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Agonia dell’italiano: il Ticino corre ai ripari

L'italiano, una materia in via di estinzione nei licei svizzeri imagepoint.ch

Se non viene difesa su tutto il territorio nazionale, la lingua italiana rischia di essere sempre più “regionalizzata” e di perdere ulteriormente d’importanza in Svizzera. Le autorità ticinesi hanno così deciso di battersi contro la proposta del governo obvaldese di sopprimere l'insegnamento dell'italiano al liceo.

Il governo ticinese ha prontamente reagito alla recente decisione del semi-cantone di Obvaldo di rinunciare all’insegnamento dell’italiano al liceo: si è rivolto al Consigliere federale Didier Burkhalter e alla direttrice della Conferenza dei direttori cantonali della pubblica educazione Isabelle Chassot per chiedere di verificare la corretta applicazione del regolamento che disciplina il riconoscimento in Svizzera degli attestati di maturità.

La decisione del governo obvaldese, che intende dare la precedenza al latino e alle materie scientifiche, dimostra una “scarsa considerazione della lingua e della cultura italiane” e non è “conforme ai dispositivi del regolamento sul riconoscimento delle maturità federali”, afferma il governo ticinese nella sua protesta inviata a Didier Burkhalter e Isabelle Chassot.

“Per ora, non abbiamo avuto nessuna risposta alle nostre lettere”, indica Diego Erba, direttore della divisione delle scuole del cantone Ticino. “Ma la commissione svizzera di maturità ha avuto poco tempo fa una discussione sul tema da noi sollevato, ossia sulla corretta applicazione della legge sulla maturità federale”.

Petizione in difesa dell’italiano ad Obvaldo

“Intanto”, aggiunge Diego Erba, “una petizione munita di 4000 firme – lanciata dall’Associazione svizzera dei professori di italiano, dal gruppo “italianoascuola.ch”, dalla Pro Grigioni Italiano e dal Dipartimento ticinese dell’educazione (DECS) in difesa dell’insegnamento dell’italiano – sarà depositata il 24 novembre presso il Dipartimento dell’educazione e della cultura di Sarnen”.

Mercoledì il governo obvaldese ha però comunicato che non intende ritornare sulla sua decisione. E, questo, pur manifestando “una certa comprensione” per le critiche giunte nelle ultime settimane. Secondo il Consiglio di Stato di Obvaldo, la decisione di sopprimere l’italiano non è stata adottata in seguito a misure di risparmio, bensì tenendo conto dello scarso numero di studenti interessati e della grandezza delle scuole. La lingua italiana sarà inoltre insegnata anche in futuro come materia facoltativa.

Il governo ticinese ripone ora le sue speranze sul parlamento obvaldese: il 2 dicembre il Gran Consiglio del canton Obvaldo dibatterà di questo tema. “Dovrà rispondere ad un’interpellanza per mantenere l’insegnamento dell’italiano al liceo”, precisa Diego Erba.

Per il direttore della divisione delle scuole del cantone Ticino, i casi di Obvaldo ora e San Gallo prima (che ha però fatto marcia indietro) sono soltanto la punta dell’iceberg: “Ci sono sicuramente altri cantoni in Svizzera, di cui non sappiamo ufficialmente, che hanno soppresso l’insegnamento dell’italiano alle superiori, senz’altro più nella parte tedesca che francese.”

Ma come si spiega questo progressivo disinteressamento per la lingua di Dante in Svizzera? Lo abbiamo chiesto al linguista, docente e saggista Alessio Petralli. “Intendiamoci”, premette, “i buoi non sono ancora tutti fuori dalla stalla, la situazione non è ancora disperata, ma si sta comunque aggravando”.

“In fin dei conti”, osserva Petralli, “l’italiano è più parlato di quanto si possa pensare anche se non è considerato tra le lingue mondiali più importanti. Prima ovviamente viene l’inglese, seguono lo spagnolo, il francese, il portoghese per non parlare del cinese che avanza. Bisogna però ricordare che l’italiano non è soltanto una lingua nazionale della Svizzera, ma è anche la lingua di una grande nazione e di una straordinaria cultura, è lingua dell’arte, della musica, della buona cucina, del design, del calcio, insomma di tante belle cose della vita. Non dimentichiamo inoltre che rimane la lingua fondamentale del grande mondo cattolico ed è ben presente nella storia di una vasta emigrazione sparsa in tutti i continenti”.

Radiografia dell’italofonia in Svizzera

Il professor Petralli non ha dubbi: “Se non si fa nulla, l’italiano rischia di ‘cantonalizzarsi’ in Svizzera se non addirittura di scomparire. Sarebbe un pericolo declassarlo a “lingua regionale” come si è proposto ultimamente. A lungo termine, potrebbe perdere il suo status di lingua nazionale”.

“Bisognerebbe quindi eseguire una ‘radiografia’ dell’italofonia in Svizzera”, aggiunge Petralli. “Per ragioni di risparmio, il prossimo censimento federale non si farà più sulla base di questionari mandati ad ogni fuoco, ma sarà basato su dati forniti dai singoli comuni o su inchieste campionarie. Si farà quindi molta fatica a vedere qual è realmente la situazione della lingua italiana in Svizzera. In ogni caso, in cognizione di causa, bisognerà presto attivarsi in ogni modo, sfruttando tra l’altro al meglio i media vecchi e nuovi”.

Il linguista ritiene infatti che gli italofoni di seconda, terza o addirittura quarta generazione residenti fuori dal Ticino possano fare la differenza sul mantenimento dello studio dell’italiano a livello nazionale. “L’italofonia va ravvivata fuori dalla Svizzera italiana e, per farlo, le scuole di lingua italiana andrebbero sostenute finanziariamente. Il governo italiano ha tagliato drasticamente i sussidi destinati a molte scuole meritevoli. Il cantone Ticino potrebbe intervenire trovando qualche risorsa per sostenere concretamente la buona causa della lingua italiana oltre Gottardo.”.

Scuola ticinese anche in causa

Il poeta e scrittore Gabriele Alberto Quadri, residente a Cagiallo in Capriasca, appoggia pienamente la proposta di Alessio Petralli. Non usa però mezzi termini per spiegare il perché della perdita di consenso dell’italiano fuori dai confini ticinesi. “Se l’italiano perde quota nel resto della Svizzera”, dice, “è perché l’italianità tutta perde rigore, peggio sta perdendo la sua dignità!”.

Per il professore d’italiano e francese, nato a Vaglio da papà ticinese e mamma italiana, “questo si spiega anche con il fatto che l’Italia investe troppo poco nella cultura e nella diffusione della sua lingua. Ma il docente, ora in pensione, non esita a puntare il dito contro la scuola ticinese.

“Prima di pretendere che gli altri cantoni continuino a proporre lo studio opzionale dell’italiano, il Ticino dovrebbe rivedere il suo modo di insegnarlo. Nel contesto delle discipline scolastiche, la centralità dell’italiano si è persa nelle ultime legislature. Siamo vieppiù confrontati ad una ‘Babele didattica’ nella quale gli allievi, già a partire dalle medie, si trovano a fare fronte ad uno ‘spezzatino di lingue straniere’, allorquando non destreggiano sufficientemente la lingua madre! In buona sostanza, l’italiano non deve continuare ad essere ‘ancilla’ degli altri idiomi, soprattutto del tedesco. Lo è stato per troppi anni!!”

Anche Quadri è d’avviso che bisogna rapidamente correre ai ripari in modo che l’italiano non si regionalizzi. “Andrebbero definiti dei confini linguistici, a seconda delle aree dove si parla ancora l’italiano in Svizzera e, come propone Alessio Petralli, si dovrebbe fare un censimento degli italofoni nel nostro paese. Ma soprattutto il Ticino deve essere in grado di sapere difendere meglio la sua italianità, deve disfarsi di questa nomea di “Sonderfall” e ritrovare la capacità di essere autonomo”.

Dopo il cantone San Gallo, il cui legislativo non aveva però confermato la decisione dell’esecutivo di sopprimere l’insegnamento dell’italiano, è toccato al semi-cantone di Obvaldo di annunciare recentemente la soppressione dello studio della lingua di Dante al liceo, a partire dal prossimo anno scolastico.

L’annuncio ha fatto sorgere un’accesa polemica in Ticino dove si sono susseguite le prese di posizione in merito alla perdita di consensi che la lingua italiana sta conoscendo fuori dai confini cantonali.

Dopo un incontro tra il consigliere di stato ticinese Manuele Bertoli, capo del Dipartimento dell’educazione e della cultura (DECS), ed il suo omonimo obvaldese, il governo ticinese si è rivolto lo scorso 9 novembre al Consigliere federale Didier Burkhalter e alla presidente della Conferenza dei direttori cantonali della pubblica educazione Isabelle Chassot.

Le autorità ticinesi hanno chiesto loro di sollecitare la Commissione svizzera di maturità a concludere rapidamente la verifica  della corretta applicazione, da parte dei cantoni, del regolamento che disciplina il riconoscimento degli attestati federali di maturità. I cantoni svizzeri che rinunciano all’insegnamento dell’italiano potrebbero infatti violare tale regolamento.

Il prossimo 24 novembre, una petizione munita di oltre 4000 firme e lanciata dall’Associazione svizzera dei professori di italiano, dal gruppo “italianoascuola.ch”, dalla “Pro Grigioni italiano” e dal DECS verrà depositata presso il dipartimento dell’educazione e della cultura del semicantone di Obvaldo.

Il 2 dicembre, il parlamento obvaldese risponderà ad un’interpellanza socialista che chiede il mantenimento dell’italiano come materia opzionale al liceo.

Lugano

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