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“Salviamo la foresta”

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L'Amazzonia è stata la protagonista mercoledì al Forum sociale mondiale in corso a Belém. Il popolo della foresta era presente in massa per portare la sua testimonianza e per lanciare un appello alla salvaguardia del suo habitat.

“Sono venuta qui per far progredire la causa delle donne e per difendere la natura”, ci dice Feliciana, un’anziana donna peruviana vestita con uno splendido abito tradizionale.

Come Feliciana, per far sentire la loro voce sono venuti dai quattro angoli dell’Amazzonia. Dal Brasile, naturalmente, ma anche dalla Guiana, dalla Bolivia, dalla Colombia, dall’Ecuador…

E per evocare i problemi ai quali sono confrontati e ai quali è confrontata la loro terra hanno spesso preferito delle danze e dei canti ai grandi discorsi.

Come ad esempio un gruppo proveniente dalla regione del Rio Madeira, in Perù, che per parlare della distruzione del territorio da parte delle compagnie minerarie ha inscenato una danza. O una tribù indios di Tucurui, nello Stato brasiliano del Parà, che ha evocato gli sbarramenti idroelettrici che spesso hanno un impatto enorme sul fragile ecosistema amazzonico.

Le storie che si sentono sono storie di disboscamento, di violenza, di espropriazione, di problemi quasi insormontabili per vedersi riconoscere la proprietà della terra… Le risorse dell’Amazzonia, non è un mistero per nessuno, fanno gola a molti.

Una situazione che peggiora

Con l’elezione di Lula sei anni fa, però, molti speravano in un miglioramento della situazione. Il leader del Partito dei lavoratori ha in parte deluso le aspettative.

“Per Lula e il suo governo – afferma il teologo della liberazione Leonardo Boff, che non si può certo considerare un detrattore del presidente – l’ecologia è prima di tutto un ostacolo allo sviluppo”.

L’accento messo dallo Stato brasiliano sulla produzione di biocarburanti e la forte accelerazione dell’esportazione di carne bovina hanno addirittura aver peggiorato la situazione.

I membri della delegazione svizzera presente al Forum sociale lo hanno potuto constatare coi loro occhi nella regione di Ulianopolis, 400 km a sud di Belém. Qui si stima che negli ultimi anni siano andati persi circa 18 mila chilometri quadrati di foresta primaria, un terzo della superficie della Svizzera!

Scrutare l’orizzonte

A Ulianopolis le segherie della città girano a pieno regime. Dalle centinaia di forni per la produzione di carbone, che andrà ad alimentare il complesso siderurgico del Rio Doce, a centinaia di chilometri di distanza, si alza un fumo denso. “Per riempire di legna un forno – ci dice un uomo – impiego una giornata e guadagno 8 reais (4 franchi, una somma ben al di sotto del salario minimo mensile di 415 reais)”.

Dappertutto vi sono allevamenti di bovini, campi di soia, canna da zucchero e eucalipto (utilizzato per la fabbricazione di cellulosa e che ha la caratteristica di distruggere il suolo e le altre piante). Pesticidi e fertilizzanti sono utilizzati in abbondanza.

In molti punti, per vedere la foresta bisogna scrutare l’orizzonte. I segni del disboscamento sono ben visibili. Un campo appena seminato è ricoperto di curiose gobbe. Sradicare gli alberi più grandi è praticamente impossibile, quindi le radici vengono semplicemente ricoperte di terra.

Impatto sui diritti umani

Erica Hennequin, deputata verde nel parlamento giurassiano, è consapevole da tempo dei danni provocati dalle monocolture e dall’allevamento estensivo sull’ambiente : “Ci vogliono troppi pesticidi, troppi fertilizzanti e ad approfittarne sono solo i grandi proprietari terrieri”.

“Quello di cui non mi ero però resa conto era l’impatto che questo tipo di agricoltura ha sui diritti umani; l’altro giorno una ONG ci ha mostrato una cartina sulla quale si vedeva molto chiaramente la correlazione tra disboscamento e violazione dei diritti umani”, sottolinea.

Un rappresentante dell’ONG brasiliana Commissione pastorale della terra conferma: “In una regione che abbiamo analizzato da vicino abbiamo constatato una relazione molto diretta tra violenza rurale e espansione dell’allevamento”. ‘Fazendeiros’ e grandi imprese non esitano a fabbricare falsi titoli di proprietà e se necessario usare la violenza per sloggiare i piccoli contadini indesiderabili.

Trasformare l’Amazzonia in una sorta di “riserva indiana” dove non è possibile nessuna attività economica non è l’obiettivo di nessuno, probabilmente nemmeno dei più radicali partecipanti al Forum.

Piccole aziende economicamente redditizie

“Sono rimasta colpita da come la gente ama la foresta, della volontà che ha di conservare il suo patrimonio, ad esempio creando delle piccolo banche di sementi”, afferma Erica Hennequin. La soluzione potrebbe essere un’agricoltura famigliare, di tipo intensivo, agroforestale, che ha la sua forza nella policoltura e nell’ecologia. Esempi in questo senso ve ne sono molti. Inoltre, non per forza questo tipo di agricoltura è economicamente meno vantaggioso.

Da una ricerca condotta dall’ONG francese GRET (Groupe de recherches et échanges téchnologiques) è addirittura emerso che le piccole proprietà proporzionalmente rendono di più.

“Le grandi aziende agricole che praticano la monocoltura e l’allevamento estensivo sono chiaramente più redditizie se si considera la rendita procapite – spiega Philippe Sablayrolles, della GRET. Per contro se si analizza la ricchezza prodotta per ettaro, le piccole aziende arrivano in testa. In altre parole, l’agricoltura meccanizzata provoca una concentrazione delle rendite, ma in Amazzonia non è così interessante economicamente”.

swissinfo, Daniele Mariani, Belém

La foresta amazzonica si estende su una superficie di 5,5 milioni di chilometri quadrati, una superficie pari ad 11 volte quella della Francia. L’Amazzonia è la foresta con la più grande biodiversità mondiale.

Solo nell’Amazzonia brasiliana (circa il 60% del totale), si stima che foresta sia passata da una superficie originaria di 4,1 milioni di chilometri quadrati a 3,4 milioni.

Stando a un rapporto di un comitato brasiliano, ogni anno scompaiono 52’000 chilometri quadrati di foresta. A questo ritmo, l’Amazzonia non esisterà più nel 2050.

Il Forum si è aperto il 27 gennaio e si concluderà il 2 febbraio. A Belém sono presenti circa 100’000 persone e oltre 4’000 organizzazioni non governative e movimenti sociali.

Questa manifestazione è stata organizzata per la prima volta nel 2001 a Porto Alegre. L’ultimo forum si è svolto nel 2007 a Nairobi, in Kenya.

La delegazione svizzera è composta da una cinquantina di persone.

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