Che conseguenze avranno le nuove regole sulla compensazione delle emissioni per la Svizzera?
Dominati da profonde divisioni sui finanziamenti ai Paesi in via di sviluppo e sulle iniziative per contenere il riscaldamento globale, i negoziati sul clima della COP29 a Baku hanno però consentito di approvare agevolmente un modo – pur controverso – per ridurre le emissioni di CO2. La Svizzera, che fa grande affidamento sulla compensazione delle emissioni, ha accolto con favore il risultato ottenuto.
In seguito alla loro introduzione nell’Accordo di Parigi sul clima, le iniziative per compensare le attività inquinanti con progetti a emissioni zero sono aumentate a dismisura. Singole aziende e intere nazioni si sono impegnate a concludere accordi – spesso con Paesi in via di sviluppo – per compensare la loro impronta carbonica e azzerare le proprie emissioni.
Tra le nazioni che hanno adottato più volentieri questo approccio figura anche la Svizzera, che ad oggi ha già concluso una decina di accordi con altri Paesi, molto prima che la COP29 di Baku rendesse noti, sabato scorso, alcuni dei cavilli più tecnici.
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Che cosa sono i crediti di carbonio o compensazioni delle emissioni?
I crediti di carbonio sono certificati che rappresentano una certa quantità di emissioni evitate o rimosse dall’atmosfera. Un credito equivale a una tonnellata di CO2 non emessa o assorbita.
>> Guarda il video seguente per capire come funziona la compensazione del CO2 in due minuti:
Questi certificati possono essere acquistati e scambiati per aiutare Paesi o aziende a compensare le proprie emissioni e a raggiungere i propri obiettivi climatici. In sostanza, rappresentano uno strumento che consente a chi inquina di ridurre le emissioni altrove, almeno nella fase di transizione verso modalità operative più sostenibili.
I progetti di compensazione, pagati tramite i crediti, includono iniziative per la riforestazione, la conversione degli autobus a veicoli elettrici e l’adozione di pratiche agricole sostenibili, nonché la cattura e lo stoccaggio del CO2.
Cos’è l’Articolo 6 dell’Accordo di Parigi e perché ha ricevuto tante critiche?
A Parigi, nel 2015, i Paesi partecipanti hanno concordato che i crediti possono essere emessi in due modi. Secondo l’Articolo 6.2Collegamento esterno, i Paesi possono stipulare accordi bilaterali per compensare le loro emissioni altrove, includendole nei loro piani di azione per il clima. La Svizzera è stata tra i primi a sostenere questo modello e ha subito stipulato accordi con Paesi come Perù, Ghana, Thailandia e Cile.
L’Articolo 6.4 dell’Accordo consente ad aziende ed enti pubblici e privati di compensare e scambiare le proprie emissioni nei cosiddetti mercati volontari dei crediti di carbonio. La catena di negozi al dettaglio CoopCollegamento esterno, il gigante alimentare NestléCollegamento esterno e il negozio online Galaxus sono alcune delle aziende svizzere che ne hanno approfittato.
Sebbene negli anni successivi ai negoziati sul clima di Parigi siano stati stipulati diversi accordi tra privati e tra Paesi, fino a sabato scorso mancavano delle linee guida internazionali sulle modalità di attuazione di queste opzioni.
Le accuse di greenwashing nei programmi di compensazione delle emissioni di un’importante emittente di crediti di carbonio con sede in Svizzera hanno colpito duramente il mercato. La critica ha sottolineato la mancanza di una regolamentazione chiara in proposito e molti operatori e operatrici del settore hanno auspicato l’introduzione di norme per ristabilire la fiducia nel sistema.
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L’approccio pionieristico della Svizzera alla compensazione delle emissioni solleva interrogativi
Varie ONG e movimenti per il clima, poi, hanno contestato gli accordi bilaterali. Una recente indagineCollegamento esterno di Alliance Sud, un’associazione di enti umanitari svizzeri, ha rivelato che un accordo bilaterale tra Svizzera e Ghana aveva sovrastimato la riduzione delle emissioni quasi dell’80%. Il progetto prevedeva che la Svizzera sovvenzionasse l’acquisto di cucine a legna meno inquinanti per le famiglie ghanesi.
Secondo il Financial TimesCollegamento esterno, un documento preparato da una task force convocata dal Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres lo scorso giugno raccomandava alle aziende di evitare di usare i crediti di carbonio per compensare le emissioni.
Che novità ci sono nella compensazione delle emissioni?
In base al nuovo sistema di compensazione stabilito a Baku, chi sviluppa progetti per accordi che non comportano un’intesa tra due Paesi dovrà rivolgersi a un ente delle Nazioni Unite chiamato Organismo di vigilanza sull’Articolo 6.4 per registrarli.
L’organismo di vigilanza e il Paese in cui il progetto sarà realizzato devono dare la propria approvazione perché vengano emessi i relativi crediti. Oltre all’impatto ambientale positivo, i progetti devono apportare benefici sociali ed economici dimostrabili, con particolare attenzione alle popolazioni vulnerabili e al rispetto dei diritti umani.
L’organismo di vigilanza delle Nazioni Unite sarà anche responsabile dello sviluppo di nuovi standard per le compensazioni.
Per quanto riguarda l’Articolo 6.2, il tanto atteso “regolamento” delle compensazioni tra Paesi lascia ai Governi interessati il compito di decidere quanti crediti emettere e autorizzare. I crediti di carbonio rilasciati negli accordi tra Paesi sono noti come ITMO (International Traded Mitigation Outcomes).
Il testo molto tecnico concordato a Baku prevede che i dati dei progetti legati agli ITMO approvati per l’uso da parte di altri Paesi debbano essere resi pubblici, come pure eventuali incongruenze nell’integrità delle compensazioni e nei metodi di verifica utilizzati.
Delegati e delegate alla COP29 hanno approvato anche un servizio di registrazione per i Paesi che non possono permettersi di creare un proprio sistema di emissione e monitoraggio dei crediti.
Che cosa ne pensano osservatori e osservatrici?
Il settore privato e le istituzioni coinvolte nello sviluppo e nell’emissione di crediti di carbonio hanno accolto con favore quanto annunciato a Baku, ritenendo che possa contribuire a ristabilire la fiducia nei mercati delle emissioni che negli ultimi anni era andata persa.
La scorsa settimana, Karolien Casear-Diez, responsabile senior per l’Articolo 6 presso South Pole, uno dei principali sviluppatori di progetti di compensazione delle emissioni, ha previsto che i Paesi che si impegnano in accordi bilaterali in base all’Articolo 6.2 potrebbero finire per allinearsi agli standard del 6.4, relativamente più regolamentati e strutturati.
Ma tra attivisti e attiviste per il clima e rappresentanze delle ONG regna un minore ottimismo. Nonostante le proteste per le procedure “accelerate” che hanno portato all’adozione del registro per il mercato del carbonio nella prima settimana, anche le discussioni finali sull’Articolo 6 si sono svolte a porte chiuse.
“C’è una mancanza di responsabilità che farà saltare qualunque traccia di integrità nell’Accordo di Parigi.”
Erika Lennon, Center for International Environmental Law
Kelly Stone, dell’ONG Climate Land Ambition and Rights Alliance, ha dichiarato che le nuove linee guida dell’Articolo 6.4 dimostrano come “i Governi abbiano esternalizzato la responsabilità di tutelare i diritti umani e l’ambiente a un manipolo di persone che fanno parte dell’organismo di vigilanza”, mentre per quanto riguarda l’Articolo 6.2, “le norme mancano di trasparenza, per cui si rischia di avere conteggi doppi [delle compensazioni] senza riuscire a tutelare i diritti umani”.
Nel frattempo, Erika Lennon, avvocato per il clima del Center for International Environmental Law (CIEL), ha dichiarato che le nuove regole di compensazione bilaterale sono “peggiori” rispetto alle precedenti bozze di proposta. “C’è una mancanza di responsabilità che farà saltare qualunque traccia di integrità nell’Accordo di Parigi”.
David Knecht, esperto di clima dell’ONG svizzera Fastenaktion, ha sottolineato che, secondo le nuove norme, i dati dei progetti vanno forniti solo al momento dell’autorizzazione a emettere i certificati. Poiché ciò in genere avviene in una fase piuttosto avanzata del processo, potrebbe dare luogo a incoerenze.ar
Inoltre, Knecht ritiene che il costo dello sviluppo di standard per lo scambio di ITMO sia problematico, soprattutto per i Paesi in via di sviluppo: “Se un Paese come la Svizzera ha già difficoltà a mantenere lo standard a un livello elevato, immaginate i Paesi in via di sviluppo, che hanno già problemi di capacità”.
Cosa comporta tutto questo per la Svizzera?
Le nuove norme consolideranno la capacità della Svizzera e dei Paesi in cui compensa le proprie emissioni di definire autonomamente i termini degli accordi di compensazione ai sensi dell’Articolo 6.4, proprio mentre il Paese alpino si trova a dover compensare quasi il doppio delle emissioni di CO2 consentito dalle sue capacità attuali.
Durante una breve visita a Baku la scorsa settimana, il capo del Dipartimento federale dell’ambiente, dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni Albert Rösti ha dichiarato a SWI swissinfo.ch quanto siano importanti per il Paese i programmi di compensazione.
>> Svizzera e Perù sono stati i primi Paesi a concludere un’intesa per la compensazione delle emissioni nell’ambito dell’Accordo di Parigi sul clima. Un accordo pioneristico che solleva però interrogativi, come spiega il seguente articolo:
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Riduzione delle emissioni: un accordo pionieristico che solleva interrogativi
“La Svizzera ha ben chiaro che il mercato delle emissioni è necessario per darle il tempo di decarbonizzare la propria economia”. Poi Rösti ha fatto l’esempio dei trasporti aerei, che dovranno fare affidamento sui crediti fino a quando non si svilupperanno dei “carburanti sintetici”.
Il responsabile svizzero dei negoziati sul clima Felix Wertli si è detto molto soddisfatto dell’adozione delle normative previste dall’Articolo 6.2 dopo quasi dieci anni di colloqui.
“Essere riusciti a portare a termine quanto previsto dalle linee guida dell’Accordo di Parigi è un grande traguardo”, ha dichiarato dopo il lungo applauso che è seguito all’adozione. “Abbiamo un meccanismo efficace ed efficiente”, ha aggiunto.
Olivier Lejeune, esperto di mercati delle emissioni, sostiene che, con le nuove regole, la Svizzera e altri Paesi sviluppati “dovranno aumentare la portata dei mercati di CO2 basati sui progetti, in modo da ottenere l’approvazione per l’Articolo 6″.
Per i partner di questi Paesi nelle nazioni in via di sviluppo, dice, “l’Articolo 6.2 è considerato particolarmente importante negli Stati dalla crescita più rapida, per una decarbonizzazione su scala più ampia in settori come agricoltura, uso dell’energia, edilizia e trasporti”.
A cura di Veronica DeVore
Traduzione di Camilla Pieretti
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