Come trasformare un castello in affare
Sfidare cavalieri e affrontare draghi su uno schermo o in un vero castello? Di fronte a un’offerta culturale e di svaghi sempre più vasta, i castelli svizzeri faticano ad attirare visitatori. Un cantone cerca di contrastare questa tendenza attraverso la rievocazione storica. Ma basterà per far quadrare il bilancio?
Siamo nella campagna del canton Argovia. Sulla collina circondata da vigneti e campi, si staglia il castello di Wildegg. Risalente alla prima metà del XIII secolo, il maniero è stato costruito dagli Asburgo, una delle più importanti case regnanti europee che, come forse pochi sanno, ha le sue radici proprio in questo cantone svizzero.
Passato nelle mani degli Effinger nel 1483, il castello è stato ampliato e trasformato in stile barocco attorno al 1700. Questa famiglia, che ha vissuto qui per 11 generazioni, amava attorniarsi di oggetti raffinati, come la collezione di stoviglie di porcellana, tutt’oggi in uno stato di conservazione perfetto.
Acquisito dalla Confederazione nel 1912 dopo l’estinzione degli Effinger, il castello e la proprietà che lo circonda sono passati nelle mani del canton Argovia nel 2011. Oggi è uno dei sei siti del Museo d’ArgoviaCollegamento esterno, che comprende altri tre castelli, un monastero e il campo di una legione romana.
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Un pezzo di storia visto dal cielo
Storia vissuta
«L’anno scorso abbiamo registrato un aumento dell’8% del numero di visitatori. È un fatto piuttosto eccezionale nel paesaggio museale svizzero e anche mondiale. Soprattutto se non si tratta di un nuovo museo o se non si hanno dei Picasso», afferma il direttore Jörn Wagenbach, che incontriamo nel suo ufficio nel castello. Nel 2013, vi sono stati 245’000 visitatori. Cinque anni prima erano solo 82’000.
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Medioevo, che passione
La crescita è da imputare soprattutto al lavoro svolto dal predecessore di Wagenbach, Thomas Pauli, alla testa dell’ente fino alla metà del 2013. Pauli non solo ha raggruppato i sei siti sotto un solo ombrello, ma ha anche inventato lo slogan «vivere la storia dove si è svolta».
«La sua specialità era di mostrare dei posti autentici, attraverso storie che stimolano tutti i sensi. Ad esempio, ascoltare musica e incontrare persone con costumi romani, medievali o barocchi che fungono da guida nelle loro case e raccontano la loro vita», spiega Wagenbach.
A fare quest’anno da ‘fil rouge’ è il tema «Attenzione, contagioso!». Le diverse mostre gettano uno sguardo su 2’000 anni di storia della medicina e dell’igiene. Il castello di Wildegg presenta un’esposizione dedicata alle malattie nervose e a come venivano curate a cavallo tra XIX e XX secolo. Al castello di Hallwyl, i visitatori possono invece rendersi conto di come la gente curava l’igiene nel medioevo.
Una sfida costante
Trovare costantemente dei temi interessanti, rappresenta una delle principali sfide con cui sono confrontati coloro che gestiscono i castelli, osserva Wagenbach. Altrimenti la gente non ritornerà.
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La storia vista dalla tazza del WC
Questi luoghi devono riuscire ad offrire qualcosa a tutti – anche a coloro che cercano semplicemente un po’ di quiete. Rimanendo però al passo coi tempi. «È domenica e voi e i vostri figli dovete decidere se giocare ai cavalieri e ai draghi su un iPad o se visitare dei cavalieri e dei draghi al castello di Lenzburg. Il castello di Lenzburg deve presentare un’offerta veramente interessante per poter competere con il gioco sull’iPad», sottolinea Wagenbach.
Naturalmente, i musei cercano di rimanere autentici senza scadere in uno stile Disney, aggiunge. Gestire un castello però costa caro, soprattutto se racchiude un museo. «Vi è naturalmente un aspetto commerciale. Con un castello non si guadagna. Tutt’altro. Costa soldi ai contribuenti. E per questo dobbiamo sempre analizzare qual è la nostra ragione d’essere», spiega Wagenbach.
Per questo, i castelli del Museo d’Argovia possono essere affittati per degli eventi e ospitano bar e negozi di souvenir. Non è un caso se è stato proprio Jörn Wagenbach ad essere scelto per dirigerle l’ente. Il direttore vanta infatti un’esperienza di 17 anni nelle relazioni pubbliche e nel commercio e ha lavorato, tra l’altro, per l’aeroporto di Zurigo.
Non tipici della Svizzera
I turisti vengono in Svizzera prima di tutto per la bellezza dei paesaggi e la natura e non per i castelli, secondo quanto comunicato da Svizzera TurismoCollegamento esterno.
Certo, vi sono alcune eccezioni. Ad esempio, il castello di Chillon, sulle rive del Lemano, ha registrato quasi 350’000 entrate nel 2013. La maggior parte dei visitatori – il 74% – proviene dall’estero. E i festival medievali – osserva ancora Svizzera Turismo – acquistano sempre maggiore popolarità.
Tuttavia, i castelli soffrono della competizione delle Alpi e delle città, come confermato in un rapporto dell’Istituto Gottlieb Duttweiler, eseguito su incarico del Museo d’Argovia. L’immagine della Svizzera non viene infatti associata ai castelli, come invece accade ad esempio nella regione della Loira, in Francia. Se si escludono i castelli più famosi (quello di Chillon o quello di Gruyère), la maggior parte dei visitatori è locale.
Jörn Wagenbach vorrebbe cambiare questo dato di fatto e sta valutando l’idea di introdurre un marchio di qualità per i castelli svizzeri. Il progetto è ancora agli inizi, ma vi sono una ventina di potenziali partner, spiega il direttore.
Un simile progetto permetterebbe ai castelli di condividere le loro risorse, ad esempio organizzando esposizioni itineranti. «Dobbiamo posizionarci a livello nazionale», dichiara.
Quale futuro?
Il rapporto dell’Istituto Gottlieb Duttweiler è giunto alla conclusione che le offerte dei castelli sono «ampie e diversificate», ma ha constatato che vi è una mancanza di risorse e che è necessario un approccio più moderno.
Quasi la metà dei castelli sono in mano privata. Alcuni di questi sono state acquistati dalle comunità locali, allo scopo di preservare l’eredità storica. Ad esempio, negoziati sono in corso per l’acquisto del castello di Tarasp, nei Grigioni.
Altri castelli, come i cinque che si trovano attorno al lago di ThunCollegamento esterno, hanno già riunito le loro forze per migliorare il marketing. «Questa unione rappresenta una vera pietra miliare», ha affermato Christina Fankhauser, responsabile del castello di Oberhofen, durante il lancio della stagione estiva. Spera che il suo castello, molto fotografato, potrà accogliere più visitatori.
Ci è voluto un anno per creare questo marchio, dichiara a swissinfo.ch Ariane Klein, responsabile del progetto. Oltre a un sito internet e a un opuscolo comune, sono proposti dei forfait speciali, come una gita in battello sul lago e un’entrata per due castelli.
«Oggi i visitatori hanno bisogno più di un semplice museo, afferma. Hanno una scelta già talmente vasta per il loro tempo libero, che bisogna proporre loro qualcos’altro. Qualcosa che riesca ad impressionare. In questo modo ritornano, magari per un matrimonio o una festa aziendale».
Castelli in Svizzera
L’Associazione svizzera dei castelliCollegamento esterno ha censito nel paese 843 castelli (tra cui molti anche in rovina). Circa 70 ospitano anche un museo.
Secondo i dati di Svizzera Turismo, i più popolari sono il castello di Chillon, sulle rive del lago Lemano, Castelgrande di Bellinzona, il castello di Thun, nell’Oberland bernese, e quello di Gruyères, nel canton Friburgo.
Edificato sopra un isolotto roccioso, il castello di Chillon è stata la dimora dei conti di Savoia e oggi è l’edificio storico più visitato della Svizzera.
Castelgrande è uno dei tre castelli (assieme a quelli di Montebello e Sasso Corbaro) che compongono la struttura difensiva che sbarrava la valle del Ticino in tutta la sua larghezza. I tre castelli sono iscritti al Patrimonio mondiale dell’Unesco.
Il castello di Thun, con le sue caratteristiche quattro torri d’angolo e l’imponente tetto, è stato eretto dai duchi di Zähringen alla fine del XII secolo.
Costruito attorno al 1270, il castello di Gruyères, nel canton Friburgo, è stata la dimora dei conti di Gruyère.
traduzione di Daniele Mariani
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