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La Confederazione rinuncia ad un vero piano di rilancio

Keystone

Il governo svizzero ha annunciato una serie di misure destinate a stabilizzare l'economia, minacciata di recessione. Le autorità non intendono invece varare un vero e proprio piano di rilancio economico, ritenendo che i suoi effetti sarebbero piuttosto scarsi.

Più le ricadute della crisi finanziaria sull’economia diventano concrete e più si rafforzano le voci che chiedono un piano di rilancio da parte della Confederazione per far fronte al calo della crescita e alle minacce di recessione.

La manovra, sostenuta ad ogni crisi anche da vari economisti, è relativamente semplice: per stimolare gli investimenti e i consumi, lo Stato deve ridurre le tasse e iniettare miliardi nell’economia, destinati a favorire le spese. L’aumento del debito pubblico può essere compensato in tempi di alta congiuntura.

Alcuni dei principali paesi industrializzati, tra cui gli Stati uniti e la Cina, hanno già varato dei piani di rilancio dell’economia, che faranno lievitare il disavanzo pubblico. In Germania, il governo ha approvato un pacchetto di prestiti in favore delle aziende e una riduzione delle tasse sulle vendite di automobili nuove. L’Unione europea non ha voluto invece imporre un piano comune.

Solo misure settoriali

In Svizzera, il Dipartimento federale dell’economia ha proposto questa settimana un pacchetto di misure settoriali. La ministra responsabile, Doris Leuthard, respinge invece un vero e proprio piano di rilancio che “apporterebbe ben poco all’economia e farebbe soltanto appesantire il fardello del debito pubblico”.

Mercoledì, la consigliera federale e il ministro delle finanze Hans-Rudolf Merz hanno presentato le loro ricette, che prevedono misure di stabilizzazione dell’economia per un massimo di 1,5 miliardi di franchi. Un importo che corrisponde al margine di manovra previsto nel budget 2009: ciò significa che le casse federali non dovrebbe indebitarsi ulteriormente.

La Confederazione rinuncerà a bloccare alcuni crediti e anticiperà più che spese già previste, come le uscite per il rinnovo energetico degli immobili pubblici o gli interventi di protezione contro le inondazioni e i pericoli naturali.

Fondi supplementari saranno inoltre liberati per lo sviluppo delle infrastrutture ferroviarie e delle strade nazionali. L’introduzione di sgravi fiscali per le famiglie con figli saranno accelerati. E, per finire, saranno sbloccate le riserve costituite dalle aziende per i periodi di crisi.

Effetti limitati

“Si tratta di misure puntuali, piuttosto che di un piano di rilancio che peserebbe sul debito della Confederazione”, costata Sergio Rossi, docente di economia presso l’Università di Friburgo. “Questo intervento mira soprattutto a far leva sulla psicologia degli ambienti economici, dimostrando che lo Stato sta facendo qualcosa”. Secondo l’esperto, l’economia svizzera “non dovrebbe soffrire come quella europea della crisi finanziaria mondiale e delle sue ricadute sulle attività di produzione”.

Anche a detta di Délia Nilles, docente presso la Suola di alti studi commerciali dell’Università di Losanna, “non è il caso di lascarsi prendere dal panico. Con la globalizzazione non dovrebbero più ripetersi le grandi recessioni del passato. Durante la prima crisi del petrolio, all’inizio degli anni’70, la Svizzera aveva registrato una crescita negativa del Prodotto interno lordo (Pil) del 6%. Oggi si prevede invece un –0,5% o –0,6%!”.

Nel clima d’insicurezza attuale, un piano di rilancio dell’economia non avrebbe grandi effetti, ritiene Délia Nilles. Una diminuzione delle imposte, ad esempio, rischierebbe di accrescere più i risparmi che i consumi. “Diversi studi l’hanno dimostrato: neppure un piano di rilancio volto a promuovere le grandi infrastrutture ha un effetto che supera un anno. Gli sforzi si dissolvono rapidamente negli scambi economici con l’estero”.

L’esperta ricorda infatti che, per ogni franco speso in Svizzera, 60 centesimi se ne vanno all’estero. Solo un piano su scala europea potrebbe quindi dare dei frutti. Ma la cosa è tuttora alquanto ipotetica.

Troppo costoso

Per l’economista, un piano di rilancio si rivelerebbe inoltre troppo costoso. “Affinché un piano simile possa avere successo, sono necessarie spese enormi. In Giappone, ad esempio, lo Stato ha varato un piano corrispondente al 5% del Pil. Da noi, la Confederazione non dispone di questi mezzi”.

Questo fatto è dovuto non da ultimo al federalismo fiscale che caratterizza la Svizzera. “La maggior parte del gettito fiscale finisce nelle casse dei comuni e dei cantoni. A differenza di paesi come la Cina, in Svizzera lo Stato non può imporre a comuni e cantoni di contribuire finanziariamente ad un piano di rilancio”, spiega Sergio Rossi.

L’esperto fa notare anche il rischio di arrivare troppo tardi. “Quando i fondi sbloccati giungeranno a destinazione, la crisi sarà probabilmente già superata. In un contesto, come questo, di bassa congiuntura sono più efficaci delle misure puntuali che permettono di risanare gli immobili pubblici, di migliorare l’efficienza energetica e di promuovere uno sviluppo durevole”.

swissinfo, Pierre-François Besson
(traduzione Armando Mombelli)

Il governo intende impiegare fino a 1,5 miliardi di franchi nel 2009 per aiutare l’economia ad assorbire i contraccolpi della crisi dei mercati finanziari.

Circa 340 milioni dovrebbero essere stanziati entro la fine di gennaio, mentre la parte rimanente nel corso dell’anno prossimo.

In una prima fase il governo chiederà al parlamento di anticipare o rivedere al rialzo determinate uscite già decise: l’abrogazione del blocco dei crediti (205 milioni), uscite per la protezione contro le inondazioni e i pericoli naturali (66 milioni), per il rinnovo energetico delle abitazioni di utilità pubblica (45 milioni), per le costruzioni civili (20 milioni) e per la promozione degli investimenti (5 milioni).

In una seconda fase – che verrà attuata soltanto se entro la fine del primo trimestre 2009 la situazione economica dovesse peggiorare – verrebbe poi sfruttato il restante margine di manovra finanziario. In primo piano vi sono investimenti per il risanamento energetico di vecchi edifici, per la manutenzione delle strade nazionali e dell’infrastruttura ferroviaria

Il Consiglio federale intende inoltre sbloccare, per il primo gennaio 2009, riserve di crisi costituite negli anni scorsi dalle aziende. Questo permetterà di restituire 550 milioni di franchi a circa 650 imprese.

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