Opinioni a confronto sull’agricoltura di domani
L'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) vuole trasformare i sistemi alimentari globali. Il dibattito si concentra sulla questione centrale: come sconfiggere la fame nel mondo?
Oltre il 30 per cento del cibo prodotto viene gettato via, mentre il 10 per cento della popolazione mondiale soffre la fame. Evidentemente c’è qualcosa che non quadra. In un summit, l’ONU vuole scoprire cosa bisogna cambiare affinché più nessuno vada a letto con la pancia vuota.
Se vogliamo sfamare una crescente popolazione mondiale confrontata con le sfide del cambiamento climatico, secondo l’ONU è necessario ripensare gli attuali sistemi di produzione alimentare. Per questo motivo, il 23 settembre 2021 le Nazioni Unite organizzano un summit a New York. SWI swissinfo.ch dedica una serie di articoli al tema.
Non è solo colpa delle guerre, delle catastrofi naturali o del malgoverno se in Asia, Africa e America latina si soffre la fame. Stando all’organizzazione non governativa tedesca WelthungerhilfeCollegamento esterno, le ingiustizie globali, come gli accordi commerciali ingiusti o le sovvenzioni a favore della produzione agricola in Occidente, concorrono a loro volta a far perdurare la fame e la malnutrizione nel mondo. Anche la Svizzera, con il suo sistema di sussidi all’agricoltura e le intese di libero scambio, è parte in causa.
“Il sistema alimentare attuale è la causa di una serie di problemi”, dice Yvan Schulz della Fondazione svizzera per la cooperazione allo sviluppo Swissaid. Le famiglie di piccoli agricoltori dipendono dalle multinazionali che vendono le sementi e buona parte dei terreni viene coltivata per la produzione di derrate alimentari destinate all’esportazione. In questo modo, la popolazione non ha la possibilità di produrre cibo a sufficienza per sfamarsi. Le grandi aziende esportano i prodotti agrari in Paesi dove questi finiscono nella spazzatura. Ma il problema non si limita a questo.
La fame colpirà un numero sempre maggiore di persone. A causa del cambiamento climatico, i raccolti saranno sempre più scarsi. Allo stesso tempo la popolazione cresce rapidamente nel Sud del mondo. Ciò significa che sempre più persone dovranno dividersi un piatto già ora molto misero.
La questione centrale non è se, ma come
In linea di principio, la Svizzera è favorevole a una trasformazione dei sistemi di produzione alimentare. “Tutti gli attori sono concordi sul fatto che è necessario cambiare il sistema, non solo da un punto di vista economico, bensì anche sociale ed ecologico”, ci spiega Pierre-Alain Eltschinger, portavoce della Confederazione.
È sul come che non si è ancora trovata un’intesa tra ONG, governi e i rappresentanti del settore agroalimentare. Alcuni sostengono che bisogna puntare sull’agroecologia e sul rafforzamento delle famiglie di piccoli agricoltori, gli altri sono convinti che la soluzione vada ricercata nelle partnership tra pubblico e privato o nella rivoluzione verde promossa dall’ingegneria genetica.
Di altro avviso sono le ONG come Swissaid, Public Eye e Pane per tutti. Il problema della fame nel mondo non è la produzione di cibo, bensì sono le disuguaglianze. Le famiglie di piccoli contadini nel Sud del mondo devono essere sostenute affinché coltivino i loro campi secondo principi agroecologici, ossia in maniera ecologica e sociale. Swissaid chiede che le derrate alimentari prodotte secondo questo sistema vengano sovvenzionate in maniera mirata e siano trattate in modo preferenziale all’interno dell’OMC.
Patrick Dümmler del laboratorio di idee Avenir Suisse è piuttosto scettico rispetto all’idea di sostenere la coltivazione nel Sud del mondo. “L’isolazionismo e il protezionismo favoriscono l’aumento dei prezzi dei prodotti all’interno degli Stati, una conseguenza che avrebbe conseguenze negative sulla lotta alla povertà”, sostiene l’esperto. Una strategia di cui nemmeno le contadine e i contadini locali approfitterebbero. La Svizzera sa bene in quale vicolo cieco porterebbe un approccio simile. “I margini di profitto dell’isolazionismo finiscono nelle tasche di chi sta all’inizio e alla fine della catena dell’approvvigionamento e non in quelle delle famiglie di contadini”, dice Dümmler, secondo cui la fame e la povertà possono essere sconfitte con un sistema commerciale internazionale possibilmente privo di barriere.
L’esperto di Avenir Suisse crede inoltre nell’ingegneria genetica. Quest’ultima permetterebbe di ridurre l’impiego di pesticidi oppure la produzione di piante che necessitano di meno acqua per crescere. Sarebbe altrettanto importante ridurre le perdite dopo il raccolto a causa di uno stoccaggio non corretto. “Il sapere dei partner commerciali, ad esempio delle multinazionali, potrebbe contribuire a risolvere il problema”.
La voce dei Paesi del Sud
In vista del vertice dell’ONU, la Svizzera ha sondato il terreno tra gli attori del settore di Africa, Asia e America latina. Ad esempio, questi si augurano una maggiore trasparenza per quanto riguarda l’accaparramento delle terre e la politica fiscale, trasparenza che favorirebbe la produzione sostenibile.
Inoltre, le consumatrici e i consumatori dovrebbero essere sensibilizzati sul valore delle derrate alimentari e su quali sono le conseguenze ecologiche e sociali della loro produzione. Il costo del cibo dovrebbe essere solidale affinché le contadine e i contadini ricevano un salario equo.
A Sud ci si augura un cambiamento delle regole del commercio globale volto a favorire le famiglie di piccoli contadini nei Paesi in via di sviluppo. Criticano inoltre gli attuali standard di certificazione internazionali perché penalizzano i prodotti locali. Per questo motivo propongono regole diverse per le derrate alimentari vendute al mercato locale e per quelle destinate all’esportazione.
Dal giro d’orizzonte sulle opinioni emergono alcuni elementi particolari. Da una parte le ONG criticano aspramente i partenariati pubblico-privato, mentre chi ha partecipato al dialogo tra attori del Sud e la Svizzera ha espresso opinioni positive al riguardo. Un altro aspetto interessante riguarda le sovvenzioni. Su questo tema i punti di vista divergono: c’è chi sostiene che portano a distorsioni del mercato e a prezzi non corretti, altri indicano invece che sono uno strumento lecito per promuovere l’agricoltura ecologica.
Stando a un recente rapporto stilato da varie organizzazioni delle Nazioni Unite, la maggior parte delle sovvenzioni nel settore agricolo promuovono la distorsione dei prezzi e sono dannose dal punto di vista ambientale e sociale.
Le tariffe doganali e le sovvenzioni penalizzano le famiglie di piccoli contadini rispetto alle multinazionali agrarie. Nella loro forma attuale, le sovvenzioni favoriscono la fame e nuocciono all’ambiente.
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