In un periodo di grande incertezza politica e sociale in Europa, due grandi classici per bambini – “Heidi” e “Una campana per Ursli” – sono usciti nelle sale a pochi mesi l’uno dall’altro. Una coincidenza? Ingrid Tomkowiak, professoressa di letteratura e media a Zurigo, analizza il successo di questi film che fanno leva sulle tradizioni e l’identità di un paese.
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Nato a Londra, Thomas ha lavorato come giornalista per The Independent prima di arrivare a Berna nel 2005. Gli piace viaggiare e parla le tre lingue ufficiali della Confederazione, praticandole un po' dappertutto: nei pub, nei ristoranti e nelle gelaterie.
Molti critici hanno notato delle somiglianze – e delle differenze – tra questi due film, ambientati in uno splendido scenario alpino e con protagonista dei bambini coraggiosi che superano ogni difficoltà, e i cosiddetti “Heimatfilm” degli anni Cinquanta e Sessanta. Film più o meno patriottici, che mettevano in luce i valori e le tradizioni del paese.
swissinfo.ch: Come si spiega l’emergere di un nuovo genere di “Heimatfilm” in Svizzera?
Ingrid Tomkowiak: Ogniqualvolta la nozione di “patria” riappare sul grande schermo, è sintomo di una crisi. Non necessariamente economica, può essere anche politica o sanitaria. La gente è alla ricerca di un posto dove sentirsi al sicuro. In un periodo di crisi si ha nostalgia di un luogo dove ritrovare una certa tranquillità, lontani dalle esigenze quotidiane. E lo si trova spesso nelle tradizioni del paese natio, in un ambiente naturale incontaminato. O per lo meno è in questo modo che viene rappresentato.
Ciò è particolarmente presente nei periodi di crisi, quando non si sa come andranno le cose, se negli anni a venire ci sarà ancora un lavoro o una casa.
swissinfo.ch: L’immigrazione è un tema di grande attualità in Svizzera e in Europa. Ritiene che la popolarità di queste storie sia legata anche al fatto di voltarsi indietro e ritrovare un mondo in cui c’erano ancora pochi stranieri? In questi film ci sono raramente attori non bianchi…
I. T.: Può sicuramente essere un fattore, ma nel caso di Heidi non credo che il film debba essere visto solo alla luce di questo rapporto alla patria. Certo, il bisogno di rifugiarsi nella propria terra può nascere da un sentimento di minaccia – giustificato o meno – legato a un incremento dell’immigrazione.
Ma questi “Heimatfilm” hanno forse altri background. Alla gente piace portare sul grande schermo le storie per bambini come “Heidi” o “Una campana per Ursli“.
“Heidi” è talmente un classico ed è stato adattato così tante volte che praticamente ogni generazione ha la sua orfanella.
swissinfo.ch: In cosa si differenziano questi moderni “Heimatfilm” da quelli prodotti negli anni Cinquanta e Sessanta?
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Heidi, la bambina che ha conquistato il grande schermo
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I. T.: I film degli anni Cinquanta e Sessanta erano un prodotto della Seconda guerra mondiale. La gente opponeva al sentimento di paura e minaccia, l’immedesimazione in personaggi e paesaggi per così dire “curativi”. Per questa ragione negli “Heimatfilm” di questo periodo, il conflitto città-campagna è stato molto enfatizzato. L’obiettivo era la preservazione del nucleo famigliare: le donne non volevano un lavoro fisso, i bambini non si ribellavano mai e così via.
Il nuovo genere di “Heimatfilm” si interessa invece di più ai problemi contemporanei. È chiaro che in questi decenni l’immagine della famiglia è cambiata. Oggi anche gli “Heimatfilm” hanno per protagonisti gay e lesbiche, aziende che falliscono o banche accusate di mettere in ginocchio i contadini.
Con “Heidi”, le cose sono ovviamente diverse perché il film è tratto da un libro. Ma il divario tra città e campagna non viene accentuato troppo, le città non sono demonizzate.
In questi nuovi “Heimatfilm”, la vita è ancora presentata in modo un po’ semplicistico e idilliaco, sorvolando sulle cose spiacevoli, ma non allo stesso livello di quanto si vedeva negli anni Cinquanta e Sessanta.
swissinfo.ch: “Heidi” è stato adattato una dozzina di volte. Perché questo film è ancora così popolare?
I. T.: Heidi può contare su una serie di temi popolari: il rapporto tra città è campagna è spesso al centro della letteratura, così come il rapporto con la natura o la figura dell’orfanello. Anche questo “bambino salvatore” è un tema molto popolare: dai bambini che salvano il matrimonio dei genitori a quelli che salvano il mondo intero!
“Heidi” ha inoltre già raggiunto un grande successo ed è un capitale che si può sfruttare facilmente.
(Traduzione dall’inglese, Stefania Summermatter)
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Il libro per bambini “Una campana per Ursli” può essere letto in inglese, in giapponese e in afrikaans, oltre che nella sua lingua originale, il romancio. Un’esposizione rende omaggio al suo illustratore, Alois Carigiet, mettendone in evidenza le molteplici doti. Ad esempio quella di pittore.
«Lassù tra le montagne, lontano da qui, abita un ragazzino proprio come voi…». La prima frase di “Una campana per Ursli” (“Uorsin” in romancio) è conosciuta da generazioni di bambini. Sono però le particolari illustrazioni di Alois Carigiet ad aver fatto del libro una delle favole della buonanotte preferite per decenni: Ursli, con i suoi boccoli ricoperti da un cappello a punta, parte alla ricerca di un grande campanaccio per poter partecipare al corteo della festa di primavera del suo villaggio.
Dalla sua pubblicazione nel 1945, il libro è stato venduto in più di un milione di copie e il testo di Selina Chönz è stato tradotto in nove lingue.
Alois Carigiet ha prodotto anche altri libri per bambini, tra cui “Flurina”. Nessuno ha però raggiunto la popolarità di Ursli. Nel 1966, l’illustratore svizzero ha ricevuto il prestigioso premio internazionale della narrativa per infanzia Hans Christian Andersen Award.
Il 2015 segna il 70º anniversario della pubblicazione di “Una campana per Ursli”. Quest’anno coincide anche con i trent’anni dalla morte di Carigiet e nei prossimi mesi uscirà un nuovo film di Ursli. Un’occasione per il Museo nazionale svizzero di presentare il lavoro dell’artista grigionese, aldilà dei libri per bambini.
Artista con molte doti
«Carigiet non è soltanto il padre di “Una campana per Ursli” e non è soltanto un pittore. È stato anche un ottimo artista grafico, scenografo e cofondatore del Cabaret Cornichon», spiega Pascale Meyer, curatrice dell’esposizione “Alois Carigiet: Arte, Grafica e Una campana per Ursli”, in programma fino al gennaio 2016.
Alois Carigiet è nato a Trun, nei Grigioni, nel 1902. Era il settimo di undici figli e, come lui stesso raccontava, ha avuto un’infanzia idilliaca tra le montagne di questo cantone rurale e all’epoca povero. In seguito si è trasferito con la famiglia a Coira, il capoluogo cantonale. A casa parlava romancio.
Alois Carigiet ha seguito una formazione di decoratore, ma è stato anche un autodidatta e un artista estremamente prolifico a livello commerciale. Ha lavorato in un laboratorio di grafica pubblicitaria e ha realizzato il manifesto dell’Esposizione nazionale svizzera del 1939. «Il suo lavoro è fatto di perspicacia e di umorismo. È stato uno dei principali cartellonisti svizzeri», ha detto Pascale Meyer durante la conferenza stampa di presentazione dell’esposizione al museo di Zurigo.
Alois Carigiet ha pure realizzato delle scenografie, inclusa quella per il leggendario Cabaret Cornichon di Zurigo, attivo dal 1934 al 1951. Il cuore dell’artista batteva però per l’arte e nel 1939 si è ritirato sulle montagne grigionesi per consacrarsi alla pittura.
La sua arte
Stephan Kunz, direttore del Museo d’arte dei Grigioni, che ha prestato diversi dipinti di Carigiet per l’esposizione, rammenta che la notorietà dell’artista grigionese «si è diffusa ben oltre i confini cantonali».
Alois Carigiet ha sviluppato e affinato uno stile particolare, traendo spunto dall’ambiente che lo circondava con composizioni robuste e dinamiche. Spesso si poteva incontrare l’artista sulle montagne, taccuino alla mano, come si vede in questo filmato della Televisione pubblica svizzera SRF.
A volte, Alois Carigiet lasciava i suoi vicini perplessi, rammenta Stephan Kunz, «Faceva cose strane rispetto al loro quotidiano: erano contadini, gente semplice che Carigiet rispettava. Gli chiedevano perché dipingesse sempre le mucche di rosso. Lui rispondeva: ‘Sono un artista e sono un po’ pazzo’, ma lo hanno sempre rispettato».
Per Carigiet, la svolta come pittore è avvenuta nel 1951 con la realizzazione di un gigantesco dipinto murale a Zurigo. La sua notorietà, acquisita come illustratore ma anche attraverso la sua voluminosa produzione grafica, ha tuttavia nuociuto alla sua reputazione, osserva Stephan Kunz.
Lo stesso è successo con la sua scelta di adottare uno stile basato sulle tradizioni locali e regionali (Heimatstil). Non è un caso che il libro di Ursli, che faceva riferimento a un’epoca più spensierata, sia stato pubblicato dopo la guerra, in un periodo in cui prevaleva il desiderio di un ritorno a valori più conservatori.
«Ma se si guarda il suo lavoro di artista, di pittore, si intravvedono altre qualità. È diventato un buon pittore», aggiunge Stefan Kunz, sottolineando in particolare l’utilizzo della prospettiva e dello spazio pittorico.
Lo charme di Ursli
All’inizio, Alois Carigiet si è rifiutato di illustrare Ursli siccome voleva concentrarsi sulla pittura. Ha impiegato parecchio tempo per concepire il personaggio principale e tra il momento in cui ha accettato il lavoro e la pubblicazione del libro sono trascorsi cinque anni. Alla mostra a Zurigo è esposto un disegno originale del libro.
Ursli, pubblicato in tedesco e in due idiomi romanci, è stato subito un successo. Oggi è considerato un classico per bambini, osserva Ronny Förster della Casa di edizioni Orell Füssli, che detiene i diritti su Ursli dal 1971.
Presto il racconto verrà pubblicato in farsi e la versione in inglese è spesso acquistata dai turisti che vogliono portare a casa un souvenir di una Svizzera idilliaca, annota Ronny Förster.
Il libro ha avuto molto successo in particolare in Giappone, dove dal 1973 sono state vendute più di 42'000 copie. «La quantità potrebbe sembrare modesta. Ma è interessante notare che l’editore giapponese indica che nessun altro libro illustrato ha venduto altrettanto bene», afferma a swissinfo.ch Ronny Förster.
Ursli e gli altri suoi libri hanno forse offuscato le molteplici doti di Alois Carigiet. Ma per l’artista, le produzioni per bambini sono state fonti di immenso piacere. Anche quando ha smesso di illustrare libri per l’infanzia, era felice di sentire che i bambini si addormentavano con il libro di Ursli sotto al cuscino.
Per lui, scrisse una volta, era importante dportare ai bambini, soprattutto a quelli «nelle strade e nelle case grigie della città», «un po’ di luce e qualche luccichio di un’infanzia trascorsa tra le montagne».
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