Clima e diritti umani, “la Svizzera non soddisfa i requisiti di politica climatica della sentenza di Strasburgo”
La recente reazione del Governo svizzero alla storica sentenza della Corte europea dei diritti umani (CEDU) sulla politica climatica elvetica ha sollevato qualche perplessità. Il Governo sostiene che la Svizzera sta facendo abbastanza per far fronte al riscaldamento globale, ma un gruppo indipendente di ricerca sul clima dubita che il Paese sia effettivamente sulla buona strada.
Il 28 agosto, il Governo svizzero ha pubblicato la sua tanto attesa presa di posizioneCollegamento esterno in merito al verdetto contro la Svizzera, emesso in aprile dalla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo (CEDU) nella causa intentata dall’associazione “Anziane per il clima”. Il tribunale aveva concluso che la Svizzera non stava facendo abbastanza per fare fronte al cambiamento climatico.
Nel suo comunicato, il Governo ha criticato l’ampia interpretazione da parte dei giudici della Convenzione europea dei diritti umani in merito alla protezione del clima. Il Consiglio federale è inoltre del parere che la Svizzera soddisfi i requisiti di politica climatica indicati nella sentenza.
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Sentenza CEDU, la politica climatica della Svizzera viola i diritti umani
Il Governo sostiene che il verdetto della CEDU non ha tenuto conto delle recenti leggi e impegni in materia di clima, in particolare la legge sul CO2Collegamento esterno del 15 marzo 2024, che prevede “misure per raggiungere gli obiettivi climatici entro il 2030”, o la legge federale del 23 settembre 2023 per un approvvigionamento energetico sicuro da fonti rinnovabiliCollegamento esterno. La Svizzera si è impegnata a dimezzare le sue emissioni di CO2 entro il 2030 e a raggiungere la neutralità climatica entro 2050.
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La legge per un approvvigionamento elettrico sicuro è stata approvata dal popolo svizzero ed entrerà in vigore nel gennaio 2025. Pone le basi per un rapido sviluppo della produzione energetica svizzera da fonti rinnovabili, tra cui le energie idroelettrica, solare ed eolica, afferma il Governo.
Il 5 settembre, l’Esecutivo ha anche proposto di accettare una mozione parlamentareCollegamento esterno che chiede di rammentare alla CEDU la sua “missione principale”. In dettaglio, la mozione chiede che la Corte di Strasburgo non possa ammettere i ricorsi di associazioni che perseguono scopi ideali né limitare i margini di apprezzamento degli Stati con una interpretazione spropositata dei diritti fondamentali.
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Le associazioni per la protezione del clima criticano il Governo
La presa di posizione del Consiglio federale alla sentenza della Corte EDU ha suscitato aspre critiche da parte dei gruppi ambientalisti svizzeri, che hanno denunciato il “preoccupante rifiuto” della sentenza del tribunale e hanno deplorato la mancanza di prove scientifiche da parte delle autorità per giustificare la loro posizione.
“La lacuna più grave è chiaramente formulata nel verdetto della Corte EDU”, secondo Greenpeace SvizzeraCollegamento esterno. “Il Consiglio federale non è in grado di dimostrare come il livello di emissioni previsto dalla Confederazione sia compatibile con il mantenimento del riscaldamento globale al di sotto di 1,5°C” rispetto ai livelli preindustriali.
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Per garantire che questa soglia di 1,5°C, riconosciuta dalla Svizzera e sostenuta dalla popolazione, non venga superata, è fondamentale rispettare il restante bilancio globale di CO2, che va suddiviso tra tutti i Paesi, afferma Greenpeace. Questo bilancio indica la quantità cumulativa di anidride carbonica che può ancora essere immessa nell’atmosfera prima di raggiungere un determinato riscaldamento.
L’impegno climatico della Svizzera rimane “insufficiente”
Le analisi indipendenti della politica climatica svizzera sono rare. L’anno scorso, il Climate Action Tracker (CAT), una valutazione scientifica delle politiche climatiche dei Paesi coordinata dal NewClimate Institute e dall’ONG Climate Analytics, con sede in Germania, ha giudicato l’azione e gli obiettivi climatici della Svizzera complessivamente “insufficientiCollegamento esterno“.
“Le politiche climatiche svizzere stanno migliorando. Ma poiché l’obiettivo rimane insufficiente, non saremo in grado di attribuire una valutazione migliore alla Svizzera nella nostra prossima analisi”, afferma a SWI swissinfo.ch Judit Hecke, che coordina l’analisi della Svizzera presso il CAT.
Le nuove politiche svizzere, se pienamente attuate, faranno una differenza sostanziale nella riduzione delle emissioni del Paese, osserva Hecke. In particolare, la legge per un approvvigionamento energetico sicuro da fonti rinnovabili dovrebbe portare a importanti riduzioni delle emissioni, il che significherebbe che la Svizzera probabilmente raggiungerà il suo obiettivo climatico per il 2030.
“Sarei invece un po’ più cauta con la legge sul CO2, perché è ancora in fase di consultazione. La sua formulazione attuale non è quindi definitiva. Inoltre, da quando è stata respinta in votazione federale nel 2021, la legge è diventata sempre meno ambiziosa”, afferma l’esperta.
“Anche tenendo conto di entrambe le leggi, la Svizzera non soddisfa i requisiti di politica climatica della sentenza di Strasburgo”, dice.
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Cosa significa un riscaldamento di 1,5°C per la Svizzera e per il mondo?
L’obiettivo della Svizzera per il 2030 non è in linea con la limitazione del riscaldamento globale a 1,5°C, secondo Hecke. Anche se le politiche dovessero raggiungere l’obiettivo per il 2030, non riuscirebbero a limitare il riscaldamento a 1,5°C. Inoltre, aggiunge l’esperta, non avendo fissato una quota di riduzioni nazionali, la Svizzera lascia ulteriore spazio all’ambiguità.
Per quanto riguarda l’obiettivo del 2030, in marzo la maggioranza dei deputati e delle deputate svizzere ha deciso di non fissare nella legge la quota di emissioni che la Svizzera deve ridurre a livello nazionale (la camera bassa aveva inizialmente proposto una riduzione di almeno il 75% delle emissioni con provvedimenti realizzati in Svizzera e un massimo del 25% all’estero). Il Governo è ora libero di decidere.
Ridurre il CO2 in Svizzera o all’estero?
Per raggiungere i suoi obiettivi climatici, la Svizzera punta a compensare parte delle sue emissioni all’estero. La Confederazione è uno degli Stati più attivi nel perseguire accordi bilaterali ai sensi dell’articolo 6.2 dell’Accordo di Parigi sul clima. Finora ha concluso intese climatiche con oltre una dozzina di Paesi, tra cui Thailandia, Perù e Senegal.
Ogni Paese può utilizzare questo meccanismo, ma Judith Hecke si chiede se porterà effettivamente alle riduzioni di CO2 auspicate dalla Confederazione.
“Per soddisfare i requisiti di politica climatica della sentenza di Strasburgo, la Svizzera deve fissare obiettivi climatici più ambiziosi.”
Judith Hecke, Climate Action Tracker
“La Svizzera lo fa in parte perché è più economico ridurre le emissioni all’estero che all’interno dei suoi confini. In quanto Paese ricco, la Svizzera ha la responsabilità, ma anche i mezzi, per essere in prima linea nella lotta al cambiamento climatico e deve assumere un ruolo di leadership”, afferma.
“Per soddisfare i requisiti di politica climatica della sentenza di Strasburgo, la Svizzera deve fissare obiettivi climatici più ambiziosi, compatibili con gli 1,5°C, e deve indicare chiaramente l’entità della riduzione delle emissioni a livello nazionale”, aggiunge.
“Inoltre, deve definire politiche più ambiziose per una netta riduzione delle emissioni a livello nazionale, in modo da soddisfare tali obiettivi più ambiziosi, poiché anche le nuove politiche non sono sufficienti”.
Nel frattempo, per quanto riguarda il caso delle Anziane per il clima, entro il 9 ottobre il Governo svizzero dovrà presentare al Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa un piano d’azione e una posizione dettagliata per illustrare le misure e il calendario per l’attuazione del verdetto. Anche le organizzazioni della società civile possono presentare le loro osservazioni.
I riflettori continueranno dunque a restare puntati sulla causa intentata dalle anziane e sulla politica climatica svizzera.
A cura di Reto Gysi von Wartburg
Tradotto con l’aiuto di DeepL/lj
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