Svizzera e UE lanciano i negoziati, ma l’ottimismo non abbonda
Ci sono voluti tre anni, 11 round esplorativi e 46 incontri specialistici. Ora, i negoziati sulle future relazioni tra Berna e Bruxelles sono stati lanciati ufficialmente. Ecco cosa c'è da sapere.
Svizzera e UE vogliono ridefinire le loro relazioni future. Lunedì la presidente della Confederazione svizzera, Viola Amherd, e la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, hanno annunciato a Bruxelles l’avvio ufficiale dei negoziati tra le due parti.
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Il relativo mandato negozialeCollegamento esterno era stato approvato dal Governo svizzero all’inizio di marzo e, pochi giorni dopo, anche l’UE ha dato il via libera.
Si apre così la strada verso un nuovo accordo sulle relazioni tra Berna e Bruxelles. Da una parte c’è la Svizzera, neutrale, che cerca di mantenere l’indipendenza politica ed è interessata al commercio internazionale. Dall’altra parte l’Unione Europea, il più grande spazio economico del mondo, che sta diventando sempre più politico e presumibilmente continuerà a crescere.
Cosa c’è esattamente in gioco?
L’accesso della Svizzera al mercato unico europeo è stato finora regolato da un gran numero di accordi bilaterali. L’obiettivo dichiarato del Governo è di stabilizzare ed espandere questo approccio bilaterale. Si tratta di una risposta alle pressioni dell’UE, che vuole rinnovare le relazioni con la Svizzera, la cui forma attuale è rimasta invariata dagli anni Novanta. Ciò comporta, da un lato, l’aggiornamento degli accordi esistenti e, dall’altro, la conclusione di nuovi accordi nei settori dell’elettricità, della salute e della sicurezza alimentare.
I principali punti critici sono la possibilità di adottare in maniera dinamica le future modifiche al diritto dell’UE, la libera circolazione delle persone, per la quale la Svizzera vuole garantire alcune eccezioni, e la protezione dei salari. Anche la questione della risoluzione delle vertenze e il ruolo della Corte di giustizia europea sono oggetto di discussione.
+++Il servizio del Telegiornale della RSI:
Quali sono le opinioni in merito in Svizzera?
Al momento sono chiaramente riconoscibili due schieramenti: il primo è rappresentato dal partito della destra conservatrice UDC (Unione democratica di centro) si oppone totalmente e parla di un “trattato di sottomissione”. Il partito ha coltivato una posizione anti-UE fin dagli anni Novanta ed è diventato la forza politica con la maggiore quota di elettorato. Attualmente è l’unico partito con un’opinione politica chiara sul tema.
Dagli altri partiti emerge invece un assenso di principio, anche se praticamente tutti mostrano cautela, per evitare di fare il passo più lungo della gamba. Una costante nelle relazioni tra Svizzera ed Europa è che, nonostante la vicinanza, le critiche si fanno sentire sempre più forte del consenso. A seconda del contenuto dei negoziati, a essere bersaglio di critiche è una parte diversa del pacchetto negoziale.
La maggior parte della società civile si trova nel secondo schieramento, quello del cauto assenso. Le associazioni imprenditoriali e del padronato, ad esempio, sottolineano la possibilità di rafforzare la certezza giuridica e, di conseguenza, il ruolo della Svizzera come piazza economica con relazioni bilaterali stabili. Le maggiori critiche extraparlamentari provengono dai sindacati, che temono un peggioramento della protezione dei salari e considerano il mandato inadeguato sotto questo aspetto.
Cosa dicono i media?
Rispetto all’accordo quadro istituzionale, dai cui negoziati la Svizzera si è ritirata unilateralmente nel 2021, oggi la situazione è migliore, commenta la radiotelevisione svizzera di lingua tedesca SRF. Tuttavia, c’è ancora “poco ottimismo”.
Alcuni articoli di opinione criticano la riluttanza dei partiti politici e della società civile, per esempio nell’edizione svizzera di ZeitCollegamento esterno si legge: “La questione europea deve finalmente essere riconosciuta per quello che è: una decisione di carattere generale”. Bisogna quindi mobilitarsi di conseguenza.
Tuttavia, non è ancora chiaro come ciò debba avvenire. Il tabloid SonntagsBlickCollegamento esterno scrive che il Governo ha urgentemente bisogno di un “Mister o Miss Europa con i piedi per terra”. Una persona che si distingua dalla “classe politica” elitaria e che possa trasmettere autenticamente l’urgenza della questione alla popolazione.
Tuttavia, è discutibile che una sola persona sia in grado di farlo. In ogni caso, il quotidiano svizzero di lingua francese Le TempsCollegamento esterno ritiene che il Governo abbia il dovere di esprimersi “in modo estensivo, rapido e deciso”. Tuttavia, la destra non è soddisfatta dell’approccio del Consiglio federale. La SonntagsZeitungCollegamento esterno, ad esempio, parla di un “suicidio politico europeo”.
I media europei, invece, non si occupano quasi mai della questione. Non c’è da stupirsi, visto che anche la reazione dell’UE è stata tutt’altro che rumorosa. Come ricorda il quotidiano liberal-conservatore NZZCollegamento esterno, l’UE ha “preoccupazioni maggiori rispetto alle difficili relazioni con la Svizzera”.
Cosa succederà ora?
L’UE vorrebbe giungere rapidamente a una conclusione. A giugno, infatti, si terranno le elezioni europee, dopo le quali verrà eletta una nuova Commissione. Non è chiaro quanto sia realistico l’obiettivo di concludere i negoziati prima di questo appuntamento, e neanche entro la fine dell’anno. Tanto più che il Governo svizzero ha fatto capire in patria di aver intenzione di chiedere all’UE alcuni ritocchi. Da parte europea le intenzioni sono analoghe: se la Svizzera dovesse chiedere di più, così farebbe Bruxelles.
Il Governo svizzero ha esaminato le posizioni di Parlamento, Cantoni, associazioni e parti sociali ed economiche in un processo di consultazione. Ha dichiarato che “la grande maggioranza” sostiene la base esistente dell’intesa. Tuttavia, nella democrazia diretta della Svizzera, con le sue alleanze in continua evoluzione, non esistono lealtà assolute e stabili. E la questione dell’UE ha troppo spesso causato sconvolgimenti politici negli ultimi decenni.
Il relativo referendum è previsto non prima del 2026. Almeno su questo punto, in Svizzera c’è unanimità: l’esito è completamente incerto.
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