Quando la Svizzera festeggiava la fine della guerra
L’8 maggio 1945 segna la fine ufficiale della Seconda Guerra mondiale in Europa. L’annuncio del termine delle ostilità è accolto con gioia e sollievo nella maggior parte dei paesi europei e anche nella neutrale Svizzera. I fotografi dell’epoca hanno immortalato quella giornata storica.
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Specialista di politica federale. In precedenza, redattore presso l'Agenzia telegrafica svizzera (oggi Keystone-ats) e Radio Fribourg.
Sono trascorsi esattamente settant’anni dalla conclusione della Seconda Guerra mondiale su suolo europeo – in Asia durerà ancora fino all’inizio di settembre. Circondato dalle truppe sovietiche nel bunker della Cancelleria a Berlino, Adolf Hitler si suicida il 30 aprile. Qualche giorno dopo, l’8 maggio, le autorità militari tedesche firmano la resa.
Quel conflitto, iniziato il 1° settembre 1939, è il più terribile della storia dell’umanità: oltre 50 milioni di morti, tra militari e civili, città rase al suolo, interi paesi devastati. Le scene di giubilo che hanno accompagnato la fine del conflitto sono proporzionali all’ampiezza della catastrofe.
Grazie al suo statuto neutrale, la Svizzera è uno dei pochi paesi d’Europa ad essere sfuggito al conflitto. Ciò malgrado, la guerra ha avuto un impatto sulla sua popolazione: mobilitazione delle truppe, paura dell’invasione, restrizioni, arrivo di profughi e prigionieri di guerra. Di conseguenza, anche in Svizzera l’8 maggio 1945 è accolto con gioia e sollievo. Molti anni dopo, l’atteggiamento della Svizzera durante la guerra, ritenuto troppo compiacente con la Germania nazista, sarà oggetto di grandi polemiche.
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In occasione del 50esimo anniversario della morte di Winston Churchill, i Documenti diplomatici svizzeri hanno pubblicato una serie di missive che testimoniano l’ammirazione dell’ex premier britannico per la Svizzera e le tensioni post belliche. Scritti redatti durante il suo soggiorno elvetico, nel 1946.
È durante l’anno seguente la fine della Seconda guerra mondiale, che il “vecchio leone” viene a riposarsi in Svizzera, sulle rive del lago Lemano. Vacanze sponsorizzate dal mondo industriale e finanziario elvetico, «nella speranza di conquistarsi le simpatie in Gran Bretagna, dal momento che i nomi delle loro imprese figuravano ancora sulla lista nera degli Alleati», ricorda il Dizionario storico della Svizzera.
Il passaggio di Churchill in Svizzera è entrato nella storia, grazie al discorso pronunciato il 19 settembre 1946 all’università di Zurigo. Un appello alla riconciliazione e alla creazione di una sorta di “Stati Uniti d’Europa”.
Se la popolazione e molti rappresentanti della politica, dell’economia e della cultura hanno manifestato grande entusiasmo nei confronti dell’ex premier, le autorità elvetiche si sono mostrate invece più caute, stando ad alcuni scritti pubblicati dai Documenti diplomatici svizzeri.
Documenti diplomatici svizzeri
I Documenti Diplomatici Svizzeri (DDS) sono un centro di ricerca storica nato nel 1972 come progetto d'edizione di fonti ufficiali utili allo studio della politica estera e delle relazioni internazionali della Svizzera. Oggi i DDS sono un servizio dell'Accademia svizzera di scienze morali e sociali.
«Ho cenato l’altro giorno con Winston Churchill e con Léon Blum. Il primo attaccava in modo assai coraggioso gli alcolici disponibili e devo quindi considerare la seconda parte della conversazione come nulla e non avvenuta. Di fatto, l’ex premier pronunciava delle parole, ma era difficile trovarvi un senso».
È così che comincia il resoconto da parte del diplomatico elvetico Carl Burckhardt, all’indirizzo dell’allora ministro svizzero degli esteri Max Petitpierre, di una cena con Churchill a Parigi, nel luglio 1946.
In un precedente telegramma inviato nel novembre 1945, quattro mesi prima della sconfitta elettorale di Churchill, Burckhardt descrive un'altra memorabile cena nella capitale francese con l’ormai capo dell’opposizione conservatrice al parlamento britannico.
«”Ho abbattuto il nazismo”, [mi ha detto Churchill], con la stessa espressione di un uomo di qui che, seduto in una taverna di sera direbbe: “Ho abbattuto il grande abete che minacciava il tetto”. Poi ha aggiunto: “Ma non bisogna dimenticare che per tutta la vita sono stato un nemico irriducibile del comunismo e che lo combatterò fino alla fine dei miei giorni”».
«Ha morso il suo secondo sigaro e dalla sua bocca, che esprime testardaggine, ne ha sputato un pezzo. […] Poi ha detto: “Voi avete molti soldi (a lot of money) e con questi soldi, dovete rafforzare, rafforzare, rafforzare il vostro esercito, perché avrete forse l’occasione di battervi, questa volta, in prima linea».
«A questa dichiarazione ha fatto seguito qualche elogio per il lavoro che abbiamo fatto per i prigionieri. Poi l’ex premier ha aggiunto: “La vostra neutralità, non ne conosco la storia, ma ci ha proprio reso servizio da un punto di vista strategico. È una necessità, o piuttosto è stata una necessità, poiché la prossima volta, se non riusciamo ad evitarla [la guerra], non reggerà più nulla, nessuna legge internazionale. La sola cosa che conosceremo sarà la guerra totale».
«Poi mi ha detto, di punto in bianco: “Mi piace molto il vostro paese. È il migliore del continente. Avete fatto un buon lavoro quasi da inglesi. Ma se io vi adoro, il mio amico Stalin vi detesta».
Un tono simile si ritrova negli appunti inviati a Petitpierre da Jacques-Albert Cuttat, che in quanto capo del protocollo a Berna era stato coinvolto in prima linea nella visita di Churchill in Svizzera.
In riferimento a un incontro con l’ex premier, l’11 settembre 1946, Cuttat scrisse: «Nel 1944, Stalin aveva proposto [a Churchill] di invadere la Svizzera per poter attaccare la Germania da questo lato. Dopo avermi guardato a lungo, Churchill mi ha detto che aveva risposto seccamente a Stalin: “Noi altri, inglesi, non facciamo cose simili. Non invadiamo un paese neutrale”. Non ho perso l’occasione di rispondergli che non sappiamo, in Svizzera, quanto gli siamo debitori».
È in questo contesto di guerra fredda e del recente passaggio di Churchill all’opposizione che sorge l’idea, da parte di alcuni “ammiratori” di invitare lo statista in Svizzera.
Il 27 luglio 1946, Burckhardt scrisse al ministro Petitpierre: «Churchill si rallegra molto del suo soggiorno in Svizzera. Mi ha detto di voler nuotare, per prima cosa. Avendo la scelta tra una villa di proprietà di von Schulthess, sulle rive del lago di Zugo, e la villa del banchiere Fred Kern a Ginevra, sembra preferire quest’ultima. Ritiene che l’acqua del Lemano sia più calda dopo il 22 agosto, rispetto a quella di un lago situato tra le montagne».
«Sarebbe inoltre felice di andare a Berna e desideroso di assistere a uno spettacolo militare. Penso che l’idea del generale Guisan di fare un viaggio con lui attraverso il ridotto sia eccellente».
Un saluto per tutti i lavoratori
Il 23 agosto 1946, Winston Churchill – 71 anni ma più combattivo che mai – atterra all’aeroporto di Ginevra con la moglie Clementine e la figlia Mary. I primi giorni la famiglia si installa nella maestosa residenza di Choisi, sopra il lago.
«Non appena atterrato l’aereo, abbiamo capito subito che a Churchill piaceva tenere la polizia sulle spine e non voleva essere limitato nei movimenti. Invece di andare a rinfrescarsi in una stanza negli hangar, Churchill – per l’orrore degli agenti di sicurezza – si è diretto subito verso la folla di spettatori», scrive Bracher.
Cuttat è colpito dal desiderio di Churchill di salutare operai e contadini. «Anche se c’erano soltanto una o due persone a guardarlo, si alzava per far loro un cenno. “Sono i lavoratori, coloro che preferisco”, mi ha detto a due riprese. Non lo vedo solo come un bisogno di popolarità, ma soprattutto come la consapevolezza di essere, di fronte a Stalin, l’unica personalità capace di attirare le grandi folle».
Lodi e critiche al discorso di Churchill
Nel suo storico discorso pronunciato nell’aula magna dell’università di Zurigo, Churchill non menziona la Russia per nome, ma sottolinea che «vaste regioni d’Europa (…) devono assistere a un nuovo cumulo di nuvole, di tirannia e di terrore che oscura il cielo all’avvicinarsi di nuovi pericoli». Ma c’è un rimedio contro questi orrori, «che potrebbe trasformare la situazione come per incanto e in pochi anni l’Europa – o per lo meno la maggior parte del continente – vivrebbe libera e felice come gli svizzeri lo sono oggi».
Il rimedio - la creazione di una sorta di «Stati Uniti d’Europa» - è accolto molto meglio in Svizzera che in Gran Bretagna, in particolare dopo che Churchill è accusato di aver in qualche modo plagiato il cuore del suo messaggio.
«Il discorso di Churchill a Zurigo ha fatto grande scalpore qui in Renania perché riflette esattamente il pensiero di Adenauer, leader dell’Unione cristiano democratica nella zona britannica ed ex sindaco di Colonia», scrive Franz Rudolph von Weiss, console svizzero a Colonia, in un telegramma al ministro Petitpierre, datato 22 settembre.
«Non si tratta assolutamente di una coincidenza, ma di un’appropriazione delle proposte di Adenauer da parte dell’ex primo ministro britannico».
La Svizzera ringrazia
A Londra, il discorso di Churchill non suscita le reazioni di entusiasmo manifestate in Svizzera. In una lettera del 24 settembre a Petitpierre, l’ambasciatore svizzero Paul Ruegger ammette che questa «freddezza» può stupire, ma è molto naturale per l’Inghilterra di oggi. «Non dimentichiamo che l’Inghilterra, che ha molto sofferto e che attraversa ancora un periodo difficile, il che è normale dopo gli sforzi eccezionali, crede di aver reso spontaneamente giustizia a Churchill dopo la capitolazione della Germania prima, e del Giappone poi».
Una delle prime e più positive reazioni giunge invece da Max Petitpierre. In un telegramma a Churchill, spedito il 19 settembre alle 20:00 dall’allora Grand Hotel Dolder, il ministro degli esteri svizzero si congratula per il discorso «profondo e coraggioso».
«Come lei, sono convinto che la salvezza dell’Europa è nell’unione dei suoi popoli, non sotto forma di un blocco ma secondo la formula federalista, di cui il mio paese ha un’esperienza secolare e che permette ad ogni popolo di mantenere la sua personalità nazionale rispettando quella degli altri. Stop. Le auguro che tutti, senza eccezione alcuna, ascoltino il suo commovente appello affinché l’Europa possa infine conoscere la pace nella libertà. Stop.».
«La ringrazio ancora per il suo attaccamento al mio paese e per il piacere che ha dato al popolo svizzero venendo a trascorrere le vacanze qui».
Winston Churchill
30 novembre 1874: Winston Leonard Spencer-Churchill nasce a Blenheim Palace nell'Oxfordshire.
10 maggio 1940 – 26 luglio 1945: diventa primo ministro come leader del partito conservatore.
7 maggio 1945: resa della Germania.
5 luglio 1945: Churchill perde a sorpresa le elezioni politiche a vantaggio di Clement Attlee, del Partito laburista. L’ex premier diventa leader dell’opposizione.
16 settembre 1946: storico discorso a Zurigo sugli «Stati Uniti d’Europa»
26 ottobre 1951 – 6 aprile 1955: secondo mandato come primo ministro
25 marzo 1957: firma del Trattato di Roma da parte di Belgio, Francia, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi e Repubblica federale tedesca. Ciò porta alla nascita della Comunità economica europea il 1° gennaio 1958.
24 gennaio 1965: Churchill muore a Londra, all’età di 90 anni.
La storica visita di Winston Churchill in Svizzera
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Il 19 settembre 1946, in un celebre discorso pronunciato a Zurigo, l’ex premier britannico Winston Churchill propose la creazione di una sorta di "Stati Uniti d’Europa" per risollevare un continente in ginocchio dopo la Seconda guerra mondiale. A cinquant’anni dalla sua morte, swissinfo.ch ripercorre con una serie di fotografie la visita di Churchill in Svizzera.
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