, come le minoranze etniche, i bambini di stradaCollegamento esterno o i migranti climatici. Diventano più facilmente vittime di sfruttamento minorile, viene loro ridotta la già misera paga: un peggioramento delle condizioni di lavoro contro cui non possono difendersi.
Lavoro per i gruppi di popolazione più vulnerabili
A Nazirartekci si imbatte in situazioni di estrema precarietà. Secondo le stime, nel villaggio vivono 10 000 famiglie e diverse migliaia di persone lavorano nell’industria ittica e nell’essiccazione di pesci. Buona parte sono profughi climatici interni, costretti ad abbandonare le proprie case a causa di catastrofi naturali o delle conseguenze del cambiamento climatico.
È stato il destino anche di Jannatul Firdas. Vive con la sua famiglia in una baracca. Il marito è pescatore, mentre lei e alcuni dei loro quattro figli lavorano nell’impianto di essiccazione. Con il salario di tutti e l’aiuto delle ONG, che forniscono materiali da costruzione e semi per gli ortaggi, la famiglia riesce a malapena a sopravvivere. Le figlie e i figli prendono parte alle attività proposte dalla YPSA: “Spero che almeno loro abbiano un futuro”. Ma, per ora, devono affrontare un presente difficile.
Articolo a cura di Benjamin von Wyl
Traduzione di Luca Beti
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