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Heidi, la bambina che ha conquistato il grande schermo

Anuk Steffen (Heidi) e Bruno Ganz (il nonno) in una scena del film. Keystone/Zodiac Pictures/Matthias Fleischer

L’allegra e ottimista Heidi, vera e propria icona svizzera, torna nelle sale cinematografiche. Ma dopo una dozzina di adattamenti, dai film muti in bianco e nero ai manga giapponesi, il mondo ha ancora bisogno di un altro film?

“L’ultimo film su Heidi che ha avuto un successo internazionale risale agli anni Cinquanta, due generazioni fa. Il materiale è così ricco! Potremmo perfino dire che ogni generazione ha bisogno della sua Heidi”, afferma il regista Alain Gsponer.

Non è la prima volta che Gsponer è alle prese col romanzo di Johanna Spyri, storia di un’orfanella piena di autenticità e naturalezza, del rapporto con la natura, la città, la vita e la malattia.

Da studente, il regista 39enne aveva realizzato un cortometraggio d’animazione su Heidi. “Mi sono burlato dell’immagine della Svizzera, che si vende attraverso il personaggio di Heidi e lo stereotipo di un mondo accogliente e idilliaco. Il corto è una satira. In realtà la favola [pubblicata all’origine in due volume, nel 1880 1881] racconta qualcosa di diverso. Si tratta di un dramma sociale che mette in luce i problemi esistenziali della Svizzera di quell’epoca”.

“Per noi era importante mostrare che in Svizzera c’è gente che ha patito la fame e persone che sono state emarginate, come il nonno. La popolazione conduceva una vita molto solitaria – non era tutto così idilliaco”.

Pubblicati nel 1880 e 1881, i due volume di Johanna Spyri che raccontano la storia di Heidi sono l’opera letteraria svizzera più conosciuta al mondo. Le copie vendute superano i 50 milioni. Il romanzo è stato tradotto dal tedesco in 50 lingue e adattato una decina di volte per il cinema o la televisione. 

La natura al centro del film

Grazie al film, questa generazione potrebbe dunque aver accesso a una lettura relativamente autentica e non romanticizzata del romanzo di Spyri. L’eccellente cast è guidato dall’attore svizzero Bruno Ganz – noto tra l’altro per “Il cielo sopra Berlino” – nei panni del nonno burbero, accompagnato dall’esordiente Anuk Steffen (Heidi), che ha avuto la meglio su 500 rivali.

“L’unica condizione era che la bambina fosse nata nella regione e parlasse il dialetto svizzero-tedesco”, afferma Gsponer. “La scelta non era grandissima!”. Tutti i dialoghi in dialetto saranno comunque doppiati in tedesco in modo da aumentare le chance di successo in Austria e in Germania.

“Nel primo casting ho trovato Anuk Steffen emozionante, coi suoi occhi vivaci e il suo modo intelligente di recitare. Stavo cercando qualcuno pieno di energia e al contempo fragile”.

È però il paesaggio ad essere probabilmente la star principale del film. Le scene di montagna sono state girate nel villaggio grigionese di Latsch, stessa scenografia del film storico del 1952.

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Le prime scene si soffermano a lungo – forse fin troppo – su campi, valli e cime. Non sorprende dunque che il cantone dei Grigioni abbia investito 150mila franchi nel film, su un budget totale di 8,5 milioni.

“Heidi ha aiutato molto il turismo elvetico. La storia è diventata un simbolo della Svizzera in tutto il mondo. È associata alle belle montagne, ai paesaggi alpini, a una vita priva delle preoccupazioni urbane”, spiega Véronique Kanel, di Svizzera Turismo.

“L’impatto più singolare della storia di Heidi sul turismo è legato al cartone animato di Hayao MiyazakiCollegamento esterno del 1974. La serie ha portato generazioni di turisti giapponesi in Svizzera, curiosi di vedere la vera terra di Heidi. Il cartone è stato diffuso in tutto il mondo e in alcuni paesi, come in Italia, ha avuto un successo straordinario”.

Una spinta per il turismo

Hans-Jörg Müntener, che dirige l’ufficio del turismo di Maienfeld, il “villaggio di Heidi”, afferma che gli oltre 100mila visitatori generano un valore aggiunto di 5 milioni l’anno per la regione.

Circa la metà dei turisti proviene dall’Asia. Oltre a cinesi e giapponesi, negli ultimi tre anni sono aumentati molto i turisti dei paesi del Golfo, spiega Müntener. “Sono persone che spendono 350-500 franchi a notte, mentre tedeschi e svizzeri spendono in media 50-80 franchi”.

Quando si tratta di girare un film, tuttavia, i paesaggi svizzeri possono anche creare qualche grattacapo. “Abbiamo avuto molta sfortuna con la meteo”, spiega Gsponer. “Abbiamo girato in estate [2014] e un paio di volte ha nevicato. I bambini hanno dovuto correre scalzi ed erano congelati. In fase di post-produzione abbiamo dovuto utilizzare spesso la correzione del colore per rimuovere il blu dalle labbra!”. E poi c’erano gli animali. “Le capre sono bestie da soma, abituate a scalare le montagne all’alba in cerca di cibo, per poi scendere in valle in serata. Ovviamente noi non volevamo fare su e giù. Ma a volte era davvero difficile convincere le capre a salire verso la vetta alle tre del pomeriggio”.

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Per la sceneggiatrice Petra Volpe, la sfida più grande è stata quella di “restare fedele al materiale originale, senza lasciarsi tentare da effetti più appariscenti. Non possiamo competere con la Pixar!”.

“Il libro mi ha davvero commossa. Da piccola non lo avevo letto. Sono cresciuta con la serie televisiva svizzero-tedesca (1978) e il manga giapponese. Nella romanzo ho trovato qualcosa che non avevo visto negli altri adattamenti di Heidi”.

“Johanna Spyri descrive in modo estremamente preciso la povertà in Svizzera e le difficoltà con le quali erano confrontati i bambini e gli orfanelli. Erano lasciati a loro stessi”.

Ma pur restando fedele al materiale, Petra Volpe ha dovuto cercare un modo per rendere il film attrattivo agli occhi di un pubblico contemporaneo. Una sfida non da poco, dice la sceneggiatrice.

“Un elemento importante nelle fiabe di Johanna Spyri è la religione: nel secondo volume, Heidi parla spesso di Dio e riesce a convertire tutti, dal medico al padre di Clara”, afferma la sceneggiatrice.

“Non potevo immedesimarmi perché sono atea. In Johanna Spyri c’è però anche una spiritualità che va oltre il Cristianesimo. Il legame dei personaggi con la natura è qualcosa si estremamente profondo. Così ho voluto concentrarmi su questo aspetto: la natura diventa un luogo spirituale per Heidi, dove può essere sé stessa”.

(Traduzione dall’inglese, Stefania Summermatter)

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