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Sogno milanese o incubo per le imprese svizzere?

L'Esposizione universale 2015 di Milano sarà fonte di opportunità o di delusioni per molte aziende svizzere? AFP

Pur avendo tutte le carte in regola per competere negli appalti dei lavori dell’Esposizione universale 2015 di Milano, le aziende svizzere sono molto preoccupate. Temono di essere messe fuori gioco dalla burocrazia italiana. In loro soccorso arriva una guida.

Paolo Binda è proprietario dell’omonima falegnameria con sede a Taverne, in Ticino, che da decenni produce serramenti e arredamenti. L’imprenditore vorrebbe offrire i suoi prodotti anche nell’ambito dei lavori di costruzione di Expo 2015, l’esposizione universale di Milano che comincia tra poco più di 400 giorni. Una grande vetrina mondiale che potrebbe diventare un’importante opportunità di crescita anche per la sua azienda.

Ma, ha raccontato ai microfoni della Radiotelevisione Svizzera RSI, “davanti alle lunghe procedure richieste, tutte le piccole aziende si fermeranno e rimarranno solo quelle più grandi che hanno le risorse e i mezzi per bypassare la burocrazia”. L’imprenditore ticinese ha aggiunto che, “per partecipare ad Expo, oltre alle procedure svizzere ci si deve iscrivere ad un apposito registro della Regione Lombardia e poi sperare di essere invitati”.

Le opportunità esistono

Lo sfogo di Paolo Binda raccoglie un malcontento abbastanza diffuso, soprattutto tra gli imprenditori ticinesi. È attenuato da Philippe Praz, direttore di Swiss Business hub di Milano, che è un’agenzia dell’OSEC Switzerland Global Enterprise, l’organizzazione che riunisce i mandati di prestazioni per la promozione delle esportazioni, delle importazioni e della piazza economica elvetica in generale.

“Le opportunità per le nostre imprese ci sono in primo luogo nella costruzione del padiglione svizzero, Confooderatio Helvetica. Tra qualche settimana dopo la preselezione del maggio scorso che ha portato all’individuazione di quattro imprese (due svizzere – la Nussli Schweiz AG di Huttwilen e la Implenia Svizzera di Breganzona – e due italiane – la Società Italiana per condotte d’acqua Spa di Roma e la Bodino Engineering di Torino –), sceglieremo il General Contractor definitivo. Un partner con esperienza in attività simili che poi subappalterà tutti i lavori e sceglierà lui stesso i fornitori. Le aziende potranno proporgli i propri servizi. Lo sappiamo, non è facile poiché il General Contractor preferisce lavorare con chi già conosce. Ma io credo che, se un’impresa svizzera ha un prodotto o un servizio buono da offrire, possa entrare in quell’ambito”, aggiunge ancora Praz.

Analogo discorso per quanto riguarda la costruzione dei padiglioni (una sessantina) dei paesi i cui lavori sono eseguiti sotto la direzione di un commissario nominato che si rapporta direttamente ad una unica impresa che si occupa di tutto. “So, aggiunge Praz, che due o tre aziende della Confederazione, di cui però per rispetto della privacy non posso fornire i nomi, stanno stringendo accordi con alcuni paesi per offrirsi come General Contractor”.

Non arrendersi alla prima difficoltà

Ragionamento a parte meritano i bandi indetti direttamente dalla società Expo 2015, racconta a swissinfo.ch l’ingegner Angelo Paris, direttore di Construction Expo 2015. “Dall’inizio la nostra società ha applicato condizioni chiare e trasparenti per la partecipazione a bandi e gare e finora abbiamo assegnato lavori per circa 800 milioni di euro tra sito e vie d’acqua e circa 100 milioni di euro per la fornitura di beni e servizi, attraverso gare aperte ad aziende europee e pubblicizzate sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, sui quotidiani nazionali e sul nostro sito web”.

Tuttavia, tra le imprese che si sono aggiudicate i lavori, nessuna è svizzera. “Ma –afferma Paris – ci sono altre opportunità. Dopo aver chiuso le gare di assegnazione per la costruzione dei cosiddetti cluster (i nove padiglioni dedicati ad alcuni prodotti specifici come caffè, riso, spezie e aree con comuni caratteristiche geografiche e agricole) apriremo i bandi per quanto riguarda i settori della gestione dell’evento: beni e servizi nelle attività operative, come organizzazione di eventi e di promozione, campagne di comunicazione, servizi di vigilanza, servizi di gestione biglietterie, pulizie, allestimenti e servizi di accoglienza. Il mio consiglio è quello di monitorare il sito web di Expo e di leggere la Gazzetta Ufficiale italiana e quella dell’Unione Europea”.

Dopo la firma del Protocollo di legalità per il contrasto ai fenomeni di infiltrazione criminale negli appalti concernenti le opere essenziali, siglato tra la società Expo 2015 e la Prefettura di Milano nel 2012, dopo la creazione da parte del Comune di Milano di un comitato di esperti antimafia capitanato da Nando Dalla Chiesa, gli strumenti per combattere le infiltrazioni mafiose nei lavori di costruzione di Expo 2015 si arricchiscono di un nuovo piano d’azione.

Si chiama “Mafia free” ed è stato appena firmato da tutte le istituzioni coinvolte nell’organizzazione dell’evento (Regione Lombardia, Comune di Milano, Provincia di Milano e Società Expo) sotto la regia del Ministero degli Interni e della Prefettura di Milano. Un accordo che rappresenta un impegno comune per cooperare e condividere dati e informazioni utili contro la criminalità organizzata, soprattutto la ‘ndrangheta fortemente radicata a Milano e in Lombardia.

In vista di Expo, Milano si dota di 2500 agenti in più (appartenenti a Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza) che nei sei mesi della durata dell’esposizione vigileranno su città, sito espositivo e visitatori grazie ad un finanziamento di 126 milioni di euro. Prevista anche la costruzione di un commissariato di polizia adiacente il sito espositivo pattugliato ogni giorno da 400 agenti.

Strategia proattiva

A venire incontro alle imprese svizzere ci sono due strumenti realizzati nel 2013 e pubblicati dalla Piattaforma Milano-Ticino Expo 2015, consultabili e scaricabili dal sito.

Il primo intitolato “La partecipazione agli appalti pubblici in Italia” è una guida redatta da un avvocato italiano, Roberto Damonte, che aiuta gli operatori economici stabiliti in Svizzera a districarsi tra le norme italiane sugli appalti pubblici elencando i requisiti necessari, i tipi di gara, la documentazione necessaria, la normativa antimafia.

La seconda guida, intitolata “Aziende ticinesi sui cantieri di Expo, come fare?” riassume, partendo dall’analisi dell’avvocato Damonte, le modalità di partecipazione ai bandi. Ed ecco spiegato quali sono i documenti necessari (e dove posso essere reperiti) ad una impresa ticinese per poter partecipare ad un bando indetto dalla società Expo. Ma ecco anche spiegato quale tipo di documentazione produrre nell’ambito di appalti di lavori e in quelli in cui si richiedono forniture e servizi.

“Perché – dice Luigi Pedrazzini, delegato del Canton Ticino a Expo 2015 – bisogna avere fiducia e l’atteggiamento deve essere quello di tentare perché le nostre imprese offrono prestazioni di grande qualità. Il governo italiano sta facendo molto per garantire la trasparenza nei lavori. Noi siamo competitivi e per questo abbiamo fiducia nell’Expo: bisogna avere però la voglia di mettersi in gioco”.

L’Italia rappresenta una piazza economica certamente interessante. A penalizzarla ci sono però burocrazia, tassazione e corruzione. Secondo il Doing business 2014 stilato dalla Banca Mondiale che colloca l’Italia al 65° posto (su 189 paesi presi in esame) è più difficile fare impresa in Italia che in molti paesi dell’Africa.

La Banca Mondiale ha calcolato che la gestione amministrativa e fiscale a carico dell’imprenditoria italiana occupa mediamente 36 giorni lavorativi all’anno, ovvero il 76% in più rispetto alla media Europea ed il 46% in più rispetto ai paesi dell’OCSE. Il costo dello start-up di impresa, ovvero l’apertura di una nuova attività, si attesta in Italia al 18,6% del reddito pro-capite contro una media OCSE del 5,6%.

Ma a mettere a nudo i difetti dell’Italia c’è anche il Global Competitiveness Report 2013-2014 del World Economic Forum. Nella classifica, guidata dalla Svizzera, e stilata sulla base del Global Competitiveness Index – l’indice che misura la competitività di un paese secondo alcuni parametri principali tra cui la burocrazia – l’Italia è situata al 49esimo posto.

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