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Illustration Aussenpolitik

La neutralità della Svizzera: dove sta andando?

La neutralità elvetica suscita spesso accese discussioni in periodo di crisi. Attualmente, la Svizzera è confrontata con un interrogativo fondamentale: apertura o isolazionismo? Prossimamente si prenderanno decisioni centrali per il futuro del Paese.

La guerra in Ucraina ha rilanciato il dibattito intorno al concetto di neutralità. La Svizzera viene spesso accusata di aver tradito la neutralità per aver adottato le sanzioni dell’Unione Europea contro la Russia.

Tuttavia, dal punto di vista del diritto internazionale, l’imposizione di sanzioni puramente economiche non rappresenta un problema, poiché non richiede di prendere posizione in un conflitto armato, sostiene un’esperta di diritto internazionale austriaca.

Da una parte c’è l’Unione democratica di centro (UDC), che accusa il Consiglio federale di essere venuto meno al principio della neutralità elvetica. Per questo motivo ha lanciato un’iniziativa popolare per salvaguardare la neutralità svizzera e per iscriverla nella Costituzione federale.

Dall’altra parte, altri attori del panorama politico rivendicano una neutralità “attiva”.

La Svizzera non è più neutrale da un punto vista “classico” del termine

Come la maggior parte degli Stati neutrali, la Svizzera si è allontanata da tempo dall’idea classica della neutralità per rivolgere la propria attenzione alla comunità di Stati. Da quando, nel 2002, è entrata a far parte dell’ONU, la Svizzera si allinea alle sanzioni decise dalle Nazioni Unite. Inoltre, da anni prende parte alle missioni di pace all’estero.

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La Svizzera sostiene che il diritto della neutralità non si debba applicare alle missioni militari dell’ONU perché il Consiglio di sicurezza ha come obiettivo la pace nel mondo. Peter Hilpold, esperto in diritto internazionale dell’Università di Innsbruck, afferma invece che “la neutralità classica non è compatibile con l’appartenenza alle Nazioni Unite e ancor meno all’Unione Europea”.

Secondo Elisabeth Hoffberger-Pippan, esperta di diritto internazionale dell’Istituto tedesco per gli affari internazionali e di sicurezza politica di Berlino, la popolazione non è consapevole del fatto che l’adesione all’ONU e all’UE comporta un indebolimento della neutralità.

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“La Svizzera non è mai stata davvero neutrale”, ricorda, dal canto suo, Stefanie Walter, professoressa di relazioni internazionali ed economia politica presso l’Università di Zurigo. “Durante la Guerra fredda, la Svizzera era implicitamente e chiaramente dalla parte dell’Occidente. Ha preso posizione anche in merito ai diritti umani”. Inoltre, il Governo elvetico ha immediatamente condannato l’attacco russo all’Ucraina in quanto contrario al diritto internazionale.

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Cosa significa esattamente neutralità?

All’estero, la Svizzera deve continuamente spiegare la sua idea di neutralità, poiché questa viene spesso fraintesa. Questo principio si basa sulla distinzione tra diritto alla neutralità e politica di neutralità.

In applicazione alle decisioni del Congresso di Vienna, nel 1815 le grandi potenze riconobbero la neutralità perpetua della Svizzera. L’accordo prevedeva che la Confederazione non partecipasse più a conflitti e non fornisse più mercenari. In cambio venne sancita l’inviolabilità del suo territorio.

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Bandiera svizzera e soldati davanti al Palazzo federale a Berna

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Cosa significa “neutrale”?

Questo contenuto è stato pubblicato al La Svizzera sta cercando di ridefinire la sua neutralità. Il termine ha varie connotazioni e può essere interpretato in vari modi.

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Questo principio è rimasto pressappoco invariato nel corso degli anni, anche se oggi il diritto della neutralità implica soprattutto la non partecipazione alle guerre, in modo diretto o indiretto. Secondo il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE), gli obblighi principali di uno Stato neutrale sono:

  • astenersi dal partecipare alla guerra;
  • garantire la propria difesa;
  • garantire l’uguaglianza di trattamento dei belligeranti per l’esportazione di materiale bellico;
  • astenersi dal fornire mercenari ai belligeranti;
  • astenersi dal mettere il proprio territorio a disposizione dei belligeranti.

Questi obblighi, chiaramente definiti, godono di ampio sostegno in Svizzera. Nonostante parteggi chiaramente per l’Occidente, la Confederazione ha vietato ripetutamente ai Paesi membri della NATO di sorvolare i cieli elvetici, ad esempio durante l’invasione americana dell’Iraq o recentemente in relazione alle forniture di armi all’Ucraina.

Inoltre, non ha permesso a Germania, Spagna e Danimarca di riesportare materiale bellico, quali carri armati e munizioni, in Ucraina. La pressione dall’estero aumenta costantemente affinché la Svizzera riveda la sua posizione.

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La politica di neutralità è invece più flessibile poiché non è vincolata a un quadro giuridico rigido, ma a “misure che uno Stato neutro assume di proprio moto per garantire la prevedibilità e la credibilità della propria neutralità in senso giuridico”, scrive il DFAE. Queste misure vengono adeguate secondo il contesto (geo)politico momentaneo.

La tradizione umanitaria e i buoni uffici, insieme alla politica commerciale, sono gli elementi centrali della politica estera della Svizzera.

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Dibattito
Moderato da: Giannis Mavris

Quale futuro per il modello svizzero di neutralità?

Il modello di neutralità svizzero è ormai obsoleto, oppure è semplicemente frainteso?

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Il dibattito sulla neutralità in Europa

Discussioni di questo tipo non si svolgono solo in Svizzera, ma anche in Svezia e Finlandia. Dopo un radicale cambiamento della loro politica di sicurezza, i due Stati sono entrati a fare parte della NATO, abbandonando così la loro storica neutralità e il loro non allineamento. Anche altri Paesi neutrali in Europa e in altre parti del mondo stanno ridefinendo la loro neutralità nel nuovo contesto geopolitico globale.

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In Svizzera, anche il rapporto con l’alleanza militare NATO suscita accesi dibattiti. Secondo un sondaggioCollegamento esterno svolto regolarmente dal Politecnico federale di Zurigo, rispetto al passato le svizzere e gli svizzeri guardano con sempre maggiore pessimismo alla situazione politica globale. Tuttavia, ciò non sembra influire sul senso generale di sicurezza: la maggior parte della popolazione si sente ancora al sicuro nel proprio Paese.

I timori nei confronti di un eventuale avvicinamento alla NATO sono però diminuiti e così, attualmente, quasi la metà delle persone intervistate si dichiara favorevole a stabilire legami più stretti con l’alleanza militare. Un’adesione alla NATO non gode però ancora di una maggioranza tra chi ha diritto di voto (e non è nemmeno oggetto di discussione politica). Una maggiore cooperazione a livello istituzionale e tecnico è invece ampiamente sostenuta.

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Un aspetto legato alla sicurezza, che finora è passato in secondo piano e potrebbe acquisire maggiore rilevanza, è quello tecnologico. La Svizzera si vanta di essere la “Silicon Valley della robotica” e un’attrice chiave nello sviluppo di droni. Sempre più spesso, droni o loro componenti progettati o prodotti in Svizzera finiscono in zone di conflitto, sollevando questioni relative alla neutralità elvetica.

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un militare lancia un drone

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Il dilemma dei droni in Svizzera

Questo contenuto è stato pubblicato al Nell’era delle guerre con i droni, quello militare è un mercato redditizio per le innovazioni elvetiche. Questo è però in netto contrasto con la tradizionale neutralità svizzera.

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Qual è il futuro del multilateralismo?

Nel biennio 2023-2024, per la prima volta la Svizzera ha detenuto un seggio nel Consiglio di sicurezza dell’ONU come uno dei dieci membri non permanenti, con un mandato di due anni. Il Consiglio di sicurezza è il consesso multilaterale più importante, a cui spetta il compito di “mantenere la pace nel mondo”. Molti importanti dossier sono attualmente bloccati a causa del diritto di veto dei cinque membri permanenti (Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Cina e Russia).

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Sala riunioni

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Consiglio di sicurezza: il perché di un fallimento

Questo contenuto è stato pubblicato al La Svizzera siede attualmente nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, un organo che si ritrova ripetutamente paralizzato. I piccoli Paesi vogliono riformarlo.

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Negli ultimi due anni, la Svizzera ha presieduto due volte il Consiglio. Su questioni di grande importanza, quali l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, la crisi in Sudan o la guerra israelo-palestinese, la Confederazione non è riuscita a mediare tra le parti per giungere a una risoluzione condivisa. È riuscita però a rafforzare il multilateralismo su questioni meno impellenti e che godono di meno attenzione, promuovendo ad esempio iniziative congiunte tra l’ONU e l’Unione africana.

A soffrire dell’indebolimento del sistema multilaterale sono soprattutto i piccoli Stati, come la Svizzera. Infatti, un ordine globale basato su regole impedisce che sia la legge del più forte a prevalere. Il multilateralismo è da tempo oggetto di critiche da parte di vari attori.

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Ci sono anche sviluppi positivi in ambiti inattesi. La Corte penale internazionale sta cercando di avere un ruolo più attivo, sollevando interrogativi sulla sua capacità di influenzare la politica globale. Inoltre, il principio della giurisdizione universale sta guadagnando terreno: questo principio autorizza tutti gli Stati a perseguire e incriminare i crimini più gravi, anche se non è ancora pienamente operativo su scala globale.

In questo contesto, la Svizzera ha un ruolo chiave, soprattutto perché la Ginevra internazionale sta registrando progressi in questa direzione.

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Una cosa è certa: la neutralità svizzera non è al tramonto. Tuttavia, il suo futuro è ancora oggetto di dibattiti accesi e controversi.

>> Guarda il dibattito sulla neutralità in Svizzera nell’episodio seguente di Let’s talk (in tedesco):

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 A cura di Mark Livingston

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