I muri di cartapesta della Casa dello studente
"Carmela, la teste chiave: quei muri erano di cartapesta". Questo il titolo che con la foto di Carmela Tomasetti, insieme a quella del procuratore dell'Aquila, campeggiano su tutta una pagina del giornale locale.
Lei è Carmela Tomasetti, l’universitaria 22enne che, già prima della terribile scossa tellurica della notte del 6 aprile, aveva denunciato le conseguenze che l’ondata ininterrotta di scosse cominciate in autunno avevano già avuto sulla Casa dello studente dell’Aquila. Un edificio tragicamente sconquassato dal terremoto.
La incontriamo proprio nel giorno in cui fa il titolo di prima pagina. “Ora sono decisa ad andare fino in fondo – ci dice -, perché chi ha delle responsabilità deve pagare. In quell’edificio ho vissuto 4 anni, sotto le sue macerie sono morti otto giovani, e poteva essere una strage anche di proporzioni maggiori se fosse successo in settimana: infatti molti dei 120 ospiti della struttura erano infatti fuori per il week-end, e sarebbero rientrati solo all’inizio della settimana”.
L’inchiesta della magistratura
Carmela (le mancano soltanto otto esami per laurearsi in Scienza della formazione), dovrebbe essere una delle prime testimoni ascoltate da Alfredo Rossini, il magistrato che, in questi giorni, ha aperto un’inchiesta “per omicidio e disastro colposo” in merito agli stabili, molti anche pubblici, crollati sotto l’urto del terremoto.
La studentessa aveva denunciato con molto anticipo i difetti del moderno edificio di Via XX Settembre, l’arteria dove si sono registrate le devastazioni maggiori: “Nella Casa dello studente pareti, soffitti e pavimenti erano così sottili che sentivamo le voci degli altri, anche quando si parlava normalmente. Anche il materiale con cui era costruito l’edificio non mi dava fiducia”
“Da quando erano cominciate le scosse, cioè dall’autunno – continua Carmela nel suo racconto -, era stato un crescendo di scosse sempre più forti. I pavimenti ballavano, la casa tremava giorno e notte, le scale non erano stabili, nessuno ci aveva mai indicato le uscite di sicurezza, non c’era stata nessuna esercitazione, nella mensa notavamo una colonna costantemente bagnata, e un’amica mi disse che una crepa che si era aperta nella sua stanza”.
Segnali chiari della terra che trema
Per questo motivo, Carmela e un gruppo di amiche mettono la testa in Internet, cercano di capire tutto quanto è possibile capire dei terremoti, “erano diventati la mia ossessione, soprattutto dopo aver scoperto che un sisma aveva distrutto la città trecento anni prima con la stessa successione di eventi: ancora oggi mi chiedo come l’Aquila abbia potuto dormire mentre il disastro si avvicinava”.
Racconta che lei, e altri della Casa dello studente, avevano già trascorso diverse notti fuori dall’ostello, alcuni addirittura in auto. Fino al 30 marzo, quando una scossa raggiunse magnitudo 4 sulla scala Richter. Una brutta scossa.
“Quel giorno chiesi all’amministrazione una verifica, arrivò l’architetto dello stabile, un sopralluogo durato appena 10 minuti, e se ne andò dicendo che era tutto a posto, nessun pericolo”. Fu allora che Carmela Tomassetti, dopo aver convinto altre studentesse, decise di passare un’altra notte all’addiaccio, e poi letteralmente di fuggire dall’Aquila, per rifugiarsi nell’abitazione di famiglia, a Celano, quaranta chilometri dall’Aquila. Era martedì. Mancavano cinque giorni alla scossa letale.
La forza e il peso del destino
Nel centro storico di Celano la incontriamo insieme ai suoi genitori. Felici, ma ancora visibilmente scossi quando la ragazza racconta. “Anche perché – ci dice il padre Filippo, impiegato al Tribunale dell’Aquila – abbiamo rischiato grosso pure con l’altro nostro figlio, anche lui studente universitario e ospite dell’ostello di via XX Settembre”.
“Voleva a tutti i costi tornare all’Aquila la domenica sera, doveva preparare un esame, ma per fortuna – aggiunge il padre – l’amico che si era impegnato ad accompagnarlo in auto chiamò all’ultimo momento per dire che non ce l’avrebbe fatta. Mio figlio si arrabbiò, non sapeva che sarebbe stata la sua salvezza”.
Carmela ha la forza di sorridere, ricorda che anche alcuni studenti della “Casa” la prendevano in giro: “Hai troppa paura, non esagerare”. Persino suo padre, quando la figlia lo chiamò in ufficio per dirgli cosa aveva deciso, rimase scettico: “Le dissi di tranquillizzarsi, ma lei era convintissima, irremovibile, e naturalmente conclusi la conversazione dicendole che doveva fare quello che riteneva più opportuno”.
I sogni infranti in quegli alloggi distrutti
Alla Casa dello studente c’è tornata martedì, per la prima volta dopo la tragedia: “Anche per vedere se potevo recuperare qualcosa in ciò che era rimasto della mia stanza: ma non ci siamo nemmeno arrivati, i vigili del fuoco a un certo punto mi hanno detto che bisognava assolutamente tornare indietro, era troppo pericoloso”.
E il suo stato d’animo in quel momento: “Tanta nostalgia, perché lì dentro avevo passato 4 anni: tenga conto che, per avere il diritto di alloggiarvi, bisognava dimostrare di avere ottimi punteggi negli studi. E poi tanta tristezza per chi non c’è più, e li conoscevo tutti. Infine, molta molta rabbia, perché me lo sentivo che sarebbe successo qualcosa di grave, e lo avevo detto più volte”.
Adesso, con un gruppo di studenti, sta organizzando un comitato. Vogliono sapere. Vogliono portarsi parte civile.
Carmela Tomasetti racconta la sua esperienza sulla stradina che nel centro storico di Celano (dominato dal maniero più grande degli Abruzzi) porta a casa loro. Ma la via è sbarrata, per ordine del sindaco. Anche loro sono degli sfollati, ospiti di un vicino convento di frati francescani.
“La sovrastante chiesa di San Michele Arcangelo ha subìto gravi danni interni, una parete è piombata sull’altar maggiore e, se ci fosse un’altra forte scossa, si temono crolli pure all’esterno, quindi anche sulla nostra casa. Per questo ci hanno chiesto di lasciarla provvisoriamente”.
Col terremoto, non è il caso di sfidare la sorte. Loro lo sanno bene.
swissinfo, Aldo Sofia, Celano (L’Aquila)
Secondo le cifre fornite dall’ambasciata d’Italia a Berna, in Svizzera vivono circa 24mila abruzzesi.
Un decimo (2’860 persone) risiede in Ticino. Circa 150 famiglie provengono dalla provincia dell’Aquila.
Nella zona dell’Aquila sono registrati 104 svizzeri.
Le offerte possono essere effettuate sul conto postale della Catena della solidarietà 10-15000-6 con l’annotazione «Terremoto Italia», oppure direttamente via internet.
Per la ricostruzione in Abruzzo potrebbe essere necessario impegnare l’importo stimato per costruire due ponti sullo stretto di Messina.
Una prima valutazione delle necessità è stata avanzata dal ministro italiano degli Interni, Roberto Maroni, che ha quantificato a spanne in circa 12 miliardi di euro (18,6 miliardi di franchi svizzeri)l’importo che bisognerà movimentare.
Se così sarà, l’entità dell’intervento sarebbe così pari a circa un terzo dei 32 miliardi di euro (49,8 miliardi di franchi) utilizzati – secondo la stima di un anno fa della Corte dei Conti – per la ricostruzione dopo il terremoto che negli anni Ottanta aveva devastato l’Irpinia.
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