Il fotografo francese Henri Cartier-Bresson era profondamente legato all’artista svizzero Alberto Giacometti. La loro amicizia era iniziata in un caffè parigino negli anni 1930 e si era protratta fino alla morte dello scultore, avvenuta cinquant’anni fa, l’11 gennaio del 1966.
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Henri Cartier-Bresson/Magnum Photos, Anand Chandrasekhar
In quanto amico, Cartier-Bresson ha avuto il privilegio di poter entrare nell’intimità dell’artista grigionese. Ha immortalato Giacometti non solo nel suo atelier alla Rue Hippolyte-Maindron, ma anche in contesti più personali. Ad esempio durante delle vacanze trascorse con lui e la sua famiglia nel villaggio natale dello scultore, a Stampa, nei Grigioni. Questa intimità ha forse rafforzato ancora di più l’ammirazione che Cartier-Bresson nutriva per l’artista, definito dal fotografo «uno degli uomini più lucidi e intelligenti» che conosceva.
Entrambi avevano molti lati in comuni. Erano tutti e due appassionati di surrealismo e ammiravano pittori come Cézanne, Van Eyck, Uccello…
I loro modi di creare erano però differenti. Cartier-Bresson credeva che un fotografo, contrariamente a un pittore, era creativo solo per la frazione di secondo necessaria che scattare l’immagine.
Nato e cresciuto in Val Bregaglia, Giacometti – classe 1901 – era rimasto molto attaccato alla sua regione d’origine, dove ritornava spesso. Il padre Giovanni era un pittore post-impressionista conosciuto.
Alberto Giacometti è morto a Coira l’11 gennaio 1966, in seguito a complicazioni cardiache. Quest’anno, in occasione del cinquantesimo anniversario della sua scomparsa, in Val Bregaglia è prevista l’inaugurazione del Centro Giacometti.
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