Il mito del popolo delle palafitte
150 anni fa vennero ritrovati nel Lago di Zurigo i primi insediamenti di antichi popoli lacustri. Una scoperta che destò sensazione in tutta Europa.
Una ventina di musei, tra cui il Museo nazionale svizzero, organizzano nel 2004 esposizioni dedicate a questo importante capitolo di storia svizzera.
Nell’inverno del 1854, approfittando di un livello dell’acqua estremamente basso, il comune di Meilen diede avvio ai lavori di costruzione di un porto in riva al Lago di Zurigo.
Gli scavi portarono casualmente alla luce vecchi e strani oggetti, ottimamente conservati, e una serie di pali di legno piantati nel suolo. Erano le prime tracce di un antico villaggio lacustre.
L’erudito zurighese Ferdinand Keller elaborò l’ipotesi di villaggi costruiti su delle piattaforme che si trovavano al di sopra dell‘acqua ed erano collegate tra di loro da ponti e passerelle.
Dopo la scoperta di insediamenti simili in altri laghi svizzeri, nacque così il mito del “popolo delle palafitte” che contagiò tutta l’Europa.
Nei decenni successivi, centinaia di villaggi lacustri vennero ritrovati soprattutto nei laghi dell’arco alpino, dalla Francia fino alla Slovenia, ma anche in diverse altre regioni europee.
Realtà meno romantica
Oggi, gli specialisti preferiscono piuttosto parlare di “popoli lacustri”, che costruirono i loro insediamenti in epoche diverse, tra il 4300 e l‘800 avanti Cristo.
Negli ultimi decenni, le tecniche moderne di analisi scientifica e di datazione hanno permesso di capire che i villaggi erano sorti in realtà sulla terra ferma, generalmente in zone paludose. Ai tempi, il livello dell’acqua dei laghi era molto più basso di oggi e variava di anno in anno.
E non vi erano neppure piattaforme, ma soltanto singole case di legno innalzate e staccate l’una dall’altra. Le centinaia di pali conficcati nel terreno risalgono infatti ad epoche diverse.
Una realtà quindi molto meno romantica dell’immagine che, 150 anni fa, affascinò non solo gli studiosi. Articoli di stampa, esposizioni, dipinti storici, romanzi, spettacoli di piazza, calendari e libri scolastici alimentarono per decenni il mito delle palafitte.
Una nuova coscienza storica
Ma, ancora oggi, la scoperta di Meilen viene considerata come una vera e propria rivoluzione per l’archeologia europea, come spiega Marc-Antoine Kaeser, curatore della mostra organizzata a Zurigo dal Museo nazionale svizzero per commemorare l‘anniversario.
“Fino ad allora, le ricerche archeologiche della preistoria avevano permesso di scoprire quasi soltanto dei simboli di morte: tombe, armi o siti militari. I villaggi lacustri e i loro oggetti rappresentavano invece le prime tracce che permettevano di capire la vita dei nostri antenati”.
E, soprattutto, i ritrovamenti dei popoli lacustri aprirono una nuova visione storica in Svizzera, come in altri paesi europei. Di colpo, la storia non cominciava più con i Romani.
“Gli insediamenti lacustri testimoniavano l’esistenza di popoli abili e intelligenti, prima dell’occupazione romana. Permettevano insomma di ridare alla popolazione svizzera una nuova coscienza delle proprie origini”, sottolinea Marc-Antoine Kaeser.
Quanto basta per spingere i politici, oltre un secolo fa, a recuperare abilmente questo messaggio. Il mito dei Lacustri si prestava idealmente per cementare uno Stato ancora fragile, appena nato nel 1848, e per tracciare un’identità comune tra popoli e culture diverse.
Non a caso, nel 1867, il governo elvetico incaricò il pittore Auguste Bachelin di realizzare un dipinto di un villaggio lacustre all’età del Bronzo per rappresentare la Svizzera all’Esposizione universale di Parigi.
Reperti di grande qualità
Il successo archeologico dei Lacustri è legato anche all’incredibile qualità dei reperti ritrovati, come testimonia l’esposizione del Museo nazionale svizzero che presenta 150 oggetti provenienti dai laghi svizzeri.
Contrariamente a quanto si crede, l’acqua conserva perfettamente i materiali. A condizione però che rimangano sempre protetti dall’aria, come era il caso sotto gli strati di fango o di sabbia in riva ai laghi.
“Generalmente gli archeologi dispongono quasi soltanto di oggetti di metallo, pietra, terracotta o vetro per interpretare il passato”, rileva Marc-Antoine Kaeser.
“Dei popoli lacustri sono stati ritrovati invece numerosi materiali organici. Oggetti di legno e perfino nocciole, mele secche, spezie o resine lavorate che ci consentono di capire le abitudini alimentari e di vita di questi popoli”.
Ancora molti segreti
In occasione del 150esimo anniversario, gli archeologi svizzeri lanciano però l’allarme: la crescente urbanizzazione dei bordi dei laghi e soprattutto l’inquinamento stanno distruggendo in pochi decenni un patrimonio inestimabile, conservato per millenni.
Sotto le rive dei laghi si trovano infatti ancora oggi migliaia di reperti che potrebbero permetterci di risalire il lungo cammino della storia e svelare ancora molti segreti dei nostri antenati.
In particolare, rispondere ad un interrogativo che ancora oggi rimane aperto: come mai i Lacustri scelsero di vivere in questi terreni fangosi e umidi?
Una domanda alla quale neppure l’esposizione di Zurigo può dare una risposta. Ma non è questo l’obbiettivo, come spiega Marc-Antoine Kaeser.
“Con le manifestazioni in programma quest’anno in tutta la Svizzera, vogliamo riaccendere la “febbre” per i popoli lacustri, dimostrando che la realtà archeologica è altrettanto affascinante dei mondi immaginari costruiti per decenni attorno al popolo delle palafitte”.
swissinfo, Armando Mombelli
4300 – 800 avanti Cristo: insediamenti dei cosiddetti “popoli lacustri” in Svizzera.
1854: prima scoperta europea di un villaggio lacustre della preistoria nel Lago di Zurigo.
2004: una ventina di musei svizzeri organizzano esposizioni e altre manifestazioni dedicate ai popoli lacustri.
L’esposizione “I Lacustri” si tiene al Museo nazionale svizzero di Zurigo dal 27 febbraio al 13 giugno 2004.
La mostra presenta filmati che ricostruiscono la storia e la vita dei popoli lacustri, come pure documenti storici dell’epoca in cui sono stati ritrovati i primi reperti a Zurigo.
Vi vengono inoltre esposti 150 oggetti ritrovati nell’ultimo secolo e mezzo nei laghi svizzeri.
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