Il WEF cerca di schivare le torce e i forconi del malcontento popolare
La minaccia di agitazioni sociali metterà alla prova le élite politiche ed economiche riunite al summit del World Economic Forum (WEF) che si tiene all'inizio di un preoccupante e imprevedibile 2023.
L’aumento del prezzo dei carburanti e degli alimenti ha contribuito all’insorgere di proteste e scioperi in tutto il mondo lo scorso anno. Il malcontento popolare ha portato a cambi al potere in Sri Lanka, Regno Unito, Perù e Brasile – teatro quest’ultimo di un assalto al Congresso a Brasilia all’inizio di gennaio, una scena che ricordava quanto successo negli Stati Uniti il 6 gennaio 2021.
“La gente è sempre più insoddisfatta della società e si sta chiedendo perché dovrebbe cooperare”, dice Morris Pearl, che guida Patriotic Millionaires, un gruppo di persone benestanti residenti soprattutto negli Stati Uniti che, paradossalmente, si battono per essere tassate di più allo scopo di contrastare la disparità.
“La gente fa bene ad arrabbiarsi. Pensa che il sistema sia truccato a suo discapito e ha ragione. A meno che le persone benestanti non cambino volontariamente, le masse cambieranno le cose per noi con torce e forconi”.
Economisti ed economiste prevedono tempi duri con la pressione che si accumulerà sempre di più sulle economie domestiche di tutto il mondo.
Il Fondo monetario internazionale (FMI) mette in guardia sul rischio che un terzo dell’economia mondiale sprofondi in recessione nel 2023, prevedendo che l’inflazione si calmerà quest’anno ma toccherà, comunque, il 6,5% a livello globale. “Per la maggior parte dell’economia mondiale, sarà un anno difficile, più di quello che ci lasciamo alle spalle”, ha affermato la direttrice operativa dell’FMI Kristalina Georgieva all’emittente statunitense CBS il primo gennaio.
Il peggio deve ancora arrivare
I 2’500 partecipanti all’evento principale del WEF hanno attraversato, dibattendo, molte crisi nel corso degli anni a Davos. Questa volta, però, è difficile capire da dove si debba iniziare per realizzare l’intenzione dichiarata dell’organizzazione di “migliorare lo stato del mondo”.
I Paesi stanno ancora pagando le fatture di due anni di pandemia e di lockdown con la preoccupazione che il coronavirus potrebbe nuovamente far sentire la sua furia con la riapertura dei confini cinesi.
La fine del bagno di sangue provocato dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia non è in vista e la guerra ha provocato l’aumento dei costi dei carburanti e di molte derrate alimentari. Ciò ha contribuito all’inflazione galoppante per i beni di consumo che sta trascinando in difficoltà finanziare sempre più persone.
La ONG Oxfam International ha suonato l’allarme durante il summit del WEF nel maggio dello scorso anno sostenendo che la pandemia, l’inflazione e la guerra in Ucraina potrebbero condurre 263 milioni di persone alla povertà.
Oxfam teme che le divisioni sociali si accentueranno a causa delle disparità, poiché sono le persone con i redditi più bassi a subire maggiormente l’aumento del costo della vita.
“La crisi del costo della vita si somma a quella del coronavirus che ha visto il fallimento dei Governi e della comunità internazionale nel prevenire il maggior incremento della povertà estrema da 20 anni a questa parte”, ha affermato la ONG.
Anche un Paese prospero come la Svizzera non è stato completamente risparmiato. Il franco forte ha permesso di mantenere l’inflazione al 2,8% lo scorso anno, ma si tratta comunque del livello più alto in 30 anni.
Secondo le ultime statistiche ufficiali, 735’000 persone su una popolazione totale di 8,5 milioni (8,7%) vivevano in povertà nel 2019 in Svizzera. L’organizzazione di beneficienza Caritas indica che la proporzione di coloro che non riescono ad arrivare alla fine del mese è molto più elevata dopo il coronavirus e un anno di alta inflazione.
Un numero crescente di persone per le quali “i soldi erano appena sufficienti prima, ora semplicemente non ne ha abbastanza per arrivare a coprire le spese ricorrenti alla fine del mese”, afferma la portavoce di Caritas Livia Leykauf.
Molte persone vivono appena al di sopra della soglia ufficiale di povertà e basta quindi un piccolo aumento dei costi per raddoppiare il tasso di povertà nella Confederazione, ha concluso uno studio di Caritas dello scorso anno.
“Dobbiamo dare per scontato che la situazione in Svizzera si deteriorerà ulteriormente nelle prossime settimane e mesi e che sempre più persone saranno colpite dalla povertà”, sostiene Leykauf.
WEF alla riscossa?
Il WEF apre il suo vertice annuale il 16 gennaio con il motto “Cooperazione in un mondo frammentato”. L’organizzazione teme che il pianeta stia per affrontare una “decade di incertezza e fragilità” con la guerra in Ucraina, le crescenti tensioni tra la Cina e l’Occidente, le carenze alimentari in molti Paesi e la questione ancora irrisolta di come contrastare il cambiamento climatico.
Il Global Risks Report (Rapporto sui rischi globali) del WEF mette “la crisi del costo della vita” in cima all’elenco delle minacce sul corto termine alla stabilità, in quanto potrebbe portare a “crescente povertà, carestie, proteste violente, instabilità politica e anche crolli statali”.
“I disordini sociali e l’incertezza politica associati [a questa crisi] non si limiteranno ai mercati emergenti, poiché le pressioni economiche continuano a svuotare la fascia di reddito medio”, il che potrebbe porre “sfide esistenziali ai sistemi politici di tutto il mondo”, sostiene il rapporto.
Il rischio di “erosione della coesione sociale e di polarizzazione della società” è considerata la quinta più probabile causa di instabilità.
Il WEF si reputa parte della soluzione ai problemi globali, riunendo attori influenti da tutto il mondo per affrontare le sfide più urgenti. Tuttavia, le persone scettiche non mancano. Il già citato gruppo Patriotic Millionaires, ad esempio, ha emesso un verdetto poco lusinghiero lo scorso anno: “La verità è che Davos non merita la fiducia del mondo al momento. Nonostante le innumerevoli ore spese parlando di come rendere migliore il mondo, la conferenza ha prodotto pochi risultati tangibili in mezzo a un fiume di autocelebrazione”, si legge in una lettera apertaCollegamento esterno inviata un anno fa.
Dopo 12 mesi, Morris Pearl non constata cambiamenti: “Il WEF simbolizza la disparità. Fa una montagna di soldi incaricando le persone a partecipare alla conferenza. Non ho visto nessuna prova concreta che coloro che organizzano il summit o vi partecipano intendono cambiare la rotta di questa crescente disparità”, ha dichiarato a SWI swissinfo.ch.
Altri sviluppi
In conformità con gli standard di JTI
Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative
Potete trovare una panoramica delle discussioni in corso con i nostri giornalisti qui.
Se volete iniziare una discussione su un argomento sollevato in questo articolo o volete segnalare errori fattuali, inviateci un'e-mail all'indirizzo italian@swissinfo.ch.