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Il lascito di Jean-Luc Godard è nelle sue mani

Fabrice Aragno riceve una Palma d’oro speciale a nome del regista Jean-Luc Godard per il film "Le Livre d'image" durante la cerimonia di chiusura della 71a edizione del Festival di Cannes, maggio 2018.
Fabrice Aragno riceve una Palma d’oro speciale a nome del regista Jean-Luc Godard per il film "Le Livre d'image" durante la cerimonia di chiusura della 71a edizione del Festival di Cannes, maggio 2018. 2018 Getty Images

Fabrice Aragno, principale collaboratore di Jean-Luc Godard negli ultimi 20 anni di vita di quest’ultimo, racconta a SWI le idee sviluppate negli ultimi lavori del genio cinematografico e spiega cosa significhi girare film dopo la sua morte.

Più di un anno prima che Jean-Luc Godard morisse ricorrendo al suicidio assistito nel settembre del 2022, Yves Saint Laurent aveva commissionato al grande regista un cortometraggio, desideroso di dare slancio al proprio marchio grazie a un nuovo lavoro della stella più luminosa del firmamento della Nouvelle Vague francese. Godard produsse un cortometraggio criptico basato su un’idea che cullava da molto tempo e lo intitolò Drôles de guerres; la pellicola fu consegnata alla casa di moda di lusso nella primavera del 2021, ma fu proiettata solamente due anni più tardi.

“Spero non abbiano temporeggiato in attesa che Godard morisse, così da trarne profitto in termini di marketing”, mi ha confessato Fabrice Aragno, principale collaboratore del regista per gli ultimi 20 anni, da me raggiunto telefonicamente a inizio ottobre per conto di SWI Swissinfo.

A prescindere dai motivi alla base di tanta attesa, Godard morì qualche mese più tardi, dopo essersi presentato presso una clinica per il suicidio assistito a Rolle (canton Vaud) per porre fine a una serie di patologie invalidanti che lo affliggevano da tempo. Il cortometraggio è stato proiettato per la prima volta al Festival di Cannes nel maggio del 2023.

Altri sviluppi

Sullo schermo la pellicola, che dura 20 minuti, viene presentata come Film annonce du film (“Promo del film”), una sorta di ipotetica anteprima di un lungometraggio che Godard avrebbe voluto girare in futuro.

Al telefono le parole di Aragno trasudano un certo disgusto per l’aggiunta al titolo postuma da parte di Saint Laurent. Il cortometraggio ora, infatti, è intitolato Film annonce du film qui n’existera jamais (“Promo del film che non esisterà mai”). “È assurdo. Questo è il film, il film esiste… Questa scelta ai miei occhi non ha alcun senso”.

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Più di un aiuto tecnico

Affermazioni di questo tipo – precise, protettive e persino pedanti – sono tipiche di Aragno. Il 53enne ha lavorato con Godard per 20 anni e molte volte lo ha difeso, prima in veste di location manager, poi come genio della tecnica e infine come vero e proprio collaboratore creativo.

La sua intraprendenza con la cinepresa, sommata alla sua curiosità in materia, si rivelò indispensabile per Godard; con il passare del tempo la loro collaborazione professionale diventò sempre più intensa, sia per Film socialisme (2010), per il quale Aragno fu incaricato di scattare molte delle immagini senza che Godard fosse nemmeno presente, sia per Adieu au langage (2014), un progetto in 3D reso possibile dalla creazione di un’attrezzatura innovativa per riprendere con due videocamere in tre dimensioni.

Considerato il suo passato nel teatro dei burattini, mi chiedo che cosa abbia spinto Aragno verso il mondo del cinema, in particolare verso il lato più tecnico della settima arte. “Volevo esprimere me stesso senza doverlo fare a parole”, chiosa Aragno. “Il cinema si presta perfettamente a questo intento. Di fatto, inoltre, la tecnica del cinema è semplicissima, come ho potuto imparare alla scuola cinematografica in Svizzera. È possibile imparare le basi in due giorni. All’epoca però mi si diceva di imparare e seguire le regole, impresa difficile per uno come il sottoscritto”.

Aragno e Godard (seduto) sul set di Adieu au langage, 2014.
Aragno e Godard (seduto) sul set di Adieu au langage, 2014. Copyright Kino International / Everett Collection

Da Drôles de guerres a Scénarios

Prima di morire Godard aveva iniziato Scénario, un lungometraggio basato sull’idea di fermimmagine contrapposti a immagini in movimento, sviluppata con Aragno in Film annonce du film. “Quando consegnammo il cortometraggio a Yves Saint Laurent, Jean-Luc improvvisamente volle realizzare qualcosa di diverso: voleva staccarsi da Drôles de guerres“, rivela Aragno. “Verso maggio o giugno del 2022 cominciammo a discutere alcune idee di Scénario, altro film che sarebbe stato in due parti, una sul DNA e l’altra sulla MRI (risonanza magnetica). Cominciò a mettere insieme alcune immagini, a parlarci di determinate immagini, a discutere con noi di come avrebbe dovuto essere il prodotto finale”.

Per alcuni mesi il lavoro continuò in questa direzione. “L’estate però non fu semplice”, ricorda Aragno. “Portai Godard all’ospedale due o tre volte, ciascuna delle quali rimase ricoverato per almeno cinque giorni. Alla fine decise di… andarsene“. Aragno sospira mentre cade inconsapevolmente nell’eufemismo. “Anche in quei frangenti insisteva che dovevamo girare Scénario. Non voleva che [Mitra Farhani, la produttrice] finisse per avere problemi per non aver consegnato il film come previsto dal contratto”.

Godard non avrebbe mai visto il montaggio finale di quello che sarebbe diventato Scénarios (ora al plurale). “Cinque giorni prima (che morisse), il lunedì mi impartì le istruzioni per la prima metà del film”, ricorda Aragno. “Poi, il giorno prima di lasciarci, impartì le istruzioni per la seconda parte. Quel giorno come ultima cosa filmò sé stesso per la scena finale del film”.

“A ogni modo le sue istruzioni finali furono precisissime. Aveva il film in mente, già montato”. Negli occhi di Aragno fa capolino una certa malinconia mentre parla di quando il suo maestro gli ha fornito l’ultima serie di indicazioni per il montaggio. “Dopo 15 anni di film di Godard portati a Cannes, questo è stato l’ultimo. L’ultima volta che presento un suo nuovo film. La fine di un’era”.

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Un lapsus freudiano

“Trovo straordinario che il film veicoli ciò che gli passava per la mente proprio poco prima di morire”, mi confessa, quasi a difendere preventivamente il film. Nell’ultima scena si vede un’immagine di Anna Magnani uccisa per strada da soldati tedeschi, tratta da Roma città aperta di Roberto Rossellini (1945).

“Mentre stavamo lavorando al montaggio seguendo le sue istruzioni, non ci avevo proprio fatto caso. Poi, più tardi, appresi che pure sua madre morì in mezzo a una strada, a Ginevra nel 1954. Lui era a Parigi e non poté raggiungerla. Non partecipò al funerale. Ma negli ultimi attimi della sua esistenza ha messo proprio quell’immagine lì, la sua ultima – una donna morente in mezzo a una strada, e suo figlio che corre verso di lei urlando ˈmammaˈ. Questo è stato uno dei suoi ultimi gesti”.

“Allo stesso tempo inserisco una clip tratta dal suo film Bande à part (1964) nella timeline, come richiesto; sento la voce di Jean-Luc, un Jean-Luc più giovane: ˈL’ultimo pensiero di Odile…ˈ e in quel momento realizzo tutto: sua madre, infatti, si chiamava Odile. L’ultimo montaggio partorito dalla sua mente, che lui non vide nemmeno, era autobiografico: raccontava il suo cinema, la sua vita, i suoi fallimenti. Tre giorni prima di morire riportò su un foglio A4 – in maniera molto placida e con una penna blu – ogni singola immagine e ogni istruzione, e poi me lo consegnò come se niente fosse”.

Cannes, 2018: Jean-Luc Godard prende parte, dalla sua casa in Svizzera, a una conferenza stampa tramite videochiamata sullo smartphone di Aragno per il film "Le Livre d’image
Cannes, 2018: Jean-Luc Godard prende parte, dalla sua casa in Svizzera, a una conferenza stampa tramite videochiamata sullo smartphone di Aragno per il film “Le Livre d’image Afp Or Licensors

Girare film senza JLG

Alla luce di tutto ciò, finalmente chiedo ad Aragno del suo progetto, Le Lac, sul quale sta lavorando ormai da alcuni anni. “Grazie al successo di Le Livre d’image, prodotto dal nostro collettivo [Casa Azul], abbiamo potuto finanziare questo film. Lo dedico a Jean-Luc, al quale era piaciuto moltissimo il cortometraggio [Lakeside Suite] che realizzai prima di Le Lac, proprio in preparazione di quest’ultimo progetto, e a Freddy Buache (critico cinematografico svizzero) che mi ha spinto a realizzarlo. Questo film lo ho girato per loro”.

In assenza di Jean-Luc Godard, Aragno si è convertito alla coproduzione di altri tipi di film. All’edizione di quest’anno del Locarno Film Festival sono rimasto sorpreso nel vedere comparire sullo schermo il nome di Aragno come produttore di Fogo do vento, film portoghese in competizione realizzato da Marta Mateus. “Un giorno Mateus comprò alcuni libri che avevamo realizzato con Godard. Poi guardai un cortometraggio [Farpões, baldios, 2017] su MUBI, e mi piacque moltissimo. Nei titoli di coda compariva… Marta Mateus, Marta Mateus… Alla fine capii: era il nome della donna che aveva effettuato l’ordine!”. E così nacque un’amicizia.

La regista portoghese Marta Mateus posa per alcune foto per il cortometraggio "Fogo do vento" in occasione della 77° edizione del Locarno Film Festival, ad agosto 2024.
La regista portoghese Marta Mateus posa per alcune foto per il cortometraggio “Fogo do vento” in occasione della 77° edizione del Locarno Film Festival, ad agosto 2024. Keystone / Jean-Christophe Bott

Mateus accennò quanto fosse difficile raccogliere soldi per produrre film in Portogallo. “Mi disse che stava lavorando su un lungometraggio. Io risposi ˈOkay, produciamo insieme!ˈ Coprodurre film è fantastico. Se produci solo film in Svizzera rimani impantanato in qualcosa di piccolo, chiuso, banale”. Aragno fa una pernacchia ridendo. “Coprodurre, invece, significa essere in grado di comprendere il mondo e di cominciare a sviluppare una certa sensibilità per altre cose”.

“Resta il fatto che abbiamo realizzato Fogo do vento senza finanziamenti federali. L’Ufficio federale della cultura, infatti, non è molto propenso a questo genere di coproduzioni. Si ricevono sovvenzioni solo se c’è un legame con la Svizzera. Ci siamo quindi rivolti a Cinéforum e alla televisione svizzera francese. E poi ci siamo dati da fare. Adoro spingere le persone a fare film quando possono. ˈSu, non aspettare, fallo e basta. Eccoti una videocamera!ˈ”

Che cosa si prova a lavorare di nuovo sui propri progetti? “Diciamo che ora ho più tempo a disposizione. Per vent’anni la mia priorità è stata Jean-Luc. Ora la priorità sono io. A dire il vero, però, è stato bello avere un’altra priorità”.

Dopo essere stato proiettato al Film Festival di New York, l’ultimo film di Godard farà un breve giro dell’America del Nord, verso la Cinématheque a Montréal e Vancouver. “Forse a quel punto avrò qualche giorno per montare Le Lac sul mio laptop, prima di recarmi a Vienna per proiettare i film con Adieu au langage…”. Il lavoro continua.

A cura di Virginie Mangin/ds

Traduzione di Stefano Zeni

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