Clima: nessuno può stare a guardare
La Svizzera dovrebbe raccogliere le sfide poste dal cambiamento climatico e diventare un modello verde. È l'auspicio del climatologo Thomas Stocker, intervenuto alla terza Conferenza mondiale sul clima di Ginevra.
La conferenza è stata preparata dall’Organizzazione meteorologica mondiale (WMO) e dalla Svizzera con l’obiettivo di migliorare lo scambio d’informazioni sul mutamento climatico. Si tratta in particolare di mettere a punto degli strumenti di lavoro efficaci per un altro appuntamento cruciale: la Conferenza sul clima delle Nazioni unite che si terrà in dicembre a Copenaghen.
A Ginevra, swissinfo.ch ha incontrato Thomas Stocker, uno dei climatologi svizzeri più conosciuti. Stocker è membro dell’IPCC, il gruppo intergovernativo di esperti che si occupa dei cambiamenti climatici e che nel 2007 è stato insignito del Nobel per la pace.
swissinfo.ch: Che cosa succederà alla conferenza di Copenaghen? Si giungerà finalmente a delle conclusioni significative?
Thomas Stocker: È difficile da prevedere, ma alla fine ogni paese dovrà dare il suo contributo. Nessuno può permettersi d’ignorare un problema come quello del riscaldamento globale; la sua portata pone tutte le società di questo pianeta di fronte ad una necessità: stilare un piano d’azione chiaro e dettagliato, in particolare per quanto riguarda la riduzione delle emissioni nocive.
swissinfo.ch: Per l’Unione europea, se da qui al 2050 la temperatura media dovesse aumentare di due gradi, saremmo in pericolo. Gli sforzi politici per mantenere il riscaldamento globale al di sotto di questo valore daranno i frutti sperati?
T. S.: I ricercatori disponevano di tutti i dati necessari a prevedere l’evoluzione attuale già trent’anni fa, quando un tale obiettivo sarebbe stato raggiungibile grazie a modifiche costanti, ma graduali, delle tecniche di produzione e sfruttamento energetico.
Oggi però si tratta di un obiettivo molto ambizioso e se non verranno prese delle contromisure drastiche potrebbe diventare addirittura irraggiungibile.
swissinfo.ch: Che cosa bisognerebbe fare per contrastare il cambiamento climatico e le sue conseguenze?
T. S.: Una sola misura non basta. Abbiamo bisogno di un piano che permetta a tutti i settori della società di contribuire all’obiettivo primario: la decarbonizzazione del mondo. Dobbiamo chiudere il più possibile i cicli della materia e dell’energia.
swissinfo.ch: Che cosa pensa della proposta del governo elvetico, in linea con gli obiettivi dell’Unione europea, di ridurre del 20% le emissioni di CO2 entro il 2020?
T. S.: Il cambiamento climatico dovrebbe essere considerato anche una grande opportunità. È evidente che la decarbonizzazione della società richiede lo sviluppo di nuove tecnologie e l’arrivo sul mercato di nuovi prodotti.
Un paese come la Svizzera, altamente industrializzato e dall’importante potenziale d’innovazione, dovrebbe cogliere quest’opportunità e andare verso un modello di società in cui la quota pro capite di CO2 sia drasticamente ridotta.
Mi fa piacere che ci sia un obiettivo chiaro per il 2020 – e anche per il 2050 – ma per essere un modello la Svizzera dovrebbe sforzarsi di più. Ci sono altri paesi in Europa che si sono posti traguardi più ambiziosi. La Svezia punta ad una riduzione del 30% ed è pronta ad arrivare al 40% se l’UE implementerà i suoi obiettivi per il 2020.
Certo, bisogna compiere degli sforzi, ma si tratta di un traguardo raggiungibile. Ci sono studi che dimostrano l’enorme potenziale di risparmio energetico rappresentato dalla ristrutturazione degli edifici, edifici che possono essere isolati meglio e resi più efficienti da un punto di vista energetico. Si può poi intervenire nel settore dei trasporti privati.
swissinfo.ch: Quali importanti cambiamenti climatici ha osservato rispetto al quarto rapporto dell’IPCC, pubblicato nel 2007?
T. S.: In alcuni ambiti ci sono stati dei mutamenti rapidi. È il caso della calotta polare artica, la cui estensione ha raggiunto il minimo nel settembre del 2007. Ma non è solo un problema di estensione. In quell’area la qualità del ghiaccio è cambiata in modo drammatico: il volume di quello pluriennale, il più resistente, si è dimezzato nel corso di un solo anno. Si tratta di una zona diventata più vulnerabile e che per questo ci preoccupa molto.
Ci sono poi sviluppi del sistema climatico che vanno studiati con attenzione, come ad esempio le variazioni delle radiazioni solari e i loro effetti sul clima.
Inoltre, le emissioni di CO2, il motore del cambiamento climatico, sono aumentate in modo maggiore rispetto a quanto previsto nei sei modelli che abbiamo utilizzato per l’ultimo rapporto. Dobbiamo appurare se si è trattato di un picco temporaneo o di una tendenza. In quest’ultimo caso dovremmo rivedere i nostri modelli.
swissinfo.ch: L’obiettivo della terza Conferenza sul clima del WMO è di migliorare l’accesso alle previsioni meteorologiche e ai servizi d’informazione. Ciò significa che attualmente i dati che riguardano il sistema climatico non sono sufficientemente condivisi e utilizzati a livello globale?
T. S.: Ci sono differenze immense nella nostra capacità di osservare il sistema climatico, sistema che non è fatto solo di temperature, ma anche di precipitazioni, nuvole e altri fattori essenziali alla valutazione dell’ecosistema.
Ci sono regioni del mondo in cui l’informazione manca, vuoi perché i dati non sono accessibili liberamente oppure semplicemente perché non vengono raccolti.
Confido nel fatto che i paesi del WMO presenti a Ginevra siano pronti a impegnarsi in favore dell’idea di un servizio climatico volto a fornire alle persone le migliori informazioni possibili, così da proteggerle mettendole nella condizione di adattarsi ai cambiamenti climatici e mitigarne le conseguenze.
Simon Bradley, swissinfo.ch
(Traduzione dall’inglese: Doris Lucini)
Stando a un rapporto pubblicato dal WWF il 2 settembre, lo scioglimento della calotta artica è molto più rapido del previsto. Alla fine del secolo, il livello degli oceani sarà salito di un metro e minaccerà lo spazio vitale di un quarto della popolazione del pianeta.
Diminuirà del 90% anche il permafrost e lo sgelo della tundra implicherà la liberazione nell’atmosfera di gas a effetto serra.
Nell’Europa centrale e meridionale quest’evoluzione dovrebbe portare ad un clima più umido. L’Europa settentrionale e il nord-est degli Stati uniti dovranno invece fare i conti con un clima più secco.
Indetta da: Organizzazione meteorologica mondiale (WMO), Ginevra 31 agosto – 4 settembre 2009.
Tema generale: Previsioni e informazioni climatiche al servizio dei processi decisionali.
Sottotemi: miglioramento della scienza delle previsioni e dell’informazione in ambito climatico; strategie di gestione dei rischi legati al clima e bisogno d’informazioni; effetti del clima e strategie d’adattamento; considerazione dei servizi di previsione e informazione.
Zurighese. Stocker ha ottenuto il dottorato in scienze naturali nel 1987, al Politecnico federale di Zurigo.
Svizzero all’estero. Ha lavorato come ricercatore a Londra, Montréal, New York e Honolulu.
Berna. Dal 1993 è professore di climatologia e fisica ambientale all’Università di Berna.
IPCC. È stato autore e coordinatore del terzo e del quarto rapporto del gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC). Sta lavorando al quinto rapporto IPCC, previsto per il 2013.
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