I siti lacustri dell’arco alpino candidati all’Unesco
Svizzera, Italia, Francia, Germania, Austria e Slovenia hanno inoltrato martedì la candidatura dei "siti palafitticoli" al Patrimonio mondiale dell'Unesco. Questa iniziativa, promossa dall'Ufficio federale della cultura, mira a valorizzare importanti testimonianze dei popoli preistorici dell'arco alpino.
“Le Alpi sono sempre state considerate soprattutto come una barriera naturale tra Nord e Sud. Questa candidatura vuole invece dimostrare gli intensi legami che esistono tra i popoli dell’arco alpino, legami che sussistevano già alcune migliaia di anni fa”, ha dichiarato lunedì a Berna il direttore dell’Ufficio federale della cultura Jean-Frédéric Jauslin, presentando il dossier transnazionale dei siti palafitticoli preistorici, assieme ai rappresentanti di Italia, Francia, Germania, Austria e Slovenia.
La candidatura all’iscrizione nel Patrimonio mondiale dell’Unesco, depositata martedì a Parigi, comprende circa 150 dei 1000 insediamenti lacustri ritrovati nei 6 paesi interessati. Risalgono a decine di popoli diversi che vivevano, spesso su palafitte, ai bordi di laghi e corsi d’acqua nel periodo tra il 5000 e l’800 avanti Cristo.
Conservate in modo eccezionale nell’acqua e nella sabbia, dai primi ritrovamenti oltre un secolo e mezzo fa nel lago di Zurigo le vestigia dei siti lacustri hanno permesso ai ricercatori di ricostruire una visione molto chiara della vita nei villaggi della regione alpina dall’era neolitica all’età del bronzo. Molto rimane però ancora da scoprire e da salvaguardare: la stragrande maggioranza degli oggetti archeologici sono tuttora sott’acqua e quindi neppure visibili.
Siti quasi invisibili
“Due anni fa, quando abbiamo presentato la candidatura di Le Locle e La Chaux-de-fonds, ci è stato detto: non volete mettere queste due città industriali nella lista dell’Unesco, accanto a bellezze mondiali come il Taj Mahal? Ebbene, sì: il Comitato dell’Unesco ha riconosciuto che un sito non deve essere necessariamente bello per figurare nel Patrimonio mondiale dell’umanità”, ha ricordato Jauslin.
“Ora abbiamo perfino la sfrontatezza di proporre dei siti quasi invisibili. Questa candidatura corrisponde infatti perfettamente agli obbiettivi del Patrimonio mondiale, ossia la salvaguardia di beni di grande importanza storica. Ed è inoltre la prima volta che dei siti lacustri verrebbero inseriti nella lista dell’Unesco”, ha aggiunto il direttore dell’Ufficio federale della cultura.
A livello internazionale, solo in pochi altri paesi sono stati reperiti insediamenti umani conservati in zone umide: ad esempio in Grecia, Albania, Norvegia e Spagna. “Si tratta però soltanto di pochi reperti isolati rispetto al migliaio di siti rinvenuti nella regione dell’arco alpino”, ha sottolineato Luc Fuhrmann, consigliere culturale dell’ambasciata francese a Berna.
Nuovo quadro storico
“Si ha spesso l’impressione che dei siti vengano proposti all’Unesco più che altro per interessi turistici. Nessuno può invece rimproverarci di rincorrere finalità commerciali con questa candidatura”, ha affermato l’ambasciatore austriaco a Berna Hans Peter Manz. “I siti lacustri ci consentono tra l’altro di rivedere un’immagine un po’ ingenua dell’era preistorica che abbiamo coltivato per molto tempo nei nostri paesi”.
Le testimonianze archeologiche dei “popoli delle palafitte” hanno infatti permesso di appurare l’esistenza di civiltà molto avanzate nelle regioni dell’arco alpino. In particolare hanno fornito un nuovo quadro storico delle origini e dello sviluppo delle comunità agrarie nell’Europa centrale.
“Questa candidatura è seguita con grande interesse anche in Italia, dove finora l’attenzione si era concentrata soprattutto sulle grandi civiltà più vicine a noi, come quella romana o etrusca. È importante scoprire come già prima, sullo stesso territorio, vi siano stati dei popoli fondamentali per l’evoluzione dell’umanità dal neolitico fino età del bronzo”, ha rilevato Andrea Giagnoli, addetto culturale dell’Istituto italiano di cultura a Zurigo.
Valorizzazione del patrimonio
“Grazie alle condizioni più favorevoli di conservazione, nelle zone umide sono stati ritrovati oggetti preistorici non più reperibili in siti con un terreno secco. È il caso in particolare di materiali organici – come tessili, legno, piante o resti alimentari – dai quali possiamo trarre informazioni dettagliate sul modo di vivere, sulle tecniche artigianali e perfino sul tipo di alimentazione dei popoli lacustri”, spiega a swissinfo Christian Harb, segretario generale dell’Associazione Palafitte.
“Questi popoli possedevano culture e lingue diverse, delle quali non abbiamo ritrovato finora alcuna traccia. Sappiamo però che avevano dei punti comuni e praticavano già degli scambi. Abbiamo trovato ad esempio in Svizzera oggetti di metallurgia provenienti dalla Slovenia”, aggiunge l’esperto.
Convinti del successo della loro candidatura, sulla quale l’Unesco si pronuncerà nel 2011, i rappresentanti dei paesi associati intendono già ora intensificare la loro cooperazione per valorizzare ulteriormente i siti palafitticoli. Numerosi progetti sono allo studio per moltiplicare le ricerche archeologiche, migliorare la salvaguardia dei reperti e presentare al pubblico questo patrimonio storico in pubblicazioni, musei, esposizioni e parchi all’aperto con palafitte ricostruite.
Tra gli obbiettivi dell’Unesco (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura) figura la salvaguardia del patrimonio culturale e naturale che possiede un “valore universale eccezionale”.
Nel 1972 i membri dell’Unesco hanno adottato una Convenzione internazionale che stabilisce l’allestimento di una lista del Patrimonio mondiale dell’umanità.
Gli Stati firmatari si impegnano a proteggere i siti che si trovano su loro territorio. Nell’elenco figurano attualmente quasi 900 siti sparsi in oltre 140 paesi.
Nel 1854, lo storico Ferdinand Keller scopre a Meilen, sulle rive del Lago di Zurigo, le prime tracce di un insediamento palafitticolo risalente alla preistoria.
Da allora sono stati identificati circa 1000 siti analoghi appartenenti ai popoli lacustri che vivevano nella regione dell’arco alpino tra il 4300 e l’800 avanti Cristo.
Numerosi villaggi erano stati costruiti su palafitte ai bordi di laghi, corsi d’acqua e zone paludose. Le palafitte servivano in particolare a proteggere gli abitanti dalle variazioni del livello delle acque.
Sotto l’egida dell’Ufficio federale della cultura, Svizzera, Italia, Francia, Germania, Austria e Slovenia hanno depositato il 26 gennaio la candidatura dei “siti palafitticoli preistorici dell’arco alpino” al Patrimonio mondiale dell’Unesco.
Coordinato dalla Svizzera, il dossier comprende 156 siti nei sei paesi alpini: 82 in Svizzera, 25 in Italia e Germania, 15 in Francia, 8 in Austria e 1 in Slovenia. La decisione del Comitato dell’Unesco sulla candidatura è attesa nel corso dell’estate 2011.
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