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ASB: “UBS potrebbe valutare uno scenario di addio alla Svizzera”

Keystone-SDA

Occhio, perché se si stringono troppo le viti sul capitale proprio di UBS la banca potrebbe lasciare la Svizzera o essere rilevata da un concorrente.

(Keystone-ATS) È l’allarme lanciato oggi da Roman Studer, presidente della direzione dell’Associazione svizzera dei banchieri (ASB), che scende in campo nel pieno del dibattito parlamentare sul tema.

“L’anno scorso il Consiglio federale ha proposto 29 misure per la stabilità finanziaria, che ora arrivano alle banche sotto forma di un’ondata di regolamenti”, spiega il 48enne in un’intervista pubblicata oggi dal Tages-Anzeiger (TA). “La posta in gioco è alta e determinerà il nostro futuro per i prossimi 20 anni”.

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“Vogliamo una piazza finanziaria forte”, prosegue l’economista con studi a Zurigo e Oxford. “Ciò include una vigilanza forte e rispettata. Il rapporto del commissione parlamentare d’inchiesta sulla fine di Credit Suisse ha mostrato che l’autorità di vigilanza non ha sempre utilizzato appieno le proprie risorse. Riteniamo pertanto che debba innanzitutto utilizzare gli strumenti esistenti, ma possono essere utili anche interventi puntuali in alcuni settori”.

A questo proposito Studer cita regole più severe per la responsabilità dei dirigenti di alto livello e una base giuridica più solida per i principi di remunerazione. “La vigilanza dovrebbe disporre di strumenti più efficaci per prevenire tempestivamente gli abusi. È però fondamentale che in tutte le misure si tenga conto delle dimensioni della banca e del relativo modello di affari, per evitare di gravare in modo sproporzionato sugli istituti più piccoli”.


Il tema del momento sono comunque i requisiti di capitale per UBS. “La risposta a questa domanda ha conseguenze di vasta portata per UBS e anche per la nostra economia. Di conseguenza, dovrebbe essere ampiamente discussa. Deve essere possibile liquidare UBS in modo ordinato in caso di crisi; d’altro canto, si deve garantire che UBS possa operare con successo sia a livello nazionale che all’estero. È molto importante per il nostro paese trovare una soluzione equilibrata”.

“La situazione iniziale è chiara: UBS deve già detenere 17-19 miliardi di franchi in più rispetto a prima a causa dell’acquisizione di CS: se ora, in uno scenario estremo, deve accumulare altri 25 miliardi di franchi per le filiali estere, ciò avrà delle conseguenze”, avverte l’esperto. “Il capitale proprio è costoso, pagheremo tutti il conto. Massimi requisiti di stabilità potrebbero anche significare che UBS dovrebbe prendere in considerazione scenari come il trasferimento all’estero, nell’interesse della sua capacità di stare sul mercato. Ci sarebbe anche il rischio di un’acquisizione”.

Ma non si è di fronte – chiedono i giornalisti di TA – solo a una minaccia, considerando che la Svizzera ha molto da offrire a UBS? “È vero, ma è vero anche il contrario”, risponde l’intervistato. “Bisogna semplicemente rendersi conto che non esiste una probabilità zero per questi scenari. Dopo tutto UBS dovrebbe detenere un capitale enormemente superiore a quello dei suoi concorrenti stranieri”.

Se UBS dovesse mollare gli ormeggi, dove andrebbe concretamente? “Gli scenari sono complicati”, replica lo specialista con trascorsi professionali nella società oggi guidata da Sergio Ermotti. “Sicuramente non accadrà da un giorno all’altro, ma è possibile”, conclude il dirigente.

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