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Lotta contro lo sfruttamento sessuale: il bordello di Daulatdia

prostituta davanti al bordello di daulatdia
Una volta sbarcate a Daulatdia, molte donne vi rimangono per il resto della loro vita. E spesso anche le loro figlie. Afp Or Licensors

In Bangladesh si trova il più grande bordello al mondo. Il destino delle figlie delle prostitute è segnato fin dalla nascita. Iniziative locali lottano per rompere questo circolo vizioso.

È pomeriggio e regna la calma nel bordello di Daulatdia. Le donne siedono davanti alle loro stanze e guardano lo schermo del cellulare. Gli uomini trasportano merci lungo gli stretti vicoli, mentre alcuni bambini giocano all’aperto. I clienti affluiscono solo in serata, in un’area dove, oltre ai servizi sessuali, si può giocare d’azzardo o acquistare droga.

Il bordello di Daulatdia è considerato uno dei più grandi al mondo, dove lavorano dalle 1’300 alle 1’500 prostitute. La cittadina di Daulatdia è un importante snodo viario e, secondo la leggenda, il bordello esiste fin dai tempi della colonizzazione britannica. Stando alle stime delle ONG, il postribolo viene visitato quotidianamente da 3’000 clienti, soprattutto persone di passaggio dirette alla capitale Dhaka che dista 70 chilometri.

Dal TG 20.00 della RSI del 18 dicembre 2024:

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A Daulatdia s’incontrano i fiumi Brahmaputra e Padma. La costruzione di un ponte ha reso il superamento di questa barriera naturale più facile e veloce. In passato, i viaggiatori dovevano fare capo a un traghetto. Ciò ha comportato una diminuzione dei clienti per le prostitute di Daulatdia e, insieme alla difficile situazione economica del Paese, ha ulteriormente aggravato la loro precarietà.

immagine aerea di Daulatdia
Fino a qualche anno fa si stimava che a Daulatdia lavorassero circa 2’000 prostitute, oggi sono meno di 1’500. Afp Or Licensors

Perché pubblichiamo articoli su questo tema?

La Svizzera è stato uno dei primi Paesi a riconoscere l’indipendenza del Bangladesh, dopo una guerra civile conclusasi nel 1971 con la scissione dal Pakistan. Da allora, varie organizzazioni non governative elvetiche e la Direzione dello sviluppo e della cooperazione della Confederazione sono presenti nel Paese.

I progetti presentati nell’articolo sono attuati dall’organizzazione locale Mukti Mohila Samity (MMS). Implementa progetti in qualità di partner dell’organizzazione svizzera di aiuto all’infanzia Terre des hommesCollegamento esterno (TdH).

La Catena della solidarietà organizza dal 16 al 20 dicembre la settimana delle solidarietàCollegamento esterno. Le donazioni raccolte servono a finanziare progetti di protezione dei minori contro la violenza e gli abusi, tra i quali anche le iniziative descritte in questo articolo.

La Catena della solidarietà è una fondazione ed è il braccio umanitario della SSR, società a cui fa parte anche SWI swissinfo.ch.

Una vita da lebbrosa

Il Bangladesh è uno dei pochi Paesi musulmani dove la prostituzione è legale. Tuttavia, chi svolge quest’attività è guardata come se fosse un’appestata e viene esclusa dalla società. Negli ultimi 20 anni, le organizzazioni non governative (ONG) locali si sono battute per migliorare lo status giuridico delle donne e quello dei loro figli e figlie. Nell’area del bordello vivono oltre 500 bambini, per lo più nelle stesse stanze dove lavorano le loro madri.

ragazze sedute in cerchio su un prato
Affrontare la serietà della vita attraverso il gioco: le attività organizzate dall’ONG locale MMS sono rivolte alle figlie di Daulatdia, che spesso crescono in circostanze molto difficili. Giannis Mavris / SWI swissinfo.ch

Nei pressi del bordello, l’ONG Mukti Mahila Samiti (MMS) propone attività ricreative e sportive per le ragazze. Prima di giocare a pallamano, le giovani svolgono degli esercizi con gli occhi chiusi, volti a rafforzare la fiducia delle adolescenti cresciute a Daulatdia. “L’obiettivo è migliorare le capacità di negoziazione e comunicazione”, spiega un’assistente sociale. “E sviluppare la fiducia nelle persone, poiché la maggior parte di loro ha avuto un’infanzia traumatica”.

Circa 50 bambine e giovani frequentano le lezioni, i programmi di formazione e le attività sportive proposte dal centro, che propone anche un servizio di accudimento diurno e notturno. “Facciamo tutto il possibile”, affermano le collaboratrici e i collaboratori della ONG. “Ma a Daulatdia non c’è quasi speranza”, ammette qualcuno senza nutrire false illusioni. Tuttavia, ci sono segnali positivi.

Evitare che una ragazza segua le orme della madre è un grande successo, sia dal punto di vista individuale che strutturale, in quanto dimostra che è possibile sfuggire allo sfruttamento sessuale.

Come si sono organizzate le donne?

Morjina Begum è una figura centrale a Daulatdia. Quando cammina lungo i vicoli del bordello, tutti la salutano poiché ha fatto molto per le persone che lavorano qui.

Begum conosce molto bene le condizioni di chi lavora nel bordello. Anche lei è stata una prostituta. Si è dovuta sposare a 13 anni ed è diventata presto madre di una figlia, ma con il passare del tempo la convivenza con il marito molto più vecchio di lei le è diventata insopportabile. Per questo motivo lo ha lasciato e, alcuni anni più tardi, è finita a lavorare nel bordello. Non parla volentieri del suo passato e sottolinea di non aver avuto alternative.

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“Per natura ribelle”, ha iniziato a lottare contro le ingiustizie. “Siamo cittadine di questo Paese, perché non abbiamo diritti?”, si è chiesta. Nel bordello era impossibile accedere ai servizi statali, mentre la violenza era onnipresente. Alle figlie e ai figli non venivano rilasciati certificati di nascita e alle prostitute decedute veniva negata una sepoltura religiosa: le loro salme venivano affidate alle acque del fiume. “Abbiamo dovuto combattere per i nostri diritti”, riassume Begum.

Un incontro casuale con una dipendente dell’organizzazione umanitaria Save the Children l’ha motivata a impegnarsi per migliorare le condizioni di vita delle donne. Una lotta che si è scontrata però con un apparato statale repressivo, tanto che è stata imprigionata per il suo attivismo. Con il passare degli anni è riuscita però a ottenere quei diritti che spettano a tutte le cittadine e a tutti i cittadini del Bangladesh. E così è riuscita a migliorare, almeno in parte, “la vita misera” delle prostitute.

“Un tempo non potevamo lasciare il bordello; in seguito solo a piedi nudi, così che la gente potesse riconoscerci. Quando volevo andare a parlare con le autorità, mi vietavano di entrare nei loro uffici”, dice Begum. “Oggi, invece, si siedono con me allo stesso tavolo e mi rispettano come interlocutrice”.

Morjina Begum
Le residenti hanno molto per cui ringraziarla: Morjina Begum è una figura centrale nella lotta delle prostitute per ottenere maggiori diritti e accettazion Giannis Mavris / SWI swissinfo.ch

La tratta di esseri umani è un problema fondamentale

Ogni storia di vita a Daulatdia è diversa, ma tutte sono accomunate dalla tratta di esseri umani. Molte donne sono state vendute da mediatori, parenti o mariti e costrette a prostituirsi per saldare il debito imposto dai loro sfruttatori.

È quasi impossibile sfuggire a questo destino. In Bangladesh, le prostitute sono socialmente emarginate e, molto spesso, non possono tornare dalle loro famiglie. Inoltre, le madri single con figli nati fuori dal matrimonio hanno poche altre possibilità per mantenersi in un Paese poverissimo. E così, per mancanza di alternative, rimangono a Daulatdia con le loro figlie e i loro figli. 

“Crescono in un ambiente fatto di violenza. Non è un posto per bambine e bambini”, dice Jiniya Afroze, la responsabile di programma di Terre des Hommes. Uno dei problemi principali è l’abbandono scolastico dopo le classi elementari a Daulatdia. È una realtà diffusa in tutto il Bangladesh a causa dei matrimoni precoci e del lavoro minorile. Tuttavia, nel più grande bordello del Paese, questo significa che le figlie seguano le orme delle madri. “Il nostro obiettivo è interrompere il ciclo intergenerazionale dello sfruttamento sessuale”, dice Afroze.

Ci sono vie d'uscita da Daulatdia. Ma ci sono molti ostacoli da superare
Ci sono vie d’uscita da Daulatdia. Ma ci sono molti ostacoli da superare. Giannis Mavris / SWI swissinfo.ch

I bambini devono andare a scuola e proseguire gli studi: questo è l’obiettivo principale delle organizzazioni attive sul campo. Inoltre, con le istituzioni locali si combatte la tratta di esseri umani e si lavora per migliorare la protezione dei minori, un intento ostacolato da strutture criminali ramificate e potenti. “Esistono programmi di assistenza statali per le vittime”, afferma Afroze. Molte donne che lavorano nel bordello, però, non le conoscono o non vi ricorrono: servono azioni di sensibilizzazione ed educazione.

Le organizzazioni sostengono le prostitute con aiuti finanziari una tantum e senza condizioni. Alcune donne riescono così ad acquistare un pezzo di terreno o ad aprire un piccolo negozio, ciò che permette loro di generare un reddito alternativo. “Ma i fondi a disposizione sono limitati”, ricorda Afroze.

Vent’anni fa, Morjina Begum è riuscita a lasciare il bordello per dedicarsi all’attivismo. Vive vicino a Daulatdia e continua a occuparsi delle prostitute e delle loro figlie e dei loro figli. È il suo progetto di vita che ha permesso a 700 bambine e bambini di proseguire la loro formazione scolastica, un risultato importante per la sua organizzazione, di cui è molto fiera.

Il suo prossimo obiettivo è offrire ai giovani un futuro lontano dalla realtà del bordello: “Vivono in condizioni di precarietà e spesso finiscono nel mondo della droga o della criminalità. Nessuno si prende cura di loro”.

A cura di Benjamin von Wyl

Traduzione di Luca Beti

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