La banca digitale non è ancora la soluzione per la Quinta Svizzera
La partnership con una banca digitale e la guerra in Ucraina hanno generato un po' di nervosismo durante l'ultima riunione del Consiglio degli svizzeri all'estero. Non sono comunque mancate le buone notizie, in particolare per i pensionati e le pensionate.
La pressione politica dell’Organizzazione degli svizzeri all’estero (OSE) ha funzionato nonostante la pandemia. I frutti sono stati evidenti durante la sessione del Consiglio degli svizzeri all’estero di sabato 12 marzo. Il Parlamento della Quinta Svizzera si è riunito online.
Le difficoltà degli svizzeri e delle svizzere all’estero con le banche elvetiche sono rimaste irrisolte per anni. Sta diventando sempre più difficile per loro avere un conto in una banca a costi accettabili.
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C’è chi considera le banche digitali una possibile soluzione, tra cui l’OSE, che ha coinvolto il fornitore di servizi di pagamento Yapeal. Per questa start-up svizzera, la partnership con l’organizzazione che rappresenta gli interessi della Quina Svizzera vale ben 50’000 franchi.
“Nel caso estremo si perdono i soldi”
Ma le critiche non hanno tardato ad arrivare. Poiché Yapeal si stava riorientando, sono sorte domande sulla solidità finanziaria della banca. L’OSE ha chiesto informazioni e il tesoriere Lucas Metzger ha potuto informare il Consiglio degli svizzeri all’estero sulla situazione. “Sappiamo che l’Autorità svizzera di vigilanza sui mercati finanziari sta seguendo Yapeal molto seriamente”, dice, e chiarisce: “Yapeal non è una banca, ma un fornitore di servizi di pagamento. È lì per pagare le bollette”.
In teoria, questa offerta soddisfa un bisogno impellente di molti svizzeri e di molte svizzere all’estero, che spesso hanno ancora obblighi finanziari nella Confederazione.
Ma ci sono alcuni ostacoli, com’è diventato chiaro nel corso della riunione del consiglio di sabato. Prima di tutto, secondo Lucas Metzler, Yapeal offre i suoi servizi solo nei Paesi immediatamente vicini alla Svizzera; per tutti gli altri, non è attualmente disponibile. Metzler ha anche chiarito: “Non è una banca soggetta all’assicurazione dei depositi. Quindi nel caso estremo si perdono i soldi”. Questo è in contrasto con le banche convenzionali, che garantiscono depositi fino a 100’000 franchi in ogni caso.
Ivo Dürr, membro del Consiglio degli svizzeri all’estero, ha descritto un altro problema. Secondo la sua esperienza personale, non è possibile trasferire denaro da un conto estero a un conto Yapeal. Questo significa che al momento Yapeal non è una vera alternativa per gli svizzeri e per le svizzere all’estero. “Ecco perché non è molto interessante per noi”, ha detto Dürr.
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Ucraina: la Svizzera progetta una rappresentanza in Moldavia
Johannes Matyassy, responsabile della Direzione consolare del Dipartimento degli affari esteri (DFAE), ha informato la delegazione del Consiglio degli svizzeri all’estero sulle preoccupazioni di Berna in relazione alla guerra di Putin contro l’Ucraina.
La guerra ha costretto la Svizzera a chiudere la sua ambasciata. Allo stesso tempo, né il personale dell’ambasciata né i cittadini elvetici e le cittadine elvetiche che volevano lasciare il Paese hanno potuto essere rimpatriati in aereo. L’UE ha organizzato un treno speciale. Secondo Matyassy, 18 persone di cittadinanza svizzera erano interessate a questa partenza organizzata, ma solo quattro sono arrivate alla stazione. “Il problema principale è che le persone si recano in stazione dal loro luogo di residenza”, ha detto Matyassy.
Il diplomatico ha aggiunto che un altro di questi treni sarà organizzato per la settimana in corso: “Sappiamo di uno o due casi, molto difficili al momento, di persone che vorrebbero partire ma non possono farlo con i loro mezzi”.
Ha anche informato che la Svizzera aprirà presto un ufficio operativo nella capitale moldava Chișinău in sostituzione di Kiev. A questo scopo, si doterebbe un ufficio di cooperazione esistente di personale diplomatico.
Più responsabilità personale richiesta
Inoltre, Matyassy ha annunciato che il suo dipartimento condurrà una campagna informativa quest’anno sotto il titolo “Invecchiare all’estero”. L’attenzione è sulla responsabilità personale. La pandemia ha apparentemente mostrato al DFAE che molti cittadini stranieri e molte cittadine straniere avevano aspettative sul loro Paese di origine che non potevano essere soddisfatte.
“Abbiamo visto che la questione della responsabilità personale è molto complessa, e che spesso viene ignorata nella crisi”, ha detto il diplomatico. “Ecco perché abbiamo deciso di lanciare questa campagna d’informazione. Sono consapevole che è un tema delicato, ma ce ne stiamo occupando”.
Diritti politici: partecipazione alle votazioni
Il fatto che gli svizzeri e le svizzere all’estero spesso non possano partecipare a votazioni ed elezioni perché il percorso postale per il materiale di voto richiede troppo tempo è una questione perennemente all’ordine del giorno dell’organizzazione. Dal momento che i tentativi di voto elettronico sono scomparsi dall’orizzonte immediato per ragioni di sicurezza e di costi, si è anche discusso su come ottimizzare la pratica di invio in vigore.
E qui qualcosa sta accadendo: nella sessione primaverile dell’Assemblea federale, il consigliere nazionale del Partito liberale radicale (PLR, centro-destra) Laurent Wehrli ha proposto che almeno l’invio dei documenti di voto possa avvenire per e-mail. La sua interpellanza non ha avuto alcun successo diretto. Il Consiglio federale ha risposto che “la consegna elettronica di documenti di voto stampabili cela un notevole potenziale di manipolazione e abuso”.
Ma Wehrli siede anche nel consiglio dell’OSE- e qui la regola è: la goccia scava la pietra. Nella sua risposta, il governo nazionale ha promesso che “prenderà in esame in maniera ampia e aperta i modi per migliorare la consegna dei documenti di voto e la votazione all’estero” prima della fine dell’anno. In termini concreti, questo significa tentare di far arrivare più rapidamente il materiale di voto nelle cassette postali di tutto il mondo tramite corriere diplomatico. Una prima prova è già stata avviata ed è ora in fase di valutazione; una seconda è prevista.
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Cercare soluzioni con i Cantoni
L’Organizzazione degli svizzeri all’estero spera inoltre che la sua partecipazione alla Conferenza dei cancellieri di Stato possa smuovere la situazione. Dopo tutto, sono i Cantoni che gestiscono la spedizione dei documenti. “Tutto dipende dai Cantoni, noi cerchiamo di affrontare il problema alla fonte”, ha detto il presidente dell’OSE Filippo Lombardi. E la direttrice Ariane Rustichelli ha elaborato la questione: “L’OSE vuole proporre un gruppo di lavoro alla Conferenza dei cancellieri di Stato per trovare dei modi per rendere più efficiente la consegna dei documenti.”
Al centro c’è una proposta su cui SWI swissinfo.ch ha lanciato una discussione la scorsa primavera: i documenti di voto potrebbero essere inviati prima se i termini legali fossero estesi o almeno sistematicamente eliminati.
Certificati di vita: Caso risolto
Ci sono anche questioni che sono state definitivamente risolte in questa sessione. Una di queste è il problema dei certificati di vita, necessari per evitare che le casse di compensazione svizzere continuino a trasferire le pensioni alle persone dopo il loro decesso. Per i pensionati svizzeri e le pensionate svizzere all’estero, ottenere tale certificato di vita era spesso complicato e richiedeva un viaggio al consolato. Ora, un’iscrizione nel registro degli svizzeri e delle svizzere all’estero è una prova sufficiente.
Ulteriore lotta contro l’antisemitismo
Anche l’iniziativa dell’OSE di istituire un memoriale dell’Olocausto in Svizzera è stata portata a termine con successo. Questo progetto è stato approvato dal Consiglio nazionale e dal Consiglio degli Stati nell’attuale sessione primaverile, assieme alle relative mozioni. Ora spetta al governo federale concretizzarlo.
Tuttavia, la lotta contro l’antisemitismo, che l’OSE porta avanti da molto tempo, continua. Alla fine della sua riunione, l’organizzazione è intervenuta in un dibattito politico in corso con una votazione. Con il 69% a favore, ha approvato una mozione che dice: “Vorremmo chiedere al Consiglio federale e al Parlamento di rendere l’uso pubblico di simboli nazisti un reato punibile”.
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