Goccia dopo goccia verso un’equità linguistica
Punto di forza della Svizzera, la pluralità linguistica non è pienamente rispettata nell'amministrazione federale: i posti chiave, ad esempio, sono quasi sempre occupati da quadri svizzero-tedeschi. Helvetia latina chiede rapidi correttivi alle autorità per salvaguardare il patrimonio culturale nazionale.
“Nella nostra lotta per la promozione del plurilinguismo nell’amministrazione federale siamo costretti ad operare con una pazienza cinese”, ha dichiarato il consigliere nazionale Fabio Pedrina, vicepresidente di Helvetia latina, durante una conferenza stampa tenuta lunedì a Berna dai rappresentanti dell’associazione.
Helvetia latina, che festeggia proprio quest’anno il suo 30esimo anniversario, ha contribuito a far compiere alcuni passi avanti all’apparato statale per rafforzare l’impiego delle lingue latine e la presenza di francofoni, italofoni e romanci nell’amministrazione federale e nelle aziende pubbliche della Confederazione.
“Goccia dopo goccia abbiamo ottenuto dei miglioramenti verso un’equità di trattamento delle lingue appartenenti alle minoranze culturali del paese. Ma la situazione rimane tuttora insoddisfacente”, ha affermato Pedrina.
Posti chiave alla maggioranza
Ancora oggi, dopo molti anni di battaglie, i posti chiave dell’amministrazione federale rimangono infatti nelle mani di quadri dirigenti di lingua madre tedesca. È il caso, ad esempio, dell’82% dei capi del personale, del 95% dei responsabili delle finanze o addirittura del 100% dei segretari generali.
“Si tratta di un problema importante”, spiega Fabio Pedrina a swissinfo. “Come dimostrato da vari studi, la lingua materna di un dirigente influisce sensibilmente sull’assunzione del personale subalterno. Vi è spesso l’abitudine di assumere collaboratori della propria lingua materna, dal momento che l’integrazione di persone di lingua diversa richiede uno sforzo maggiore. Si crea così una catena che scende in parte fino ai posti di apprendistato”.
La stragrande maggioranza delle decisioni sono concepite e adottate in lingua tedesca, insiste ancora il vicepresidente di Helvetia latina. “Le leggi vengono quasi sempre formulate, già a livello mentale, in tedesco. Ogni anno si possono contare sulle dita della mano quelle che sono scritte originariamente in francese ed è praticamente inutile cercare testi redatti in italiano o romancio”.
Plurilinguismo in pericolo
A detta di Pedrina, la relativa discriminazione delle minoranze linguistiche nell’amministrazione federale non è generalmente dovuta ad una volontà deliberata da parte della maggioranza tedescofona. “Secondo me, si tende piuttosto a sottovalutare il danno che una politica di questo tipo arreca alla nostra nazione. Senza un correttivo, possiamo inquietarci per il futuro del plurilinguismo a livello nazionale e per la coesione del paese nei prossimi 20 o 30 anni”.
“Senza dimenticare che emerge sempre di più la tendenza a privilegiare l’inglese nella comunicazione professionale e nell’insegnamento, a scapito di una seconda lingua nazionale. La Confederazione deve quindi servire da modello per contrastare questa evoluzione”.
In quest’ambito, ammettono i responsabili di Helvetia latina, il problema va pure attribuito alle minoranze linguistiche, che dovrebbero sforzarsi maggiormente per imparare la lingua tedesca e per essere più presenti nell’amministrazione federale. Francofoni, italofoni e romanci preferiscono troppo spesso rimanere a casa loro, piuttosto che concorrere per un posto di lavoro in un ufficio federale a Berna.
Genio elvetico
Per smuovere le acque occorre però creare condizioni più favorevoli all’assunzione di collaboratori provenienti da tutte le regioni linguistiche del paese, sostiene Helvetia latina. A tale scopo, l’associazione inoltrerà in questi giorni una mozione parlamentare, in cui chiede al governo di adottare le disposizioni necessarie, affinché tutti i quadri dell’amministrazione federale padroneggino una seconda lingua nazionale ufficiale e riescano a capire una terza lingua elvetica.
Questa esigenza dovrà figurare nei criteri di assunzione o essere soddisfatta tramite corsi di lingue. L’obbiettivo è di fare in modo che tutti i quadri sappiano gestire personale plurilingue e siano quindi meno portati a favorire il reclutamento di collaboratori della propria lingua materna.
Helvetia latina punta inoltre sulla nuova legge sulle lingue, entrata in vigore il 1° gennaio di quest’anno, che disciplina tra l’altro l’uso delle lingue ufficiali da parte delle autorità federali. L’associazione vuole vegliare affinché l’ordinanza di applicazione di questa legge, prevista per l’estate prossima, contenga effettivamente delle disposizioni volte a promuovere un maggiore equilibrio linguistico nell’amministrazione federale. “Su questa ordinanza si gioca una battaglia decisiva per il plurilinguismo”, osserva Pedrina.
In gioco non è soltanto l’ottenimento di un’equità matematica nella rappresentazione delle minoranze linguistiche negli uffici federali, spiega Dominique de Buman, presidente di Helvetia latina. “Dobbiamo concretizzare a livello federale questo ‘genio elvetico’, che si contraddistingue proprio per il suo pluralismo culturale e linguistico. Ogni decisione che fa la Svizzera di oggi deve portare il sigillo delle diverse culture”.
Armando Mombelli, swissinfo.ch
Fondata nel 1980, Helvetia latina conta circa 400 membri, tra i quali numerosi rappresentanti nel parlamento federale delle regioni di lingua francese, italiana e romancia della Svizzera.
Scopo dell’associazione, indipendente dal profilo politico, è di favorire il plurilinguismo nell’amministrazione e nelle aziende pubbliche federali.
In particolare, Helvetia latina mira a garantire un’equa rappresentanza di francofoni, italofoni e romanci tra il personale della Confederazione, promuovere l’impiego delle lingue latine nell’amministrazione federale e migliorare la comprensione tra le comunità linguistiche della Svizzera.
Ancora oggi le minoranze linguistiche sono sottorappresentate nell’amministrazione federale, soprattutto a livello di quadri, e la stragrande maggioranza delle decisioni vengono adottate in lingua tedesca.
Lingua madre della popolazione residente in Svizzera:
Tedesco 63,7 % (solo cittadini svizzeri: 72,5%),
Francese 20,4% (21%)
Italiano 6,5% (4,3%)
Romancio 0,5% (0,6%)
Altre lingue 9% (1,6%).
In vista del rinnovo del consiglio d’amministrazione della Posta, che avverrà in maggio, la ricerca di una personalità italofona riveste un’importanza primaria.
Lo ha indicato martedì il Dipartimento federale dell’ambiente, dei trasporti, dell’energia e della comunicazione (DATEC) nella risposta ad una domanda del deputato popolare democratico ticinese Meinrado Robbiani, che lamentava l’assenza di rappresentanti della Svizzera italiana ai vertici delle aziende controllate dalla Confederazione.
Stando al DATEC, il consigliere federale Moritz Leuenberger ha scritto ai presidenti dei cda della Posta, di Swisscom e delle FFS affinché tengano conto del fattore linguistico quando sarà necessario rinnovare in tutto o parzialmente gli organi di sorveglianza.
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