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Il mattone verde di Ibrahim

L’avanzata del deserto non rappresenta un fenomeno inarrestabile. Piantando alberi è possibile ripristinare il terreno e creare un ecosistema più favorevole all’agricoltura. Né è convinta l’associazione svizzera Sylla Caap, che nella savana del Senegal ha iniziato a costruire la sua muraglia verde. (Luigi Jorio, swissinfo.ch)

L’iniziativa africana “Grande muraglia verde” prevede di realizzare entro il 2025 una striscia vegetativa di 15 km di larghezza e di circa 7’100 km di lunghezza. Questa enorme foresta sarà alimentata da bacini di accumulazione di acqua piovana e da laghi artificiali.
 
Lo scopo della “barriera” verde, che si estenderà dal Senegal a Gibuti, è di rallentare la progressione del Sahel e del Sahara. Dovrebbe poi contribuire a migliorare il livello di vita delle popolazioni locali e di interrompere l’esodo dei rifugiati climatici.
 
Grazie alla capacità delle piante di fissare l’anidride carbonica, la riforestazione è inoltre un mezzo per ridurre i gas a effetto serra nell’atmosfera.
 
Al progetto lanciato nel 2007 partecipano undici paesi africani: Senegal, Mauritania, Burkina Faso, Mali, Nigeria, Niger, Ciad, Sudan, Eritrea, Etiopia e Gibuti.
 
L’iniziativa è sostenuta, tra gli altri, dall’ONU e dalla Banca mondiale, che ha messo a disposizione 1,8 miliardi di dollari. Tra i partner vi è anche il WOCAT (World Overview of Conservation Approaches and Technologies), una rete di consulenti con sede a Berna.
 
In Senegal, tra le nazioni più avanzate, sono finora stati piantati 12 milioni di alberi.
 
Iniziative simili sono in atto anche in altri paesi e zone del pianeta. Tra queste: Cina (già dalla fine degli anni Settanta), Brasile, Russia, America del Nord, India e Australia.

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