Il design, un baluardo contro le catastrofi
Una quarantina di designer internazionali, tra cui alcuni svizzeri, guardano con serietà e divertimento al movimento dei “prepper” (“survivalisti”). Le loro opere sono esposte in una mostra a Losanna fino al 9 febbraio 2025.
Nell’ultima sala della mostra, l’enorme orologio a muro sta impazzendo. Le lancette vanno in tutte le direzioni, il tempo va in tilt, la macchina impazzisce. Il suo movimento simbolico di paura è una perfetta sintesi del tema della mostra “We Will Survive” al Museo cantonale di design e arti applicate contemporanee (Musée cantonal de design et d’arts appliqués contemporains – MUDAC) di Losanna.
L’orologio, quindi, è la tappa finale del viaggio dei visitatori alla scoperta, sala dopo sala, delle reazioni dei survivalisti ai tanti sconvolgimenti che stiamo vivendo: climatici, economici, politici, per citarne solo alcuni. E alle crisi sanitarie, alle guerre e alle catastrofi naturali che spaventano i pessimisti e fanno sorridere gli ottimisti.
Un fenomeno globale
Sculture, foto, video e una serie di oggetti per la sopravvivenza costituiscono il contenuto di questa mostra, che si concentra sul movimento “prepper” (tradotto come “survivalismo”) emerso negli Stati Uniti negli anni ’60, durante la Guerra Fredda. All’epoca, la minaccia nucleare preoccupava i Governi e le popolazioni occidentali. Ci si doveva proteggere. Nacquero così rifugi e bunker.
Ancora timorose di un futuro incerto, le popolazioni di questi Paesi non si barricano più dietro a bunker ma a polizze assicurative, insieme ad altri mezzi di protezione, nella convinzione di poter controllare tutto.
Oggi il movimento dei survivalisti è diventato un fenomeno globale, “che tuttavia riguarda solo i Paesi ricchi”.
“Ancora timorose di un futuro incerto, le popolazioni di questi Paesi non si barricano più dietro a bunker ma a polizze assicurative, insieme ad altri mezzi di protezione, nella convinzione di poter controllare tutto”, sorride Jolanthe Kugler, curatrice della mostra.
Immaginario tragico
“Ma le nostre paure non sono nuove. Risalgono a tempi antichi”, continua Kugler, indicando una tavoletta di pietra assira che annuncia la fine del mondo. Risale al 2800 a.C.
E il resto non è da meno. La collassologia ha una lunga tradizione e ferventi sostenitori e sostenitrici, eredi di Nostradamus che coltivano “il piacere del disastro”.
Il loro immaginario è tragico. “Blogger, YouTuber, imprenditori o negozianti, giocano sulle paure della gente”, commenta Jolanthe Kugler, mentre entriamo in una stanza dall’arredamento inaspettato. La somiglianza con un negozio di articoli per il primo soccorso e di sopravvivenza è sorprendente.
I pezzi esposti sono stati creati da designer di diverse nazionalità. È il caso anche di questa serie di mini sculture, esposte nella sala accanto. Esse riflettono catastrofi del recente passato: le Torri Gemelle sventrate a New York nel 2001; l’assalto al Campidoglio a Washington nel gennaio 2021; la rappresentazione in vetro del virus della SARS-CoV-2.
La reazione dei Governi
Ma le catastrofiste e i catastrofisti hanno i loro avversari: le ottimiste e gli ottimisti, che con il loro divertente senso dell’umorismo si prendono gioco del panico. Lo testimonia uno degli oggetti esposti nelle sale della mostra dedicate alle reazioni dei vari Governi di fronte a cataclismi imminenti.
Con il titolo “”Sognare una protezione perfetta in Svizzera“”, le e i designer hanno riprodotto l’esatto arredamento di un rifugio: letti a castello, servizi igienici, scatolame contenente cibo di sopravvivenza. Al centro di questa scenografia, un insolito sacchetto di carta (simile a una borsa della spesa) cattura l’attenzione. Si legge: “Questa borsa è un rifugio tascabile. In caso di attacco nucleare: apri il rifugio, giralo sopra la testa e aspetta la fine”. Più seri sono i bunker costruiti nelle Alpi svizzere, le cui immagini occupano le pareti della stessa stanza. Un forte contrasto!
Ogni Governo ha i propri mezzi di difesa. Durante la Guerra fredda, gli Stati Uniti esortavano la popolazione a costruire rifugi antiatomici nel cortile di casa, mentre il Giappone chiedeva agli abitanti di Tokyo di rifugiarsi nei parchi giochi in caso di terremoto. E i finlandesi costruivano un’intera città sotterranea sotto la loro capitale Helsinki. Un rifugio con tutti i comfort necessari.
Interrogarsi sull’identità svizzera
La Svizzera, invece, è famosa per il suo sistema di fortificazioni eretto all’inizio degli anni ’40 nel cuore delle sue montagne. Conosciuta come “Ridotto nazionaleCollegamento esterno“, questa linea di difesa era un segno della resistenza elvetica ai nazisti.
Bunker svizzeri e altre fortificazioni, come la Villa Rose di Gland (canton Vaud), camuffata da residenza abitativa, sono stati fotografati dall’artista vodese Leo Fabrizio. Le sue fotografie sono esposte nella mostra.
Fabrizio confida: “La mia visione del survivalismo non è né critica né compiacente. Con queste foto volevo semplicemente mettere in discussione l’identità svizzera, che è fortemente legata al paesaggio alpino. Il nostro rapporto con le montagne è più forte che in qualsiasi altro Paese del mondo. La Svizzera si trova al centro dell’Europa, circondata da vette imponenti che le forniscono fortificazioni naturali e la proteggono dai suoi vicini. È una specie di isola. Con la sua linea di difesa, esagera il suo carattere insulare”.
Prudenza e sdrammatizzazione
Il design non è forse un’arma a doppio taglio: un invito alla prudenza ma anche un modo per sdrammatizzare? “Non userei la parola ‘arma’ – risponde Marco Costantini, direttore del MUDAC. Direi piuttosto che il design esprime i nostri limiti nel dominare i disastri. Ma allo stesso tempo è uno strumento contro il fatalismo. In questo senso, dà speranza per un mondo migliore”.
Immagini scelte da Helen James, testo riletto e verificato da Samuel Jaberg
Tradotto con DeepL/mrj
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