Beat Jans: “sull’asilo siamo sulla buona strada, meglio che Europa”
(Keystone-ATS) In materia d’asilo la Svizzera è sulla buona strada e sta anzi facendo assai meglio dell’Europa: lo afferma il consigliere federale Beat Jans, criticato da più parti per il suo operato in materia.
“È normale, i consiglieri federali sono sempre sotto pressione, ma non mi lascio condizionare”, afferma il 60enne in un’intervista pubblicata oggi dal Tages-Anzeiger (TA). “Ho obiettivi chiari e una bussola: la mia politica in materia di asilo è umana e orientata alle soluzioni, sempre nel rispetto della Costituzione”.
“Siamo molto avanti rispetto ai paesi europei in diverse aree”, prosegue il ministro socialista. “Il numero di richieste di asilo a settembre è stato inferiore del 40% rispetto allo stesso periodo del 2023 e i casi pendenti stanno diminuendo: quest’anno siamo riusciti a ridurli del 25%. Il numero di rimpatri è in aumento, anche quest’anno. Abbiamo introdotto una procedura di 24 ore che sta funzionando. Gli incidenti di sicurezza nei centri per richiedenti asilo sono notevolmente diminuiti. Il numero di arrivi irregolari alla frontiera è dimezzato rispetto all’anno scorso. Siamo sulla strada giusta”.
Come spiegarsi allora – chiedono i cronisti della testa zurighese – che le critiche sono continue? “A me interessano solo i fatti”, taglia corto il membro del governo federale in carica dal primo gennaio. “Il fatto è che la popolazione – sia a destra che a sinistra – chiede di trovare soluzioni che funzionino. È anche un fatto che molte persone si rivolgono a noi in stato di bisogno, compresi bambini, giovani e famiglie. Il Consiglio federale non si lascia impressionare dalle fake news, dagli allarmismi e dalle previsioni. La polarizzazione è strumentalizzata, ma non giova a nessuno”.
Però non solo l’UDC, anche il PLR attacca la sua politica di asilo: non è forse un segno che i problemi non vengono presi abbastanza sul serio? “Il mio compito non è quello di giudicare la politica dei partiti, ma di sviluppare proposte e soluzioni concrete”, replica il laureato in scienze ambientali al Politecnico federale di Zurigo. “Per me resta una massima importante il rispetto della Convenzione sui rifugiati e la concessione di protezione a persone la cui vita è a rischio.”
Jans respinge anche al mittente le critiche espresse nei confronti della nomina del nuovo segretario di stato della migrazione, nella persona di Vincenzo Mascioli. “Il sistema di asilo funziona fondamentalmente bene, ora lo stiamo migliorando ulteriormente: sono lieto che Vincenzo Mascioli sia pronto ad assumersi questa responsabilità. Sono convinto che sia l’uomo giusto, è un professionista esperto”.
Il capo del Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGP) si è espresso anche sulle relazioni con l’Ue, alla luce del no opposto da Bruxelles a una eventuale clausola di salvaguardia elvetica per limitare la libera circolazione delle persone. “Questi annunci pubblici sono normali durante i negoziati, fanno parte del gioco”, osserva l’ex consigliere di stato renano. “Le trattative continuano fino alla loro conclusione. Se entrambe le parti negoziano bene, tutte e due possono guadagnarci. L’Ue ha dichiarato di voler concludere i negoziati entro la fine dell’anno. Questo dimostra che crede che si possa raggiungere un accordo”.
“In quanto svizzeri, siamo tutti europei. Sono cresciuto a Basilea, al confine. In una città che si è espansa insieme ai paesi dell’Ue. Già da ragazzo compravo le scarpe da ginnastica a Lörrach (D) perché non potevo permettermele in Svizzera. So quindi quanto siano importanti le buone relazioni commerciali con i paesi vicini. Ma sono anche un consigliere federale. E il Consiglio federale vuole relazioni stabili con l’Ue, a maggior ragione nell’attuale situazione geopolitica”.
L’opposizione alla clausola di salvaguardia – argomentano i giornalisti di TA – potrebbe però aumentare le possibilità dell’iniziativa per la sostenibilità, con la quale l’UDC vuole limitare la popolazione a 10 milioni. “Valuteremo le possibilità dell’iniziativa quando avremo tutti i fatti sul tavolo. Il Consiglio federale afferma però chiaramente che accettare l’iniziativa sarebbe dannoso per l’economia, la prosperità e la sicurezza del nostro paese”.
Ma alla fine quante persone può accogliere la Svizzera? “La questione non è quante persone vogliamo, ma come ci organizziamo”, risponde il padre di due figlie. “È chiaro che anche in futuro dipenderemo dall’immigrazione. Ma lo scetticismo nei confronti dell’immigrazione sta crescendo: stiamo affrontando la cosa seriamente”, conclude l’ex professore all’università di Basilea.