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Studi sui metalli tossici aumentano la frustrazione attorno a una miniera svizzera in Perù

sguardo sulla miniera attraverso una rete metallica
Gli abitanti dei villaggi dicono che la miniera Tintaya-Antapaccay ha fatto morire o abortire gli animali delle loro mandrie e ha fatto ammalare gravemente le persone. Paula Dupraz

In seguito alla pubblicazione di vari rapporti, le comunità remote che vivono nei pressi di un complesso minerario nelle Ande peruviane sono sempre più inquiete per gli effetti dei metalli pesanti sulla salute. Per Glencore, proprietaria della miniera, si tratta di un fenomeno naturale di mineralizzazione.

A più di 1’000 chilometri dalla capitale del Perù, e a mezzo mondo di distanza dal quartier generale di Glencore a Zugo, in Svizzera, gli abitanti di una delle regioni più povere del Paese andino che vivono nei pressi di un enorme complesso minerario di sua proprietà, sono ancora alle prese con gli effetti della pandemia di Covid-19.

Dopo che il governo ha imposto uno dei lockdown più rigidi del mondo, ordinando la chiusura delle aziende e la sospensione dei trasporti interregionali per periodi prolungati, molti abitanti della regione di Espinar sono sprofondati ancora di più nella povertà, avendo perso il lavoro nel settore informale. Nel maggio 2020, dopo che è stato registrato il primo caso di coronavirus nel distretto montagnoso nel sud-est del Perù, i servizi medici sono stati rapidamente sopraffatti. Una situazione peggiorata ulteriormente all’inizio del 2021 con la nuova ondata pandemica.

La mancanza di acqua potabile pulita, che secondo i residenti del distretto di Espinar è legata alla miniera, ha esacerbato gli effetti collaterali del lockdown. Quando sono ripresi i viaggi su corte distanze, solo la gente del posto con parenti in grado di recarsi nei villaggi ha potuto ottenere dell’acqua in bottiglia. Tutti gli altri hanno dovuto accontentarsi dell’acqua che trovavano sul posto.

“Mia sorella ha portato l’acqua [in bottiglia], perché non si può bere l’acqua che abbiamo qui”, ha detto a SWI swissinfo.ch Yenny Kana Magaño nel mese di giugno. La donna faceva riferimento a Huisa, una piccola comunità vicino alla miniera, dove è tornata presso la sua famiglia dopo aver perso il suo lavoro come bracciante in una provincia vicina nel 2020. Ha raccontato che la famiglia utilizzava l’acqua di un pozzo. “Ma l’acqua è praticamente scomparsa. Prima era cristallina, ora è oleosa e piena di sedimenti”.

Le relazioni tra la comunità e l’attività mineraria di Glencore erano già tese prima della pandemia, come evidenziato in un reportageCollegamento esterno del 2019 che SWI swissinfo.ch aveva realizzato a Espinar. Mentre il gigante minerario con sede in Svizzera pianificava di investire 1,47 miliardi di dollari (1,35 miliardi di franchi) per ampliare la sua miniera di Tintaya-Antapaccay, gli abitanti dei villaggi indigeni si lamentavano delle ripercissioni drammatiche sulle loro vite delle operazioni di estrazione. A causa della mancanza di acqua pulita e della contaminazione da metalli tossici, hanno detto i residenti, gli animali delle loro mandrie sono morti o hanno abortito e la gente si è ammalata gravemente.

“La polvere è costante”, afferma Kana Magaño durante una chiamata via WhatsApp. “Insudicia l’acqua, il fiume e mi entra negli occhi. A volte chiamiamo il direttore della miniera. Prima mia madre non diceva nulla. Ma ora non più”.

Il complesso, situato a circa 4’100 metri sul livello del mare, estrae soprattutto rame, ma anche argento e oro. La parte più vecchia della miniera, Tintaya, che è stata in gran parte abbandonata e si trova in prossimità di uno dei quattro bacini idrici all’interno del complesso, è uno dei siti in cui vengono scaricati gli scarti del materiale di scavo. Altri rifiuti sono stati sparsi nella vasta proprietà recintata, sorvegliata dalle forze di sicurezza pagate dall’azienda.

Nel video seguente la testimonianza di Kana Magaño:

Arsenico e metalli nell’acqua

In maggio, Amnesty International ha pubblicato uno studioCollegamento esterno secondo cui i livelli di metalli e sostanze tossiche rilevati nei partecipanti al test di 11 comunità e nei campioni d’acqua prelevati vicino alle miniere rappresentavano un rischio per la salute della popolazione della zona. L’indagine, condotta tra il 2019 e l’aprile di quest’anno, ha riscontrato livelli elevati di metalli e sostanze tossiche, tra cui arsenico, manganese, cadmio, piombo e mercurio in campioni di sangue e urina del 78% delle persone che hanno partecipato volontariamente al test.

I dati scientificiCollegamento esterno confermano che l’esposizione alle sostanze tossiche può causare vari disturbi, da mal di testa e nausea a gravi danni agli organi, tra cui malattie renali, danni ai polmoni e al cervello e persino la morte. I metalli sono inoltre dannosi per gli animali.

“Questo è un primo livello di prova [scientifica], un primo passo”, afferma il responsabile della ricerca Fernando Serrano. I metalli tossici possono penetrare nel corpo attraverso la respirazione di aria contaminata, il consumo di acqua e cibo contaminati o il contatto con polvere contaminata, secondo Serrano, professore dell’Università di St Louis nel Missouri, negli Stati Uniti. È però necessario un monitoraggio rigoroso e regolare dell’acqua e dell’ambiente per definire con precisione la fonte della contaminazione a Espinar, puntualizza.

A differenza degli studi precedenti, realizzati in risposta alle preoccupazioni degli abitanti, quella di Amnesty in collaborazione con il gruppo regionale per i diritti civili Derechos Humanos Sin Fronteras (Diritti umani senza frontiere) è stata la prima indagine indipendente ad aver coinvolto i residenti di tutta la regione colpita e ad essere stata fatta secondo gli attuali standard di riferimento.

In precedenza, Glencore aveva affermato che le tracce di metalli nell’acqua e negli animali erano una conseguenza normale di un ambiente ricco di minerali. L’azienda non ha risposto direttamente alle domande sull’ultimo rapporto pubblicato da Amnesty che collega l’attività mineraria ai residui tossici nelle riserve idriche.

“L’area di influenza delle operazioni di Antapaccay comprende i fiumi Cañipia e Salado. In entrambi i fiumi scorre acqua mineralizzata a causa della presenza naturale di minerali nel suolo. Questo è stato precedentemente confermato dalle autorità peruviane, tra cui l’Autorità nazionale delle risorse idriche”, scrive Glencore in una e-mail inviata a SWI swissinfo.ch.

Nello stesso periodo in cui è stata pubblicata l’inchiesta di Amnesty, un altro studio condotto dal Ministero della sanità che aveva analizzato l’acqua in 13 comunità vicino alla miniera è giunto a conclusioni simili a quelle dell’ong, rilevando la presenza di arsenico e di altri metalli. Solo in una delle 43 località attorno alla miniera in cui sono stati prelevati dei campioni è stata trovata dell’acqua adatta al consumo umano.

Esposizione tossica

Nel 2020, il Ministero della sanità ha rilasciato un’importante dichiarazione secondo cui circa 10 milioni di peruviani erano a rischio di esposizione a metalli pesanti e ad altre sostanze tossiche. Tra questi, 6 milioni erano esposti ad arsenico e ad altri semimetalli. L’ex piattaforma nota come ‘Strategia sanitaria nazionale per la presa a carico della contaminazione da metalli pesanti e altre sostanze chimiche’ ha identificato Espinar come una zona dove la popolazione corre il rischio di essere esposta a sostanze tossiche.

Altri sviluppi

Una decisione del dicembre scorso della Corte Suprema di Cuzco ha ordinato al Ministero della sanità di elaborate e attuare la strategia di salute pubblica richiesta un anno prima da un tribunale di Espinar, per affrontare la questione della contaminazione da metalli pesanti, entro un termine di 90 giorni.

Il rapporto di Amnesty ha accusato il governo peruviano di aver tardato nell’adempiere al suo obbligo di garantire il diritto alla salute alle comunità indigene nei pressi della miniera di Antapaccay. Ha inoltre raccomandato l’attuazione di una strategia olistica di salute pubblica e ambientale per far fronte alla contaminazione e all’esposizione a sostanze tossiche, e garantire alle comunità indigene l’accesso ad acqua e a servizi igienici sicuri.

Fernando Serrano, tuttavia, deplora che il Perù non ha la capacità di elaborare e attuare un programma sanitario specifico per i metalli tossici. “Nel complesso, il sistema sanitario è così mal messo – come è risultato evidente con la pandemia – e in particolare per quanto riguarda questo problema, che dovremmo smuovere mari e monti”.

Durante le analisi del sangue e delle urine per testare la presenza di metalli pesanti nelle persone, Serrano si è detto sorpreso dalle grosse discrepanze tra i valori di riferimento riportati nei regolamenti peruviani e agli standard internazionali. “Come facciamo a sapere se (i livelli nel sangue e nell’urina) sono alti o bassi, se si è protetti o in pericolo?”.

La mancanza di consapevolezza da parte dei funzionari pubblici sul rischio di una maggiore esposizione ai metalli irrita Nubia Blanco Pillco, l’ex direttrice dell’ospedale di Espinar. “In altri Paesi, se venissero misurate tali percentuali [di metalli tossici nel sangue] la società mineraria starebbe infrangendo la legge e verrebbe punita”.

I funzionari del ministero della salute e le autorità sanitarie regionali non hanno risposto alle richieste di fornire un commento.

Indennizzi

Un altro studio del Ministero dell’ambiente sui campioni di acqua e suolo raccolti nelle aree intorno alla miniera, al fine di determinare l’origine della contaminazione, è iniziato nel mese di marzo. Il ministero non ha risposto a diverse e-mail e messaggi WhatsApp per discutere della sua indagine e di altri studi recenti. In passato, i funzionari del ministero, così come quelli delle amministrazioni della sanità pubblica e dell’agricoltura hanno fornito argomenti simili a quelli della compagnia mineraria, ovvero che la contaminazione è “naturale”.

I risultati dello studio del Ministero dell’ambiente dovrebbero costituire la base per un piano di indennizzi, come richiesto dal tribunale di Cusco, a favore delle comunità colpite dall’inquinamento da metalli tossici.

Serrano, responsabile dello studio di Amnesty, aveva in passato indagato sulla contaminazione tossica a Cerro de Pasco, un’altra città mineraria peruviana definita uno dei luoghi più inquinati del mondo. L’attività mineraria è ora parzialmente gestita da Glencore, dopo essere stata portata avanti da varie entità nel corso della sua storia ultracentenaria. Serrano crede che le discussioni sui risarcimenti possano contribuire a una svolta.

“L’idea degli indennizzi è nuova e ora disponiamo di un quadro legale in seguito alla decisione di Cuzco. Considerando il tutto, c’è la speranza che quando le comunità insistono, sono possibili dei cambiamenti. E questo è davvero positivo”.

Tuttavia, gli abitanti della regione di Espinar sono sempre più impazienti e vorrebbero poter vivere una vita più sana.

“(Glencore) dovrebbe venire qui a vedere con i propri occhi”, dice Kana Magaño parlando dalla rete di recinzione del complesso minerario, a pochi metri dalla casa della sua famiglia. “Vedo come si fa pubblicità nel Paese, dicendo che contribuisce allo sviluppo. Ma penso che dovremmo perlomeno avere dell’acqua potabile. Se tutti avessero l’acqua, la gente come me non dovrebbe andarsene”.

Glencore indica in una risposta via e-mail che: “Antapaccay incoraggia gli sforzi per migliorare l’accesso all’acqua per le comunità rurali e urbane di Espinar, sostenendo iniziative che affrontano i problemi di quantità e qualità dell’acqua”.

L’azienda aggiunge di aver investito in un sistema di irrigazione per la produzione agricola e nell’infrastruttura idraulica per raccogliere l’acqua piovana. “Si prevede che ne beneficeranno gli agricoltori e gli allevatori di dieci diverse comunità”, sostiene Glencore.

Traduzione dall’inglese: Luigi Jorio

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