Il custode della bellezza
Si chiama Tiziano Dadò (1961) e di mestiere fa il 'teciatt', ovvero l’artigiano costruttore che restaura e ricostruisce i tetti in piode e le altre parti degli edifici tradizionali della Val Bavona.
All’inizio degli anni Trenta, Leni Riefenstahl ha soggiornato in Ticino, più precisamente nel villaggio di Foroglio, in Val Bavona, per girare il suo primo film dietro la macchina da presa: Das blaue Licht (1932). La valle del locarnese, allora isolata, è stata fonte di grande ispirazione per l’artista che ha mostrato fin da subito il suo talento attraverso la composizione di immagini cinematografiche di grandissimo impatto.
Leni Riefenstahl ha iniziato così la sua folgorante e controversa carriera da regista che la porterà di lì a poco a dirigere opere di propaganda per il regime nazista considerate ancora oggi, nonostante il contenuto, capolavori della storia del cinema. Nel film, oltre a bellezze naturali locali, in primis la cascata di Foroglio, è possibile vedere le numerose case costruite con pietra locale della Val Bavona. Quegli edifici, a Foroglio e negli altri undici villaggi della valle, sono rimasti praticamente ancora gli stessi.
Un patrimonio intatto
Il patrimonio architettonico della valle risale al XVI secolo, ovvero al periodo della cosiddetta piccola glaciazione che causò il grande esodo dei bavonesi. Come afferma lo storico Flavio Zappa, infatti, per la “Val Bavona la recrudescenza del clima, fenomeno iniziato già nel XV secolo, ha significato anche l’aumento delle catastrofi naturali”. Le condizioni di vita sulle Alpi svizzere sono sempre state difficili, in Val Bavona erano però proibitive: l’isolamento della valle, le asperità e la poca superficie coltivabile o destinabile al pascolo hanno reso questo territorio decisamente inospitale.
Il romanzo Il fondo del sacco (1970), scritto da Plinio Martini, è l’opera che è riuscita a restituire al meglio l’atmosfera della valle d’inizio Novecento. Nel dopoguerra le cose sono cambiate: la nuova strada Cavergno-San Carlo (1962), che rese la Bavona molto più accessibile, e le centrali idroelettriche della valle portarono con sé turismo e sviluppo.
L’attenzione nei confronti della valle avrebbe potuto portare a uno snaturamento del paesaggio ma, fortunatamente, questo non è avvenuto: il piano regolatore alquanto restrittivo, introdotto dalle autorità locali nel 1985, ha permesso di conservare perfettamente il territorio. Questo piano però non sarebbe servito a nulla se non ci fossero state figure in grado di metterlo in pratica. Una di queste è Tiziano Dadò, un artigiano costruttore che vive con la moglie tra Cavergno e il vilaggio di Fontanellata e si prende cura da anni delle abitazioni della valle.
Rubare il mestiere
Incontriamo Tiziano Dadò proprio a Fontanellata, a casa sua, una piccola abitazione tradizionale che guarda in direzione delle montagne del fondovalle. Tiziano è cresciuto in Val Bavona e parla quindi il dialetto locale. Con noi però si esprime nel cosiddetto “dialetto della ferrovia”, una parlata depurata dalle particolarità locali dei dialetti di valle.
L’artigiano vive a Fontanellata con la moglie durante i mesi più caldi, da marzo a ottobre, e il resto dell’anno si rifugia invece a Cavergno, paese all’imbocco della Val Bavona, dove la vita è sicuramente più agevole.
“Chi vuole restaurare una casa qui deve utilizzare esclusivamente materiale locale.”
Tiziano Dadò, artigiano
In queste zone e nella vicina Vallemaggia, lavorando sui cantieri come muratore, ha “rubato un mestiere” che sembrava destinato a scomparire: il teciatt. La professione è in realtà oggi molto richiesta. Come afferma l’artigiano, “oggi chi si occupa di costruzioni in pietra in queste zone ha molto lavoro perché il piano regolatore impone l’assoluto rispetto delle caratteristiche architettoniche locali. Questo obbliga i proprietari a ingaggiare figure altamente specializzate che conoscono alla perfezione il territorio. Chi vuole restaurare una casa qui deve utilizzare esclusivamente materiale locale, il granito proveniente della cava di Riveo o di Cevio, e rispettare norme ben precise, come ad esempio la pendenza del tetto o la forma delle piode”.
Metodo e fatica
Rimettere a nuovo un tetto in piode non è cosa semplice. Tiziano Dadò si rifornisce alla cava di Riveo dove riceve il granito in una forma grezza, dopodiché lavora a mano ogni singola pioda. Una volta lavorata, la pioda va portata sul tetto e sistemata.
“Prima facevo tutto a mano, ora invece utilizzo la gru o il montacarichi. Si tratta però sempre di lavorare e spostare quintali di materiale”. Per ricostruire un tetto di questo genere occorre almeno una settimana e parecchio denaro: “Tra materiale e manodopera i costi sfiorano i 1000 franchi al metro quadro. Il Canton Ticino fortunatamente sovvenziona questi lavori coprendo all’incirca il 20% dei costi”.
Il signor Dadò non rimette a nuovo solo tetti. È lui stesso a mostrarci con orgoglio le sue “opere” riportate all’antico splendore dalla testa ai piedi: “Mi occupo anche dell’isolamento delle case, del rifacimento delle facciate, dei muri di sostegno e dei pavimenti, lavoro il larice della valle per costruire gli infissi, sistemo all’occorrenza anche i muretti a secco che circondano le abitazioni”.
Dadò è davvero uno dei custodi della bellezza del paesaggio della valle, ma è anche un maestro: “Negli anni ho insegnato il mestiere a più di 30 giovani della zona. Occorrono nuove leve per portare avanti la professione”.
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