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La rabbia e l’angoscia degli abitanti di Pettino

Il consiglio dei ministri, tenutosi a L'Aquila, ha approvato aiuti per 8 miliardi di euro. Reuters

Alla vigilia della visita di papa Benedetto XVI sui luoghi del terremoto del 6 aprile la situazione rimane precaria per molti sfollati. Reportage da L'Aquila nel quartiere di Pettino, dove gli abitanti non sapevano di vivere su una faglia sismica.

Alla vigilia della visita di papa Benedetto XVI sui luoghi del terremoto del 6 aprile la situazione rimane precaria per molti sfollati. Reportage da L’Aquila nel quartiere di Pettino, dove gli abitanti non sapevano di vivere su una faglia sismica.

“Qui sono arrivato dieci anni fa. E sa perché? Per continuare a studiare i terremoti. Ma come vede…”. Anche Antonio Moretti, origini toscane, cattedre in diverse città italiane, geologo e oggi docente all’Università dell’Aquila, è sfollato tra gli sfollati. Casa lesionata, in attesa di verifica.

La sua minuscola tenda da viaggio l’ha piazzata proprio sotto la Facoltà di scienze, la sua facoltà. L’attraversiamo, tra vetri rotti e armadi a terra, per raggiungere la terrazza. Il professor Moretti ci tiene a mostrarci quella che ritiene “una follia”, che qualcosa ha che vedere con il tragico bilancio del terremoto.

“Davanti a noi, a non più di un chilometro, ai piedi della montagna, potete vedere il quartiere di Pettino: ebbene, tutti quei palazzi sono stati costruiti su una faglia sismica. Lo ripeto: una pazzia. Tutti gli specialisti lo sanno o lo dovrebbero sapere: norme anti-sismiche a parte, per principio su una faglia come quella non si deve costruire”.

La faglia di Pettino

Schizza un disegno su un foglio, per farsi capire meglio. “La macchia bianca a metà montagna è una cava di sabbia: ebbene, proprio a partire da quel punto c’è una ramificazione della faglia, si tratta di diversi tracciati che canalizzano le onde sismiche, e che scendono verso l’intero abitato, da est a ovest”, spiega Antonio Moretti che aggiunge:

“C’è una cosa che pochi sanno: negli scorsi anni molti studenti di geologia sono venuti proprio qui da tutta Italia per studiare la faglia sismica di Pettino. Un quartiere costruito dove non bisognava assolutamente costruire e in cui fino al momento del terremoto vivevano dalle 25 mila alle 30 mila persone”.

Le risulta che, oltre vent’anni fa, quando cominciò lo sviluppo urbanistico di Pettino, un gruppo di sismologi sconsigliò di continuare? “Sarà la magistratura a stabilirlo, io sono arrivato molto dopo, sta di fatto che quella di costruire là sopra è stata una scelta imbecille, e incredibile”.

L’emergenza continua

Attraversiamo le poche centinaia di metri che separano l’edificio dell’Università dal quartiere “costruito sull’orlo del baratro”. E’ la periferia orientale dell’Aquila. Qui c’è stata la principale urbanizzazione del capoluogo abruzzese. Ogni mattina, a partire dalle 8.30, sul piazzale davanti al grande edificio della Coop ( naturalmente chiusa), c’è “l’appello”.

I vigili del fuoco incontrano le famiglie di Pettino da accompagnare alle loro abitazioni. Tutte disabitate. Tutte da controllare. E in tutte c’è qualcosa da recuperare per affrontare l’emergenza, per continuare a vivere nelle tendopoli, o nelle strutture lungo la costa, o presso parenti e amici.

Da lontano, i palazzi di Pettino sono un inganno: sembrano orgogliosamente intatti. Per vederne le profonde ferite devi avvicinarti.

Il palazzo, in cui viveva Filippo Biondi, ex macellaio in pensione,è letteralmente sprofondato: “La casa si è abbassata di almeno quattro metri, i garage non si vedono più, praticamente sono finiti sottoterra; alcuni piloni portanti si sono letteralmente piegati e spezzati, ma che tipo di cemento armato avranno mai usato?”.

Lui, nella sua abitazione, non ci può nemmeno rientrare per pochi minuti. Troppo pericoloso. Se la riguarda dal cancello su cui hanno appeso un foglio in cui si intima il divieto d’accesso. La casa è sotto sequestro.

Nessuno sapeva della faglia

Filippo ha saputo solo dopo il terremoto della faglia di Coppito. Lui come tutti gli altri abitanti di questa immensa periferia. Campeggiano in diversi punti i cartelloni pubblicitari di diverse agenzie immobiliari che offrono appartamenti.
Questo quartiere era il polmone edilizio della città. ” Della faglia gli abitanti non ne sapevano niente, ma adesso ci dovranno dire chi diede le autorizzazioni, i colpevoli vanno puniti, non solo per le vittime, ma anche perché io gli ho dato soldi veri, e non pochi”.

Un “ispettore” dei vigili del fuoco gli conferma che la sua palazzina è tra quelle irrecuperabili: “Dovrà essere abbattuta, e non so proprio se potrà essere ricostruita nello stesso punto”. Un suo collega l’ha scritto nel rapporto da consegnare al Comune, e vi ha aggiunto:”costruita sulla faglia”.

Altri abitanti del caseggiato ci confermano che ieri alcuni funzionari hanno portato via campioni di ferro e cemento. “Servirà all’inchiesta della procura”, e in coro ripetono che loro, la storia della faglia, proprio non la conoscevano.

“Adesso sappiamo che eravamo seduti su una bomba – esclama una vicina, la cui abitazione ha subito la stessa sorte – ; la stessa bomba che è esplosa la notte del 6 aprile e che ci ha sconvolto la vita. E come possono pensare che noi si torni a stare su questa bomba?”.

Il difficile ritorno a casa

Giancarlo Cuglietta, ingegnere dei vigili del fuoco, ci guida all’interno di palazzi di Pettino danneggiati, “ma che in base a un nostro primo controllo possono tornare abitabili, naturalmente dopo i necessari lavori di consolidamento: diciamo fra alcuni mesi”. E conferma:

“Secondo una prima stima, all’Aquila le palazzine irrecuperabili, quindi praticamente da abbattere, vanno dal dieci al venti per cento. Ma è vero che anche per gli abitanti delle case che si possono salvare sussiste un grosso ostacolo psicologico. Anche quando le strutture hanno retto, per loro è estremamente difficile pensare di tornare a viverci”.

Rosario Greco, ex funzionario pubblico, abitava al secondo piano. Ci fa entrare nel suo appartamento. Qualche lesione ai muri, e il pavimento invaso da tutto quello che la grande scossa ha violentemente gettato a terra, spesso mandandolo in frantumi: ovunque soprammobili spezzati, cornici vuote, il televisore strappato dalla parete, pezzi di vetro che hanno invaso tutto, e in particolare la piccola cucina.

“Tornare a vivere qui? Prima devo rincuorarmi. Devo trovare il coraggio. Ma per il momento non lo trovo. Mi chiedo cosa accadrebbe se ci fosse una nuova scossa. Mi chiedo se sulla stabilità dell’intero palazzo saranno fatte verifiche serie…”.

Rosario ne discute con l’ingegnere dei vigili del fuoco, ma le rassicurazioni non sembrano tranquillizzarlo. E nemmeno parla della faglia sismica di Pettino. Forse ancora non ne è al corrente. Lo sa invece il giovane inquilino del primo piano: “Qualunque cosa dicano, mia moglie ha già deciso: a Pettino non si torna”.

swissinfo, Aldo Sofia, L’Aquila

Secondo le cifre fornite dall’ambasciata d’Italia a Berna, in Svizzera vivono circa 24mila abruzzesi.

Un decimo (2’860 persone) risiede in Ticino. Circa 150 famiglie provengono dalla provincia dell’Aquila.

Nella zona dell’Aquila sono registrati 104 svizzeri.

Le offerte possono essere effettuate sul conto postale della Catena della solidarietà 10-15000-6 con l’annotazione «Terremoto Italia», oppure direttamente via internet.

La Catena della solidarietà ha annunciato di aver raccolto 1,23 milioni di franchi per la ricostruzione nella regione. La Fondazione nei prossimi giorni invierà un delegato sul posto per valutare quali sono i bisogni della popolazione.

La raccolta di fondi, organizzata dalle associazioni di immigrati italiani in Svizzera, è coordinata dall’associazione “Terremoto Abruzzo” (CCP: 69-10314-2). Finora le donazioni hanno raggiunto 20 mila franchi, ma siamo solo agli inizi, ha detto all’ATS Michele Schiavone del Consiglio generale degli italiani all’estero. La raccolta continuerà sino a metà giugno.

Il governo ha annunciato il 23 aprile 2009 il piano della ricostruzione nelle zone terremotate. Sei miliardi e mezzo di euro per dare una nuova casa ad almeno 13 mila persone; 15 aree già individuate attorno all’Aquila su cui edificare i nuovi villaggi.

Chi ha perso irrimediabilmente la casa e vorrà ricostruirsene una riceverà 150 mila euro; per chi è costretto a ristrutturarla il contributo, sempre a fondo perso, sarà di 80 mila euro.

Uno sforzo imponente, soprattutto in tempi di recessione economica. E la promessa di agire rapidamente. Anche perché già questa fase di emergenza ha costi altissimi. Tre milioni di euro al giorno per assistere oltre cinquantamila sfollati.

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