Giuliano da Empoli: “La guerra in Ucraina ha avuto un grande ruolo nel successo del mio romanzo”
Lo scrittore italo-svizzero Giuliano da Empoli ha ricevuto, il 27 ottobre, il Gran Premio del romanzo dell'Accademia francese per il suo libro Il mago del Cremlino. Il suo sguardo dietro le quinte del potere russo gli è valso anche un posto tra i finalisti per il Premio Goncourt, che verrà assegnato il 3 novembre. Nell'attesa, l'abbiamo incontrato.
Ampiezza di vedute, rapidità di riflessione, carisma intellettuale: tre qualità alle quali bisogna aggiungere la modestia ed eccovi presentato Giuliano da Empoli, ormai una star, che ha sedotto la stampa e gli ambienti letterari dalla pubblicazione, lo scorso aprile, del suo romanzo politico Il mago del Cremlino (Gallimard, edito in Italia da Mondadori).
Non è stata una sorpresa che l’Accademia francese, sempre a caccia di perle rare, gli abbia conferito uno dei suoi più prestigiosi riconoscimenti: il Gran premio del romanzo. Per lo stesso libro, la cui versione originale è in francese, l’autore è anche finalista per un altro importante premio, il Goncourt, che verrà assegnato il 3 novembre.
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L’avanguardia teatrale al servizio di Putin
È una situazione che ricorda quella di cui fu protagonista dieci anni fa un altro scrittore svizzero, Joël Dicker, che aveva ottenuto il premio dell’Accademia francese per il romanzo thriller La verità sul caso Harry Quebert. Anche lui è stato finalista per il Premio Goncourt, ma non l’ha vinto.
Nato del 1973 a Neuilly-sur-Seine (vicino a Parigi), Giuliano da Empoli ha studiato diritto e scienze politiche in Italia e Francia. Giornalista e saggista, insegna all’Istituto di studi politici di Parigi (Science Po). Tra i suoi saggi, Gli ingegneri del caos e Le Florentin (Il Fiorentino), ritratto di Matteo Renzi di cui è stato consigliere. Il mago del Cremlino è la sua prima opera di finzione.
Con 120’000 copie vendute in Francia, il libro dà accesso dietro le quinte del potere russo attraverso il personaggio di Vadim Baranov. Consigliere di Putin, un tempo uomo di spettacolo e di televisione, il “mago” Baranov traspone al Cremlino le sue competenze teatrali. Il potere è una questione di messa in scena. È intrattenimento.
SWI swissinfo.ch: Lei è finalista per il Premio Goncourt. Se vincesse, realizzerebbe un “Grande Slam”, come si dice nel mondo del tennis. C’è di che essere fiero.
Non voglio fare pronostici, non mi immagino neanche lo scenario di un successo, preferisco limitarmi ai fatti, a quello che succede e non a quello che potrebbe accadere. È già una festa l’essere stato premiato dall’Accademia francese.
Pensa che l’influenza di Hélène Carrère d’Encausse, decana dell’Accademia francese e scrittrice francese di origine russa, abbia avuto un ruolo nella scelta di premiare Il mago del Cremlino?
Sì, senza dubbio. È una storica con una vasta conoscenza sulla Russia. È lei che dirige i lavori in seno all’Accademia. Ammetto che avevo paura del suo giudizio. È stato un sollievo quando ho saputo che aveva apprezzato il mio lavoro e ancora di più quando ho scoperto di essere stato premiato.
Il mago del Cremlino ha un grande successo. In quante lingue è stato tradotto?
Ci sono 26 traduzioni in corso, non mi aspettavo così tante richieste. Ho scritto il libro soprattutto nel corso del 2021. Non era ancora cominciata la guerra in Ucraina. Se il romanzo fosse stato pubblicato in quel momento, il mio progetto sarebbe stato ritenuto strano: ho creato un personaggio, Vadim Baranov, consigliere di Putin, per poter entrare con lui dietro le quinte del potere russo. Sembra una mossa astuta fare parlare oggi questo “spin doctor”. Tuttavia, nel 2021 non potevo immaginare che il romanzo avrebbe avuto una tale risonanza. Devo riconoscere che l’attualità politica e la guerra hanno avuto un grande ruolo nel successo del libro.
Una traduzione in russo è prevista? A proposito, ha avuto riscontri da parte di persone russe che hanno letto il libro?
Una traduzione era stata prevista l’anno scorso. In quel momento, c’era ancora una certa libertà in Russia, oggi poco rispettata. Quindi no, non ci sono progetti di traduzione in russo al momento. Si ha l’impressione che un muro sia sorto all’improvviso laggiù, facendo tornare il Paese in epoca sovietica.
Per quel che riguarda i riscontri, sì, ne ho avuti da parte di persone europee che conosco, vivono in Russia e hanno una visione pertinente della situazione politica. E anche da parte di persone russe avvedute, che vivono in Europa.
Ha ricevuto un premio per un romanzo. Lo considera un valore aggiunto al suo lavoro di giornalista, insegnante e saggista?
Sì, nella misura in cui si collega a una letteratura storica. Conosco la Russia, ma altre persone prima di me e ben più famose ne hanno parlato nei loro scritti. Nel romanzo cito l’autore francese La Bruyère (1645-1696) che, meglio di qualsiasi giornalista, evoca la Russia senza mai averci messo piede. Questo significa che esiste una filosofia del libro alimentata da un immaginario rigoglioso. La Bruyère era membro dell’Accademia francese, come è oggi lo scrittore peruviano Mario Vargas Llosa (86 anni) la cui opera osserva con acume il potere politico. Insomma, questa letteratura storica resta ancora molto viva in seno a una grande istituzione che ha riconosciuto il mio lavoro.
Ci sono stati innumerevoli articoli sul suo libro. Sono rari quelli che ne sottolineano l’aspetto letterario, tuttavia molto importante poiché evoca il potere della grande letteratura russa, la quale ha costruito la Russia tanto quanto i suoi zar. Un commento?
Bisogna dire che l’attualità ha preso il sopravvento. Ha in un certo senso eclissato altri aspetti del libro. Ma la cosa non mi preoccupa, poiché credo che il successo del “Mago” sia legato malgrado tutto al suo valore letterario. Mi spiego: l’interesse che suscita il romanzo si fonda dopotutto sul pensiero dei grandi autori russi che cito. Le loro opere la dicono lunga sul funzionamento del ragionamento politico.
Non da ultimo: lei è svizzero da parte di madre. Lo considera importante per la sua identità?
Sì, certamente. Tengo molto alla mia identità elvetica, che è tutto salvo accessoria. Ho chiesto al mio editore di precisare in quarta di copertina che sono anche svizzero. Non è un vezzo, ma una convinzione: ho scritto buona parte del “Mago” a Interlaken dove mia madre ha una proprietà. La città è turistica, ma comunque molto calma. Un luogo propizio alla concentrazione.
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