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Anna Felder: una lingua non è (solo) carta

Una sorridente Anna Felder circondata dagli studenti d'italiano del liceo Neufeld di Berna. swissinfo.ch

"Senza le spiegazioni non avrei capito i suoi racconti". Lo dice ad Anna Felder una studentessa d'italiano in un liceo di Berna.

Un esempio delle sfide cui si trova confrontato il lettore, e il traduttore, di un testo letterario ricco di doppi sensi e rimandi ad un’altra cultura.

La Collana ch (vedi “altri sviluppi”), che promuove lo scambio culturale tra le varie regioni linguistiche in Svizzera, organizza da qualche anno dibattiti in classe tra autori svizzeri, accompagnati dal proprio traduttore, e studenti delle scuole superiori.

Nel quadro di questo programma la scrittrice ticinese Anna Felder ha incontrato, insieme al suo traduttore tedesco Michael von Killisch-Horn, alcune classi che studiano l’italiano come lingua straniera al Ginnasio Neufeld di Berna. Con le loro insegnanti gli allievi avevano letto dei racconti brevi dalla raccolta “Nati complici”, con il supporto della traduzione in tedesco.

L’incontro è stato l’occasione per gli studenti di parlare di letteratura, della difficoltà della traduzione, soprattutto di un’autrice come Anna Felder la cui prosa, molto contratta, sintetica e solo apparentemente semplice, cela spesso una rete di doppi, tripli sensi e di rimandi culturali che costituisce una vera sfida, non solo per il traduttore, ma anche per il lettore non attento.

Integrazione …e cartone non riciclabile

Anna Felder, nata a Lugano nel 1937, ha passato la sua giovinezza in Ticino. Dopo gli studi a Zurigo e Parigi ha insegnato per anni l’italiano al ginnasio cantonale di Aarau, dove vive tuttora.

Durante i primi anni di insegnamento, Anna Felder si era anche impegnata nei programmi di integrazione dei bambini degli immigrati italiani nelle scuole del Canton Argovia. Esperienza che ha poi trasposto nel romanzo “Tra dove piove e non piove”.

Durante l’incontro nel liceo bernese, Anna Felder e il suo traduttore leggono “Colomba compresa”. In questo racconto la scrittrice descrive la sensazione di spaesamento che prova la protagonista (è un racconto autobiografico) quando una volta, insieme al cartone da riciclare, impacchetta anche la scatola di una Colomba pasquale, che gli addetti alla raccolta lasciano indietro. Ecco il passaggio:

“Anche davanti al cancello di casa hanno sgomberato i pacchi dei miei viaggi: tutto tranne uno. Uno lasciato sul lastrico a mostrare in testata il biasimo: scritto in italiano in lettere chiare, il cartone della Colomba in colori pastello….Cartone plastificato non riciclabile: me l’hanno lasciato in onta. O è il legaccio del pacco il peccato, arancione e sintetico? Oppure è loro lo sbaglio, una semplice dimenticanza?”

Saranno diversi credo i lettori di questo articolo che hanno commesso, come la scrittrice (e la sottoscritta) qualche sbaglio imperdonabile nel tentare di riciclare la carta e il cartone: avete presente quei bei pacchi perfetti di giornali sul ciglio della strada, parte integrante del paesaggio urbano elvetico…

Ebbene il racconto “Colomba compresa” descrive proprio il disagio di chi si fa notare per non aver “impacchettato bene” e si sente il dito puntato contro. Da chi? Nella storia di Anna Felder dal prototipo del vicino di casa insopportabile, quasi una caricatura, un uomo di una certa età che si crede perfetto e che sembra passare il suo tempo a controllare tutto e tutti per vedere che le cose siano fatte a regola.

Far vivere il testo fuori dal contesto scolastico

Gli studenti del liceo bernese sorridono della presa in giro di un tratto della mentalità svizzero-tedesca che anche loro, nonostante siano cresciuti qui, considerano piuttosto insopportabile.

Per nulla intimoriti, pongono domande precise, un po’ in italiano un po’ in tedesco sia ad Anna Felder che al traduttore. Individuano passaggi in cui loro avrebbero usato delle soluzioni diverse in tedesco. Tra questi adolescenti qualcuno starà sicuramente riempiendo pagine di diari intimi e magari culla in segreto il sogno di diventare un giorno scrittore.

Dopo l’incontro Anna Felder è soddisfatta: “È bello che si possa dare ai ragazzi la parola, che si possano esprimere anche criticamente, in un’atmosfera personale, senza né obblighi né voti.”

“È anche importante far vivere un testo fuori dall’aula scolastica. Io stessa quando insegnavo ricordo che i ragazzi erano molto entusiasti di questi incontri. Chissà che non facciano anche nascere un piacere nuovo alla lettura”, aggiunge la scrittrice.

Una colomba non è un Osterfladen

“Anche qui a Berna ho cercato di spiegare quanto una lingua porta di costumi, di atteggiamenti, di tradizioni. Non c’è solo la parola da cercare sul dizionario, ma dietro ogni parola c’è un destino, una persona, un popolo, un paese.”

Proprio come la parola “colomba”, del racconto in questione: nella versione tedesca non viene tradotta, perché come si fa a tradurre colomba pasquale? È intraducibile, come sono intraducibili pizza e panettone.

Chiedo ad Anna Felder di ricordare gli anni in cui lavorava per integrare gli allievi italiani e le loro famiglie e cosa è cambiato nel frattempo: “Oggi gli italiani si sono integrati benissimo. Adesso come sappiamo ci sono altre popolazioni che vengono qui in Svizzera. Ma il senso di estraneità, di provvisorietà, il modo diverso di mangiare, di vestirsi, gli orari…tutto questo rimane ed è importante saperlo vedere.”

Anche per gli insegnanti l’incontro è stato un successo. ” È un vero regalo”, dice la Professoressa Claudine Steiner, del liceo Neufeld, donato grazie al percento culturale Migros, uno degli sponsor della Collezione ch. “Con le casse vuote che hanno di questi tempi le scuole, esperienze di questo tipo resterebbero altrimenti un sogno irrealizzabile”.

swissinfo, Raffaella Rossello

Anna Felder è nata a Lugano nel 1937. Ha insegnato italiano per molti anni nella Svizzera tedesca, dove si è anche occupata dell’integrazione dei figli degli immigrati italiani. Tra le opere pubblicate: “Tra dove piove e non piove”, “La disdetta”, “Gli stretti congiunti”, “Nati complici”.

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