Gli stabilimenti balneari per donne sono ancora appropriati in una società non binaria?
In Svizzera, dall'inizio dell'anno, una procedura amministrativa semplificata permette di cambiare sesso all'anagrafe senza ostacoli burocratici. Allo stesso tempo, alcune persone non si identificano né come uomo né come donna o come transgender. Ciò solleva questioni difficili nelle strutture che contemplano una separazione dei sessi, come gli stabilimenti balneari femminili di Zurigo e Berna.
Nel cuore della città di Berna, poco prima che l’ansa del fiume Aare avvolga il centro storico, nella piscina fluviale del Marzili dietro una porta poco appariscente si nasconde un piccolo paradiso, o meglio il cosiddetto Paradiesli. Al riparo da sguardi indiscreti grazie a pareti di legno, al Paradiesli le donne possono giacere nude al sole. Un cartello indica: “Sezione femminile – ingresso riservato alle donne”. Anche se accompagnati da adulti, i bambini non possono entrare.
Una donna bernese di 66 anni che si reca ogni giorno al Paradiesli è felice che esista questa oasi di pace esclusiva. “Vengo qui per prendere il sole in pace senza essere guardata”, dice. Non è una cosa scontata: “Alcuni uomini si sono persino arrampicati sugli alberi per guardare. Oppure si fermano sul ponte Monbijou in primavera, quando i cespugli sul lato destro non hanno ancora tanto fogliame, e ci osservano con il binocolo. Disgustoso!”.
Di norma, però, le donne possono stare tranquille al Paradiesli. Il fatto che ci sia una richiesta di avere a disposizione un luogo protetto come questo non è dimostrato solo dal gran numero di persone che vanno e vengono in questi giorni d’estate. A Berna, durante la grande ristrutturazione del Marzili nel 2019, sono state raccolte firme contro una possibile abolizione del settore femminile. Questo nonostante l’amministrazione comunale abbia successivamente sottolineato che la chiusura del Paradiesli non era mai stata pianificata.
Chi è considerato una donna?
A Berna, chi entra nella piscina riservata alle donne non viene controllato. L’ingresso al Marzili è gratuito e non ci sono controlli nemmeno davanti al settore femminile. La 66enne bernese ricorda che un giorno entrarono una donna e una “persona di aspetto maschile con il seno”. “A quanto pare la persona aveva già iniziato la transizione al ‘piano superiore’, ma non ancora a quello ‘inferiore’. Indossava comunque una gonna da bagno: pochi se ne sono accorti e nessuno si è preoccupato”, racconta.
Tuttavia, da quando all’inizio dell’anno è entrata in vigore in Svizzera la legge che permette di cambiare sesso all’anagrafe in maniera semplificata, le istituzioni separate a seconda del sesso sono state messe in discussione. Conta il sesso che si vede dall’esterno o quello scritto sulla carta d’identità? La 66enne, frequentatrice abituale del Paradiesli, dice: “Ne abbiamo già discusso lì dentro”. Spiega che ci sono opinioni diverse sull’argomento, in particolare alcune donne anziane sono infastidite dall’idea.
Raramente ci sono problemi
Personalmente, pensa però che “se ti senti una donna, puoi andare nella piscina delle donne”. L’importante è il comportamento della persona, non il suo sesso. “Esiste anche una discriminazione tra donne, non va dimenticato. Per esempio, le giovanissime che ridacchiano stupidamente quando si trovano per la prima volta al Paradiesli e vedono una donna nuda un po’ voluttuosa”. Due donne sui 20 anni che stanno facendo un picnic sul prato fuori dal Paradiesli, anch’esso riservato alle donne, hanno una visione simile. “Se una donna mi molestasse, la denuncerei. Il genere non ha importanza”.
Naturalmente, potrebbero verificarsi abusi se, ad esempio, un uomo fingesse di essere una donna, ma in realtà il suo unico scopo sarebbe quello di adocchiare donne nude. Ma si tratta verosimilmente di pochissimi casi individuali, dicono le due giovani. “Se qui le donne trans possono rilassarsi e sentirsi protette, troviamo sia qualcosa di benvenuto e piacevole!”.
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La città di Berna, che gestisce il Marzili, non è a conoscenza di abusi o reclami. “La questione del cambiamento amministrativo del genere e gli effetti sul Paradiesli sono nuovi per noi”, afferma Yvonne Zimmermann, responsabile dell’informazione e della comunicazione dell’Ufficio dello sport di Berna. Finora non c’è stato motivo di effettuare controlli. “Vista l’accettazione della soluzione attuale, non abbiamo ancora esaminato se la pratica debba essere adeguata”.
Il controllo degli ingressi come difficile equilibrio
A Zurigo la situazione è diversa: di fronte alla chiesa Grossmünster, sull’altra sponda della Limmat, una piccola passerella conduce all’ingresso della piscina fluviale femminile. Qui non c’è uno spazio per gli uomini, nemmeno uno misto. Tra palme e ombrelloni rossi si trovano due piscine e un piccolo bar. Davanti agli spogliatoi, al posto delle porte, sono appese delle tendine. Alcune donne leggono all’ombra, altre si sdraiano in topless al sole. L’atmosfera è calma e serena. In questa calda mattina d’estate non ci sono bambini e bambine, ma fino a sei anni possono accompagnare le loro madri.
L’ingresso costa otto franchi, quindi all’entrata c’è una certa sorveglianza. Se al Marzili si punta sull’autocontrollo, qui allo Stadtquai sono previste regole chiare. Tuttavia, anche in questo caso, le persone si sono finora astenute dal controllare la carta d’identità. “Se all’ingresso del Frauenbadi si presenta una persona di sesso maschile o la cui espressione di genere viene interpretata come maschile, cerchiamo un dialogo. Teniamo conto del sesso ufficiale di una persona e degli interessi delle altre ospiti del bagno. Va valutato, ma è una situazione che capita molto raramente”, indica l’Ufficio dello Sport di Zurigo.
Il fatto che le donne optino per stabilimenti balneari esclusivamente femminili non ha sempre a che fare con ragioni personali; ci sono anche motivi religiosi. Molte donne musulmane ed ebree vengono al Frauenbadi di Zurigo per nuotare o prendere il sole in un ambiente protetto. Come reagirebbero se donne con caratteristiche maschili entrassero nello stabilimento? Queste domande fanno discutere. Per questo motivo è in corso una valutazione. “Il tema delle strutture balneari e dell’uguaglianza di genere viene affrontato da un gruppo di lavoro sotto la guida dell’Ufficio per l’uguaglianza di genere”, scrive l’Ufficio dello sport di Zurigo. È ancora troppo presto per stabilire se e come le regole potrebbero cambiare.
“La piscina femminile è nostra!”.
Due signore, una di 75 anni e l’altra di 67, sono sedute a un tavolino con una bibita fresca. Vengono al Frauenbadi quasi ogni giorno da diversi anni. “Mi piace l’atmosfera che si respira qui, e il fatto che non devo far rientrare la pancia e farmi bella”, dice una di loro. Entrambe sono al corrente del cambiamento di legge. Naturalmente, anche le persone che sembrano uomini ma si identificano come donne hanno bisogno di un luogo dove potere essere tranquille. “Ma non qui”, dice la 75enne. “La piscina femminile ci appartiene! Non deve esserci tolta. Qui voglio vedere solo bambole!”.
E come la vedono i diretti interessati? Sigmond Richli, co-presidente dell’associazione Transgender Network Switzerland (TGNS), afferma: “È problematico quando le persone vengono ridotte solo alle loro caratteristiche di genere primarie o secondarie”. Non solo per molte persone trans e non binarie, ma per le persone in generale che indipendentemente dalla loro identità di genere spesso non sono percepite né come chiaramente donne né come chiaramente uomini. “Dopotutto, non si può vedere cosa sta scritto sul passaporto”. Allo stesso tempo, controllare la carta d’identità sarebbe una soluzione difficilmente praticabile.
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Prima di tutto, avere un’interazione rispettosa è importante, sottolinea Sigmond Richli: “Perché esistono questi luoghi per donne? Perché sono esposte a molte violenze e hanno bisogno di questi spazi. Tuttavia, molte persone trans subiscono anche violenza ed esclusione. Questi luoghi dove potersi ritirare sono importanti”. Ciò è dimostrato anche da un sondaggio non rappresentativo condotto dall’associazione nel 2020: il 75% di chi ha partecipato all’inchiesta ha indicato di avere avuto esperienze negative in relazione alle infrastrutture (servizi igienici, guardaroba, docce) e agli impianti sportivi separati per genere.
Nessuna soluzione chiavi in mano
Sigmond Richli è convinto che le regole debbano cambiare. Tuttavia, anche il Transgender Network Switzerland non dispone di una soluzione chiavi in mano. Molto dipende dalla situazione e dalle persone. L’associazione non può neppure esprimersi a nome delle persone trans in Svizzera: “Alcune di loro sarebbero favorevoli all’apertura degli stabilimenti balneari femminili alle donne trans, rispettivamente alle persone trans, altre preferirebbero avere dei luoghi solo per le persone trans”. Lo dimostra anche il sondaggio: il 40% di chi è stato intervistato vorrebbe che strutture sportive o gruppi sportivi riservati alle persone trans, mentre il 25% non lo vorrebbe.
L’associazione TGNS fornisce consulenza nella ricerca di soluzioni affinché sia le persone trans che gli altri ospiti possano usufruire delle offerte senza discriminazioni: “Veniamo contattati di continuo non solo dagli stabilimenti balneari, ma anche dalle istituzioni del settore del benessere, delle saune e degli impianti sportivi e coinvolti nelle discussioni. Cerchiamo sempre di capire insieme alle istituzioni quali sono le loro esigenze e quali potrebbero essere le soluzioni più eque per tutti”, afferma Sigmond Richli.
La piscina privata si basa sulla tolleranza
Il Sonnenbad St. Margarethen, nel Cantone di Basilea Campagna, ha uno spazio riservato alle donne e un altro agli uomini dove è possibile prendere il sole in costume adamitico. Tuttavia, lo stabilimento non è gestito dal comune, ma privatamente da un’associazione. Come per il Marzili di Berna, l’accesso alle zone separate avviene solo dopo l’ingresso principale.
Il presidente dell’associazione, Rolando Stucki, non intende introdurre nuove regole, ad esempio controllando il sesso sul documento di identità: “Si possono fare tutte le leggi che si vogliono, ma se la gente non è d’accordo, non funzionerà”. Per questo la struttura fa affidamento sulla responsabilità personale: “Le persone dovrebbero andare dove si sentono a proprio agio – conclude Stucki. Contiamo sulla tolleranza degli ospiti nelle rispettive aree”.
Traduzione di Daniele Mariani
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