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Dal Vesuvio a Mosca, senza lasciare la Svizzera

The whole wide world reflected in Swiss place names. Illustration by Marco Heer.
I nomi dei luoghi svizzeri riflettono il mondo intero. Illustrazione di Marco Heer. Marco Heer

Sibirie, Afrika, Le Brésil, Himalaia: nessuno di questi toponimi suona particolarmente elvetico. Eppure questi luoghi si trovano proprio in Svizzera, dove si stima che siano state prese in prestito diverse centinaia di nomi "esotici". 

Questo testo è una traduzione di un articolo Collegamento esternopubblicato sul Blog del Museo nazionale svizzero il 23 novembre 2023.

La maggior parte di questi toponimi e di luoghi “esotici” sono stati coniati negli ultimi due o tre secoli, per motivi molto diversi. 

La logica del nome “Vesuv” a Heiligenschwendi, nel canton Berna, è facilmente intuibile: la forma approssimativamente conica della collina è simile a quella del Vesuvio, il celebre vulcano situato nell’Italia meridionale. 

Vesuv(ius) in Heiligenschwendi.
Vesuv(io) a Heiligenschwendi. Tina Bollmann, with thanks to Heiligenschwendi Tourism

Ma le somiglianze di molti altri toponimi con i luoghi geografici originali e le caratteristiche che li hanno ispirati sono molto meno evidenti – e spesso un po’ inverosimili. La zona di campagna di Jaun (Friburgo) chiamata Bresilie/Le Brésil, ad esempio, un tempo era incolta a causa dell’aridità del terreno. È così che nei secoli passati ci si immaginava il Brasile, da cui il nome. 

Con una logica simile, a diverse aree inaccessibili o inadatte all’agricoltura è stato dato il nome di “Afrika”. Questo particolare toponimo si trova ad esempio a Buchs (San Gallo) e a Büren (Soletta). 

The Jaun Valley, 1988.
La valle di Jaun, 1988. Eth-bibliothek Zürich, Bildarchiv

Nomi umoristici 

In molti casi, questi nomi presi in prestito sono stati probabilmente coniati con ironia. Come spiegare altrimenti “Himalaia” per un modesto pendio alberato a Salenstein, nel canton Turgovia? Alcune località particolarmente fredde e ombreggiate, dove la neve tendeva a rimanere più a lungo rispetto alla zona circostante, come Rothrist (Argovia), Kappelen (Berna) o sopra Elm (Glarona), sono state chiamate “Sibir(ie)” in onore della Siberia, l’inospitale regione russa nota per i suoi lunghi e rigidi inverni. 

Anche il nome di due case note come “Petersburg” è stato coniato per scherzo. La prima, a Fischingen nel canton Turgovia, fu costruita da un uomo che di cognome faceva Peter. A causa delle sue dimensioni, fu chiamata beffardamente Pietroburgo (“burg” significa castello), oltre a essere un’allusione alla capitale alla moda dell’Impero russo. L’uomo che costruì l’altra Petersburg, a Ramsen, nel cantone di Sciaffusa, nel 1822, era un certo Peter Neidhart – quindi, ancora una volta, è stato soprattutto il proprietario a influenzarne il nome. Prendendo spunto da “Petersburg”, le case costruite successivamente a Ramsen si chiameranno Moskau (Mosca) e Warschau (Varsavia). 

Ramsen with the house names Warschau, Moskau and Petersburg on the Siegfried Map.
Ramsen con i nomi delle case Warschau, Moskau e Petersburg sulla carta Siegfried. Swisstopo

Molto, molto lontano

Molti toponimi venivano utilizzati per trasmettere la lontananza dell’area in questione. La maggior parte delle oltre 20 Americhe della Svizzera tedesca, così come le due Kanadas di Gams (San Gallo) e Welschenrohr-Gänsbrunnen (Soletta), si trovano a una distanza considerevole dalle città e dai villaggi più vicini. Questi nomi hanno avuto origine all’epoca della conquista e della colonizzazione delle Americhe da parte degli europei. 

A partire dal XVIII secolo, quando un numero crescente persone dalla Svizzera iniziò a emigrare in Nord e Sud America (diverse centinaia di migliaia tra il 1850 e il 1930), il nome Amerika assunse molte connotazioni diverse in patria, due delle quali erano senza dubbio “lontano, molto lontano” e (erroneamente) “zona non colonizzata dell’Ovest”. Così Amerika e Kanada vennero utilizzati come nomi di località geografiche remote nella parte germanofona del Paese. 

Emigranti…

E l’atto stesso dell’emigrazione si riflette in alcuni nomi di luoghi. L’ “Amerikanerblätz” di Hägendorf è stato chiamato così perché quest’area era stata disboscata e il ricavato della vendita del legname era stato utilizzato per pagare i debiti della comunità. Il villaggio nel cantone di Soletta si era indebitato nel 1854 dopo aver pagato il viaggio in America di 128 dei suoi cittadini e delle sue cittadine più povere. Un’impresa costosa, ma che quasi certamente era valsa la pena per le autorità, dato che le persone emigrate non erano più un peso per il fondo di assistenza ai poveri e alle povere del villaggio. 

The now cleared area of Argentinie in Niederweningen, aerial view.
L’area ora bonificata di Argentinie a Niederweningen, vista aerea. Swisstopo

Il nome “Amerika-Egge” a Uetendorf racconta una storia simile: la comunità del cantone di Berna ha venduto quest’area per finanziare l’emigrazione di chi era indigente. “Argentinie” a Niederweningen (Zurigo) è un’altra località che potrebbe aver preso il nome dalla vendita di legna da parte della comunità per raccogliere fondi per l’emigrazione, in questo caso in Sud America. 

…e immigrati

Non tutti coloro che sono andati all’estero sono rimasti nella loro nuova patria. Molti sono tornati. Uno di questi era un contadino di nome Kämpfer, che si stabilì a Wintersingen (Basilea Campagna). Secondo i racconti, Kämpfer veniva spesso visto seduto su una panchina vicino alla sua fattoria, da cui si godeva di una vista molto ampia, tanto da fargli esclamare che era “tornato in America”. E così il nome “Amerika” rimase impresso al luogo in cui si trovava la panchina. 

Un prato selvaggio e arbustivo sul fiume Aare, tra Heimberg e Steffisburg, nel canton Berna, ricordava a un altro rimpatriato la California, dove aveva vissuto. L’area, che ora è stata edificata, è stata così soprannominata “Kaliforni” nel dialetto locale. 

Im Kaliforni district in Heimberg.
Il quartiere di Kaliforni a Heimberg. Swisstopo

Anche le donne e soprattutto gli uomini svizzeri avevano interessi nelle ex colonie: alcuni, come la famiglia Faesch di Basilea, possedevano piantagioni. I Faesch ne regalarono una nel sudamericano Suriname, occupato dai Paesi Bassi, alla figlia Margaretha Viktoria e suo marito Johann Rudolf Ryhiner come regalo di nozze. Ispirandosi a questo regalo, la coppia battezzò la casa padronale che costruì a Kleinbasel nel 1797 “Klein-Surinam” o “Piccolo Suriname”. Nel quartiere esiste ancora una strada chiamata “Im Surinam”. 

Eserciti stranieri

Molte persone emigranti fuggivano dalla povertà e dalla fame, mentre altre speravano di avere migliori opportunità di carriera all’estero. Fortunatamente, l’emigrazione svizzera nel XVIII, XIX e inizio XX secolo non è stata motivata dalla guerra, anche se il Paese alpino non è rimasto del tutto esente da conflitti armati. Anche questo si riflette nei toponimi occasionali. 

Ci sono non meno di tre “Schwedeschanze”: a Breitenbach (Soletta), Beggingen (Sciaffusa) e Pfeffingen (Basilea Campagna). Si tratta di siti in cui le persone si sarebbero nascoste dalle truppe svedesi che combattevano nella Svizzera settentrionale durante la Guerra dei Trent’anni (1618-1648). O, forse, di luoghi in cui si rifugiarono gli stessi svedesi – non è più del tutto chiaro. 

General Suvorov’s troops doing battle with French troops on the Devil’s Bridge. Artist unknown, circa 1800.
Le truppe del generale Suvorov si scontrano con le truppe francesi sul Ponte del Diavolo. Artista sconosciuto, 1800 circa. Swiss National Museum

Ci sono anche due “Russeschanze”, una a Obersiggenthal (Argovia) e l’altra a Ramsen (Sciaffusa), dove si dice che i russi si siano nascosti durante le guerre di coalizione (1792-1815). Non vanno poi dimenticate le due “Franzoseschanze”: di Muotathal (Svitto) e “Unterengstringen”: (Zurigo), che si ritiene abbiano avuto origine dalle guerre di coalizione. Tuttavia, non è possibile dimostrare che le truppe in questione fossero effettivamente presenti in ciascuno di questi luoghi. 

La storia mondiale riflessa in Svizzera 

Le guerre hanno continuato a influenzare i nomi del paesaggio svizzero anche molto tempo dopo aver cessato di svolgersi sul territorio elvetico, per lo più in modo circostanziato e in alcuni casi accidentale. C’è una “Mandschurei” a Busswil, vicino a Büren (Berna). Si suppone che questa radura abbia acquisito il suo nome perché fu creata all’epoca della guerra russo-giapponese (1904-1905), in cui le potenze rivali si contendevano la regione della Manciuria (ora nell’attuale Cina e Russia). 

Una storia simile si è ripetuta circa 50 anni dopo nella stessa comunità. Questa volta si trattava della guerra d’Algeria (1954-1962), per cui l’appezzamento di terreno sgomberato fu chiamato senza tanti complimenti con il nome della capitale algerina “Algeri”. 

La Terra Santa 

Alcuni dei più antichi nomi “esotici” presi in prestito sono di origine biblica, primo fra tutti “Betlemme”. Più di una dozzina di luoghi, elementi paesaggistici e case portano questo nome, talvolta fin dal Medioevo. Ma le ragioni sono diverse. Il più antico edificio in legno di Svitto, ad esempio, fu chiamato Betlemme perché il suo aspetto umile ricordava la stalla in cui era nato Gesù. Un modo di pensare simile ha probabilmente condotto al nome della fattoria di Betlemme a Waldkirch (San Gallo). Anche la somiglianza tra le parole “Betlemme” e “Bettelheim” (che significa “casa per mendicanti”) ha probabilmente giocato un ruolo. 

The Holy Land in Bern. Bern, Bethlehemacker building project, 1982.
La Terra Santa a Berna. Berna, progetto edilizio Bethlehemacker, 1982. Eth-bibliothek Zürich, Bildarchiv

La frazione di Betlemme a Homburg (Turgovia) ha senza dubbio acquisito il suo nome come realizzazione di un desiderio, dato che i suoi primi abitanti erano principalmente membri pii della Libera Chiesa che si erano trasferiti lì da Berna. Non è chiaro, invece, come il quartiere di Betlemme nella città di Berna abbia preso il suo nome. Se non per una delle ragioni sopra descritte, forse perché il quartiere era in origine una tappa di un percorso di pellegrinaggio legato al luogo di nascita di Gesù. 

Nel cantone di Lucerna ci sono anche due fattorie che si chiamano “Libanon”. Entrambe sono situate sul fianco di una collina e quasi certamente hanno assunto questo nome per richiamare in modo ironico la catena montuosa del Libano, in Medio Oriente, che doveva essere familiare ai lettori e alle lettrici della Bibbia dell’epoca. Nella parte germanofona del Paese ci sono numerosi ruscelli con il nome biblico scherzoso del fiume Giordano: il “Giordano” di Berlingen (Turgovia) si trova addirittura accanto all’Öölbärg, il Monte degli Ulivi. 

Gli eterni saraceni

Uno dei più antichi toponimi “esotici” ancora esistenti in Svizzera è quasi certamente Pontresina, che può essere fatto risalire al latino “ponte saraceno”. Il termine “Saraceno” si riferisce ai Saraceni, che nel Medioevo era comunemente usato in Europa per descrivere i “musulmani”. Tuttavia, l’uomo che fondò Pontresina con ogni probabilità non era un musulmano e certamente non era un saraceno, ma potrebbe aver acquisito questo soprannome per via della sua pelle un po’ più scura o di una (presunta) ascendenza mediorientale. 

È vero che i guerrieri musulmani hanno ripetutamente saccheggiato e depredato i Grigioni e il Vallese durante alcuni decenni del X secolo, arrivando quasi a San Gallo. Ma non ci sono ancora prove archeologiche che i Saraceni abbiano mai messo radici nell’attuale territorio svizzero o fondato insediamenti qui – nonostante gli avventurosi tentativi di alcuni appassionati di storia di dimostrare il contrario facendo riferimento alle origini dei nomi dei luoghi. 

La componente “saracena” in nomi come “Bisse des Sarrasins” ad Anniviers (Vallese) può indicare un’origina antica (l’idea che il canale di irrigazione sia abbastanza antico da essere stato costruito dai Saraceni) o, come nel caso di “Le Sarrasin” a Ponthaux (Friburgo), alludere alla coltivazione del grano saraceno (noto in francese come “blé sarrasin”), un cereale portato in Europa dai Tatari musulmani. Una storia simile è quella dei numerosi “Türkeien” della Svizzera centrale e orientale. Nella parte orientale della Svizzera tedesca, il mais era conosciuto nel dialetto locale come “Türgg(e)” fino al XX secolo, poiché si pensava che il questa pianta proveniente dall’America centrale fosse originaria della Turchia (da cui l’espressione italiana “granoturco”). 

Riflettere sulla nostra percezione del mondo

In definitiva, possiamo dire che le innumerevoli centinaia di toponimi “esotici” presenti in Svizzera sono stati coniati nel corso di molti secoli e per motivi molto diversi. Ciò li accomuna è che testimoniano il modo in cui vari eventi e avvenimenti internazionali venivano percepiti e contemplati a livello locale e che rappresentano un’affascinante riflessione su come le persone immaginavano il mondo in una determinata epoca storica. 

Informazioni sull’autore: André Perler 

André Perler è dialettologo e storico e lavora presso la Radio e televisione svizzera in lingua tedesca come redattore dialettale. 

SWI swissinfo.ch pubblica regolarmente articoli dal blog del Museo nazionale svizzeroCollegamento esterno dedicati a temi storici. Gli articoli originali sono generalmente in tedesco, talvolta in francese o in inglese.

Traduzione dall’inglese: Sara Ibrahim 

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