Berna soddisfatta del miliardo di coesione
Promuovere la sicurezza, il benessere e la democrazia nell’Unione europea allargata: sono gli obiettivi del cosiddetto “miliardo di coesione” fornito dalla Svizzera ai nuovi Stati membri. Al termine del programma di aiuto destinato ai dieci paesi entrati a far parte dell’Ue nel 2004, il bilancio della Confederazione è positivo.
«In linea di massima, gli obiettivi definiti originariamente non solo sono stati raggiunti, ma in alcuni progetti addirittura superati», ha affermato lunedìCollegamento esterno l’ambasciatore Raymund Furrer, capo del settore Cooperazione e sviluppo economici presso la Segreteria di Stato dell’economia (Seco).
A trarre beneficio dai finanziamenti è stata anche la Svizzera, hanno sottolineato la SECO e la Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC). Circa il 10% dei contributi concessi, infatti, è andato a imprese, associazioni e scuole universitarie elvetiche coinvolte nei programmi.
210 progetti
Il contributo svizzero all’allargamento dell’UeCollegamento esterno ha permesso di finanziare in dieci anni 210 progetti in dieci paesi: Estonia, Lituania, Lettonia, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Cipro, Malta, Slovenia e Ungheria. I beneficiari hanno dovuto anticipare loro stessi i fondi per realizzare i progetti. «In linea di massima, la Svizzera ha rimborsato l’85% del costo dei progetti dopo un’attenta valutazione», ha detto Furrer. Il restante 15% è stato finanziato dagli Stati partner. Soltanto in due casi la Svizzera non ha proceduto al rimborso in quanto erano state rilevate delle irregolarità.
La ripartizione del contributo elvetico ha tenuto conto della popolazione e del reddito pro capite dello Stato partner. Con quasi mezzo miliardo di franchi, la Polonia è il paese che ha ricevuto l’aiuto più cospicuo.
Ambiente, economia e sicurezza
Il 39% dei mezzi messi a disposizione dalla Confederazione è stato impiegato nel settore della protezione dell’ambiente, il 27% per sostenere la crescita economica e migliori condizioni di lavoro, il 16% per migliorare la sicurezza sociale, il 9% per incrementare la sicurezza e il 7% per promuovere partenariati tra istituzioni svizzere e locali.
Grazie ai progetti sostenuti in Estonia, Lituania, Polonia, Slovenia e Ungheria è stato ad esempio possibile ridurre le emissioni di gas serra di circa 100’000 tonnellate di CO2 all’anno investendo nell’efficienza energetica e nelle energie rinnovabili. In Polonia e Repubblica Ceca è invece stata ampliata la rete di mezzi pubblici, mentre in Lituania è stata migliorata l’infrastruttura ospedaliera, hanno spiegato DSC e SECO.
Sebbene il termine di attuazione del contributo svizzero sia scaduto lo scorso 14 giugno, ci vorranno ancora alcuni mesi prima di concludere i progetti dal punto di vista amministrativo, ha puntualizzato Hugo Bruggmann, responsabile del settore Contributo all’allargamento/coesione presso la SECO. Per la Romania e la Bulgaria la scadenza è per fine 2019, mentre l’aiuto per la Croazia proseguirà fino al 2024.
Non tutto è filato liscio
Ovviamente, in dieci anni non tutto è funzionato alla perfezione, ha riconosciuto l’ambasciatrice Elisabeth von Capeller, vicedirettrice della DSC. Dei ritardi negli Stati partner hanno in parte avuto ripercussioni negative sull’efficacia dei progetti. Inoltre, dalle valutazioni esterne condotte tra il 2015 e il 2016 è emersa la necessità di semplificare e ottimizzare le procedure.
Un “miliardo” da 1,3 miliardi
Il contributo all’allargamento dell’Ue è stato approvato in votazione popolare nel novembre 2006. L’anno seguente il parlamento ha votato un credito quadro di un miliardo di franchi a favore dei dieci paesi dell’Europa centrale e dell’Est entrati nell’Ue nel 2004. Nel 2009 ha stanziato un secondo credito di 257 milioni di franchi a favore di Bulgaria e Romania, entrate nell’Ue nel 2007. Altri 45 milioni di franchi a favore della Croazia sono stati votati nel 2014. Globalmente il contributo elvetico ammonta a 1,302 miliardi di franchi.
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