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I capolavori della Pop Art europea

Il Kunsthaus presenta circa 90 opere di artisti europei, tra cui "Fussballspieler" di Konrad Lueg, del 1963

Con la nuova esposizione dedicata alla Pop Art il Kunsthaus di Zurigo propone una rilettura di uno dei capitoli più intensi della storia dell'arte del 20° secolo.

Attraverso la presentazione di circa 90 opere di artisti europei, realizzate tra gli anni 50 e 60, la mostra sottolinea che la Pop Art non è stata unicamente un’invenzione americana.

Anche se l’espressione “Pop Art” fu coniata in Inghilterra intorno al 1955 dal critico inglese Lawrence Alloway per descrivere una nuova forma d’arte che traeva il suo linguaggio dall’immaginario collettivo della società dei consumi, quello della Pop Art è comunemente considerato un movimento sviluppatosi negli Stati Uniti a partire dagli anni 60.

Ma la nuova esposizione del Kunsthaus di Zurigo propone una lettura insolita, diversa e interessante di questo importante movimento che ha influenzato non solo la storia dell’arte ma anche quella del costume della seconda metà del 20° secolo.

“Abbiamo scelto il titolo “Europop” per far capire in modo un po’ generale, che la Pop Art non è unicamente un’arte americana, ma è una tendenza artistica molto presente nell’Europa degli anni 60″, spiega il curatore della mostra Tobia Bezzola.

Le circa 90 opere realizzate da 24 artisti originari di 7 paesi europei esposte nella mostra zurighese, ne sono la dimostrazione più evidente e testimoniano anche la vastità e la diversità espressiva, piena di ironia, umorismo ma anche di senso critico, della Pop Art europea.

L’importante influsso delle avanguardie europee

La mostra si apre presentando alcuni lavori di artisti inglesi che anticipano lo stile della Pop Art americana. Tra questi il piccolo e famoso collage realizzato da Richard Hamilton nel 1956 al cui interno appare anche la parola pop. Una scelta espositiva questa, tesa a sottolineare lo stretto legame tra alcune avanguardie europee e la nascita della Pop Art.

“La mostra permette di capire che c’è un nesso diretto, che va dal dadaismo, al surrealismo, fino agli artisti che a Londra, alla fine degli anni 40, hanno cominciato a fare dei collage utilizzando del materiale di riviste americane”, spiega Tobia Bezzola. “Quegli artisti erano allievi di Kurt Schwitters, il famoso dadaista tedesco che negli anni 20 nei suoi collage utilizzava invece dei giornali tedeschi.”

Quello che cambia non è il metodo ma il materiale a cui attingono gli artisti della Pop Art europea. Un materiale nuovo – e a quei tempi un po’ esotico – che grazie alle riviste, alla pubblicità e alla televisione, trasmette all’Europa l’estetica americana presente nell’iconografia dei mass-media.

La società dei consumi e dello spettacolo

L’esposizione zurighese, che ha scelto di presentare le opere seguendo un percorso tematico, si sviluppa in 4 sezioni che permettono al visitatore di cogliere immediatamente lo spirito e i temi che sono stati usati dagli artisti per illustrare, esaltare ma anche criticare i riti e i miti del loro tempo.

Nella prima sezione, dedicata alla società dei consumi, sono i logo delle pubblicità commerciali più note a colpire l’attenzione; come ad esempio quello della Coca-Cola nel collage di Wolf Vostell o dell’Ajax in un’opera originale ed ironica di Thomas Bayrle.

Anche se è soprattutto il coloratissimo quadro di grande formato intitolato “Foodscape” dell’islandese Erró, con la sua densa ed esagerata carrellata di prodotti alimentari, a saper cogliere la potenziale aggressività del messaggio pubblicitario.

Ma la Pop Art è anche Brigitte Bardot, Elvis Presley, o la mitica Marilyn che ritroviamo ripetuta più volte nei collage dell’italiano Mimmo Rotella esposti nella sezione della società dello spettacolo e delle star, dove non mancano quelle dello sport come dimostrano la tela “Fussballspieler” o “Boxer” del tedesco Konrad Lueg.

Il tempo libero e la società dell’informazione

Un altro ambito che nutrì moltissimo le immagini degli artisti pop – riunito nella sezione dedicata alla società del tempo libero – fu quello legato al fenomeno del turismo e del divertimento.

Tra le opere di questo blocco vi sono esposte “Schwimmerinnen” e “Terese Andeszka” di Gerhard Richter, ma anche “Le Déjeuner sur l’herbe” di Alain Jacquet o ancora “Ciné” di Martial Raysse, tutti lavori che testimoniano anche l’enorme varietà di tecniche usate dai diversi artisti della Pop Art.

Particolarmente significativa è poi la sezione dedicata alla società dei media – che raccoglie le immagini politiche mediatizzate da televisione e riviste – nella quale sono maggiormente evidenti gli atteggiamenti critici che distinguono la Pop Art europea da quella americana.

“Il polit Pop o Pop politico è antiamericano ed è chiaro che è tipicamente europeo”, precisa Tobia Bezzola. “Nella metà degli anni 60, in Europa nasce una nuova immagine dell’America, meno positiva di com’era agli inizi degli anni 50, quando gli Stati Uniti, per la maggior parte, significavano ancora la speranza. Soprattutto con la guerra del Vietnam tutto questo comincia a cambiare e lo si vede anche dalle opere piuttosto critiche che noi esponiamo qui.”

“Europop” rimarrà aperta al Kunsthaus di Zurigo fino al 12 maggio. La mostra presenta circa 90 opere, realizzate da 24 artisti provenienti da 7 paesi europei. La Pop Art americana è rappresentata da opere singole di Andy Warhol, Tom Wesselmann e Roy Lichtenstein.

Gli artisti europei sono: Thomas Bayrle, Peter Blake, Pauline Boty, KP Brehmer, Erró, Öyvind Fahlström, Franz Gertsch, Domenico Gnoli, Richard Hamilton, David Hockney, Alain Jacquet, Allen Jones, Jean-Jacques Lebel, Konrad Lueg, Eduardo Paolozzi, Peter Phillips, Michelangelo Pistoletto, Sigmar Polke, Martial Raysse, Gerhard Richter, Mimmo Rotella, Niki de Saint Phalle, Peter Stämpfli, Wolf Vostell.

La mostra Europop sottolinea che la comparsa stessa del Pop è il sintomo di un’influenza – e di una dipendenza – nuova, reciproca e complementare, tra Europa Occidentale e Stati Uniti. Furono gli stessi eventi storici a segnarne l’inizio.

Se da un lato la 2a guerra mondiale spinse molte persone, tra cui artisti e critici d’arte, a cercare rifugio negli Stati Uniti, consentendo a esponenti del dadaismo e del surrealismo – come Duchamp e Breton – di entrare in contatto con il nuovo mondo. Dall’altro, l’occupazione dell’Europa e la dipendenza transatlantica durante la guerra fredda facilitarono la diffusione dell’estetica americana.

Elementi che consentono di definire la Pop Art come una sorta di fusione culturale a vasto raggio tra i 2 continenti: non c’è Europop senza cultura commerciale americana e non c’è Pop Art americana senza le avanguardie del vecchio continente.

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