La Francia imita gli Stati Uniti per punire UBS
L’indagine aperta in Francia nei confronti di UBS, sospettata di aver favorito l’evasione fiscale, e la cauzione inflitta alla banca sono per certi versi inquietanti secondo la stampa svizzera. Rivelano che le pratiche americane sono oramai state importate in Europa e che a farne le spese potrebbe essere l’intera piazza elvetica.
«Ancora una volta, UBS è stata ripresa dal suo passato. Ora ad accusare è la Francia», scrive la Neue Luzerner Zeitung. Parigi, avverte il quotidiano svizzero tedesco, non è interessata a raggiungere velocemente un’intesa. Intende invece lottare contro l’evasione fiscale «con il pugno di ferro». Una accordo era vicino, ma ora «il processo è sicuro», scrive Le Temps.
Mercoledì, la procura finanziaria di Parigi ha messo la banca svizzera sotto inchiesta (“mise en examen”) per riciclaggio aggravato del provento di frode fiscale nella vicenda del reclutamento illecito di ricchi clienti. Tra il 2004 e il 2012, agenti commerciali di UBS avrebbero tentato di convincere i clienti francesi più facoltosi ad aprire conti segreti in Svizzera. La banca è inoltre accusata di aver creato una doppia contabilità per nascondere le transazioni.
UBS, che in passato ha collaborato con le autorità francesi, respinge ogni accusa. «Nel corso degli ultimi anni abbiamo fatto di tutto per risolvere la questione», indica la banca in un comunicato. «Consideriamo sia il fondamento giuridico della somma della cauzione, sia il metodo per calcolarla, come seriamente errati e faremo appello».
Sulla stampa svizzera, a far discutere è soprattutto l’ammontare della cauzione inflitta a UBS, passato dai circa 2,9 milioni di euro iniziali a 1,1 miliardi (oltre 1,3 miliardi di franchi). Il nuovo importo, da versare entro il 30 settembre, corrisponde al 42,6% dell’ultimo anno di utili dopo imposte e al 2,8% dei fondi propri di UBS. «Ora vengono chiesti enormi pagamenti anticipati già prima del processo», osserva il Blick, sottolineando che quella di appioppare multe mirabolanti alle banche «è ormai diventata una moda».
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La cupidigia di Parigi e Washington
Quella che una volta era orgogliosamente una “Grande Nation” deve proprio avere il conto in rosso, prosegue il Blick, secondo cui i socialisti francesi «hanno scoperto una nuova fonte finanziaria. Questa sgorga in Svizzera. Dall’UBS». Una multa salata «è una manna benvenuta per delle casse statali quasi a secco», scrive anche la Neue Luzerner Zeitung.
Da parte sua, la Neue Zürcher Zeitung rammenta che l’opinione secondo cui la Svizzera deve il suo benessere, la sua prosperità e la sua stabilità esclusivamente all’afflusso di capitali nascosti, «è spaventosamente ancora ben diffusa in Francia».
Per diversi quotidiani elvetici, l’indagine aperta in Francia ha radici lontane, dall’altra parte dell’oceano. «La Francia importa in Europa delle pratiche americane», sostiene Le Temps. Secondo il giornale romando, la multa di 8,9 miliardi di dollari inflitta recentemente a BNP Paribas e i 2,5 miliardi pagati dal Credit Suisse negli Stati Uniti «hanno sicuramente svolto un ruolo. Come spiegare altrimenti il montante inedito richiesto dalla procura parigina?».
Dopo la multa inflitta dagli Stati Uniti alla grande banca francese BNP Paribas, Parigi si scaglia ora contro UBS «con la stessa cupidigia», concorda la Neue Luzerner Zeitung. Indagini simili, avverte, potrebbero coinvolgere altre banche svizzere in Francia.
C’è un rischio «per tutta l’intera piazza finanziaria, la quale sta tentando di voltare la pagina dei soldi non dichiarati», osserva Le Temps, per il quale la vicenda «sta prendendo una brutta piega». Il processo, ritiene l’editorialista, farà una cattiva pubblicità, non solo alla banca, ma a tutta la piazza finanziaria. «Una situazione che indebolirà la Svizzera nelle trattative in seno a istituzioni chiave per la governanza economica sociale, come ad esempio l’OCSE».
Cercare soluzioni politiche
L’avvocato fiscalista Philippe Kenel, contattato dall’Agenzia telegrafica svizzera, teme che altre banche elvetiche potrebbero finire nel mirino degli inquirenti francesi, come anche di altri paesi europei.
Kenel ritiene che almeno fino al 2000, tutte le banche svizzere abbiano adescato ricchi francesi facendo ricorso ad agenti commerciali per convincerli ad aprire conti in Svizzera. L’avvocato è dell’avviso che la Confederazione debba cercare soluzioni politiche con i paesi vicini. Se non si troveranno e se le procedure penali si moltiplicheranno, avverte, le banche svizzere «andranno verso il fallimento».
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