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Giallo nostalgia sul treno del Bernina

Un treno carico di storia. Ferrovia retica

Ha un secolo di vita ma non si direbbe. Il trenino del Bernina, che collega la Valtellina all’Engadina, festeggia quest’anno il suo 100esimo compleanno e rispolvera per l’occasione i primi convogli giallo-oro. Reportage a bordo della storia, da St. Moritz a Tirano.

Una domenica mattina di febbraio, stazione di St. Moritz. La capitale del lusso ad alta quota è avvolta in una coltre di nebbia. Il vento soffia gelido e porta con sé qualche fiocco di neve, ultimo residuo di una tempesta notturna.

Di turisti nemmeno l’ombra, almeno per ora. La cittadina continua a sonnecchiare, cullata dalla cantilena dei trenini rossi che partono e arrivano a scadenze regolari. Al binario cinque un ospite d’eccezione attende i passeggeri per un viaggio nel tempo: è un piccolo treno dalle carrozze giallo-oro risalenti ai primi anni della storia del Bernina.

Con la sua forma arrotondata, i sedili in vimini e i portabagagli in cotone, questo trenino sembra quasi uscito da un fumetto per bambini. Chiudendo gli occhi si sente quell’odore tipico dei vagoni di una volta, del tempo che passa, della polvere che si annida tra le pieghe del legno, del vento e dei campi che attraversano vetri e fiancate.

Alle 9:35 un fischio taglia l’aria. «Tutti i passeggeri in carrozza, destinazione Tirano!», grida Christian, immerso nel suo ruolo di capostazione d’altri tempi. Un paio di balzi in avanti, incerti e capricciosi, e poi avanti tutta verso il Passo del Bernina con un’andatura dolce, quasi sensuale.

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La tratta che unisce l’Engadina alla Valtellina è un piccolo gioiello ingegneristico, la cui fama ha ormai varcato i confini nazionali. Definita dal National Geographic Magazine una delle linee ferroviarie più suggestive al mondo, nel 2008 è stata iscritta nella lista del Patrimonio mondiale dell’Unesco. A livello mondiale soltanto altre due ferrovie sono riuscite ad ottenere l’ambito marchio: la ferrovia del Semmering in Austria e la Darjeeling Himalaya Railway in India.

Operai italiani all’opera

«La costruzione della ferrovia del Bernina iniziò nel 1906 e vi parteciparono oltre 3’000 operai, in gran parte italiani. Nel 1908 furono inaugurate alcune tratte come la Poschiavo-Brusio, e nell’estate del 1910 l’intera linea con i suoi 61 km di binari e una pendenza del 70‰», ci spiega il nostro cicerone Gian Brüngger.

Perfino i giapponesi sono rimasti affascinati da questa tecnologia e negli anni Venti hanno costruito nelle vicinanze di Tokyo la Hakone-Tozan, una ferrovia che funziona secondo lo stesso sistema a scartamento ridotto, e che permette così di affrontare le curve a raggio minimo.

A rendere unica la tratta del Bernina è però soprattutto il paesaggio. Laghi e ghiacciai, vette e valichi, borghi e cittadine accompagnano i viaggiatori dalla Svizzera all’Italia attraverso 52 ponti e 13 tunnel. Lasciate St. Moritz e Pontresina, il trenino giallo si inerpica fino ai 2’256 metri della stazione Ospizio Bernina e lungo il percorso offre ai viaggiatori una magnifica vista sull’omonimo Pizzo, il quattromila più orientale dell’arco alpino.

Riservata agli alpinisti più esperti, negli anni Trenta questa cima avrebbe potuto diventare la stazione più alta d’Europa, superando i 3’454 metri della Jungfrau. Dagli archivi della Ferrovia retica emerge infatti un progetto di costruzione di una nuova linea dal Morteratsch fino al pizzo. «L’idea fu però ostacolata dalla prime associazioni ecologiste, dai club alpini, dalla popolazione locale e dai turisti stranieri, preoccupati dell’impatto ambientale sulla regione», ricorda Gian Brüngger. «Senza contare che in quegli anni di piena crisi economica investimenti di questo tipo non erano certo prioritari».

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Tra terra e cielo

Dall’Ospizio del Bernina il trenino inizia la sua discesa a valle. Stride, cigola e si avvita su sé stesso. A volte si ferma, educato, per lasciar passare un convoglio proveniente da Sud. Poi riparte, sobbalza, tentenna, a una velocità che non supera mai i 40 km/h.

Giunti davanti all’Alp Grüm, un guasto costringe il trenino alla resa. «Bella trovata turistica», pensano in molti. Ma l’attesa si protrae e l’ansia cresce, soprattutto perché ad attenderci ci sono ancora oltre mille metri di dislivello.

A rassicurarci, però, ci pensa il nostro cicerone. «Negli anni Sessanta un treno rimase bloccato per tre giorni all’Ospizio del Bernina a causa della neve! Noi almeno siamo al sicuro». Magra consolazione per chi è costretto a guardare impotente macchinista e controllore armeggiare con dei ferri vecchi per far ripartire il treno…

«Se solo il tempo fosse stato più clemente, avremmo almeno potuto goderci il panorama», commenta un turista italiano. «Dicono che oltre al Ghiacciaio del Palü, da Alp Grüm si possano vedere le Alpi Bergamasche. Chissà che bello con la luna piena… ».

Oltre le frontiere

Dopo oltre un’ora di attesa il treno si lascia alle spalle la neve e i ghiacciai, diretto a Tirano. Dalla cabina di Rodolfo, il macchinista tuttofare, la vista sulla Val Poschiavo è impressionante.

Come impressionante è osservarlo dominare la natura a bordo di un piccolo bruco giallo. «È sempre un’avventura guidare queste vecchie motrici», ci racconta Rodolfo, mentre con una mano gira la manovella dei tergicristalli e con l’altra controlla la velocità. Di viaggi dall’Engadina alla Valtellina, Rodolfo ne ha già fatti tanti. «Ma ogni volta è come se fosse la prima…».

Alla stazione di Campocologno il treno tira dritto. Da qualche anno ormai non c’è più frontiera che lo fermi. E d’altronde non poteva essere altrimenti visto che questo trenino è anche il simbolo di un legame tra Svizzera e Italia e tra le diverse regioni linguistiche del canton Grigioni.

Alle 14 in punto si giunge al capolinea. Un ultimo sguardo sfuggente a questo pezzo di storia e un augurio sincero: Buon compleanno ferrovia del Bernina

Costi di costruzione: 11,7 milioni di franchi dell’epoca
Sistema elettrico: corrente continua
Dislivello: Tirano (429 mslm) – Ospizio Bernina (2253 mslm)
Pendenza massima: 70‰
Raggio minimio in curva: 45m
Tunnel e gallerie: 13
Ponti: 52

Tra il 1906 e il 1910, alcune migliaia di operai, in maggioranza valtellinesi e valchiavennaschi, parteciparono alla costruzione della ferrovia del Bernina. Il loro contributo a quest’opera pionieristica è stato quasi dimenticato. Delle loro condizioni di vita e di lavoro si sa ancora pochissimo. In occasione del giubileo della ferrovia del Bernina, la Società Storica Val Poschiavo sta lavorando a una ricerca storica sull’argomento, in collaborazione con la Pro Grigioni Italiano e il Museo Poschiavino.

«La ferrovia retica nel paesaggio dell’Albula e del Bernina rappresenta una costruzione ferroviaria esemplare per rompere l’isolamento delle Alpi centrali».

«Le sue conseguenze socio-economiche sono state importanti e durature per la vita in montagna, gli scambi umani e culturali e l’evoluzione del rapporto uomo-natura in Occidente».

«L’insieme ferroviario s’iscrive inoltre in modo particolarmente armonioso nei paesaggi alpini attraversati».

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