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L’orso divide gli animi degli svizzeri

In Svizzera c'è spazio a sufficienza per la coesistenza pacifica tra orso e uomo? Keystone

I cantoni di montagna, gli allevatori ed i contadini non vedono di buon occhio il ritorno dell'orso in Svizzera. Per lui, dicono, non c'è posto.

Al contrario, gli amici degli animali e le associazioni turistiche sono favorevoli al grande predatore che, dopo 100 anni di assenza, potrebbe reintegrarsi in Svizzera.

I dati emergono dalla consultazione avviata all’inizio di marzo dall’Ufficio federale dell’ambiente (UFAM) sul programma denominato “Strategia orso”, secondo cui la convivenza con l’uomo è possibile, purché si adottino provvedimenti in grado di limitare i danni che l’animale può arrecare alle cose e alle persone.

La necessità di elaborare un progetto era sorta l’estate scorsa, quando il plantigrado aveva nuovamente calcato il suolo elvetico dopo che l’ultimo esemplare era stato abbattuto oltre 100 anni fa.

L’orso bruno, proveniente dall’Italia, era giunto in Val Monastero alla fine di luglio del 2005 e si era spinto fino in Bassa Engadina.

Nessuna convivenza possibile

I “nemici” dell’orso contestano l’idea che in Svizzera la convivenza tra il predatore e le attività umane sia possibile.

Il Gruppo svizzero per le regioni di montagna (SAB) è del parere che la Confederazione sia troppo densamente popolata per l’orso, che non troverebbe alcuno spazio vitale veramente naturale.

La SAB, a cui sono affiliati tutti i cantoni e i comuni di montagna, chiede quindi che siano garantiti, in modo vincolante, i diritti legittimi delle popolazioni interessate: l’uomo va privilegiato rispetto ai bisogni degli animali.

È necessario – scrive il SAB – adottare azioni contro quegli orsi che pongono problemi. Gli esemplari per cui l’innocuità non può essere stabilita con certezza, devono essere classificati come pericolosi e “liquidati” immediatamente.

Tra i cantoni direttamente interessati dalla proposta dell’Amministrazione federale, Ticino e Vallese sostengono le stesse tesi. Il cantone dei Grigioni invece prenderà posizione solo il 10 maggio prossimo.

No ad uno zoo all’aperto

“Siamo piuttosto scettici riguardo ad una pacifica convivenza quando, oltre all’orso, sono presenti sul territorio anche il lupo e la lince”, ha detto Marcello Bernardi, direttore della Divisione ambiente presso il Dipartimento del territorio del canton Ticino.

Secondo le autorità ticinesi, la Confederazione dovrebbe assumersi pienamente gli oneri che derivano dalla presenza dell’orso e non procedere a riduzioni di budget, come invece sta avvenendo con il progetto riguardante il lupo.

In sostanza, afferma Bernardi, la convivenza con tre specie di predatori rischia di creare seri problemi, specie al mondo agricolo, e bisogna quindi evitare di creare una sorta di zoo all’aperto.

Risarcimenti insufficienti

L’Unione svizzera dei contadini (USC) e l’Unione svizzera delle economie alpine (SAV) chiedono, alla pari del SAB, una rielaborazione del progetto.

È indispensabile adottare misure sistematiche e coerenti per impedire l’entrata del plantigrado in Svizzera, sostiene il segretario del SAV Peter Wäfler.

Critiche al programma sono arrivate anche dal presidente dell’Unione dei pastori di pecore Peppino Beffa, secondo cui le procedure previste in caso di aggressione di bestiame sono insufficienti.

Il risarcimento – spiega – avviene solo dopo un grande sforzo amministrativo: questo fa sì che il grado d’accettazione tra gli allevatori non sia molto elevato.

Ma …cacciatori favorevoli

Di tutt’altro tono le reazioni della Protezione svizzera degli animali (PSA), Pro Natura e WWF, tutte favorevoli al documento dell’UFAM.

Il WWF vorrebbe però più impegno nelle comunicazioni al pubblico. L’informazione alla popolazione è tra le priorità richieste anche da Pro Natura e da Heinrich Haller, direttore del Parco naturale svizzero.

A suo avviso comunque la “strategia orso” segna la via verso “una convivenza pragmatica dell’uomo con l’orso”.

Il progetto riscuote anche l’approvazione di Svizzera Turismo, secondo cui il rischio di un contatto ravvicinato con il predatore può essere ridotto al minimo grazie ad un’informazione professionale e ad una gestione dei rischi.

Pareri positivi sono giunti pure dalla federazione dei cacciatori CacciaSvizzera. Il suo segretario Marco Giacometti chiede però alcune modifiche, tra cui un ampliamento dei criteri per l’abbattimento, per esempio nel caso in cui un cacciatore si vedesse minacciato dall’orso.

swissinfo e agenzie

Proveniente dal parco nazionale italiano dell’Adamello Brenta, l’orso “svizzero”, battezzato Lumpaz, ha vagabondato per mesi su lunghe distanze sul triangolo Austria-Italia-Svizzera.

Il 25 luglio 2005 era stato avvistato per la prima volta nella zona del passo del Forno, sul versante della Val Monastero.

Dopo oltre 80 anni dall’ultimo avvistamento (avvenuto nel 1923 in Alta Engadina) e a 100 anni dall’ultimo abbattimento (che risale al primo settembre 1904 nella Val Scharl, Bassa Engadina) l’orso ha fatto quindi ritorno in Svizzera: un fatto che ha provocato un enorme interesse in tutto il paese.

L’ultimo avvistamento di Lumpaz su suolo elvetico è poi avvenuto il 30 settembre 2005. Da allora si sono perse le sue tracce. Si presume che sia tornato nel sud Tirolo.

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