Il surrealismo razionale di Picasso a Basilea
La Fondazione Beyeler propone uno sguardo al surrealismo del grande maestro spagnolo, simbolo delle metamorfosi artistiche del 1900.
Ispiratore del movimento d’avanguardia, il giocoliere delle forme era stato a sua volta tentato dalle nuove visioni della rivoluzione surrealista.
Picasso, surrealista? È in questo modo che va spiegata l’arte enigmatica del superdotato della pittura, la cui straordinaria traiettoria artistica non smette di sollevare interrogativi?
“È una domanda affascinante, proprio perché non è facile trovare una risposta definitiva”, ritiene Catherine Schott, responsabile della comunicazione della Fondazione Beyeler.
Il museo di Basilea ha deciso di provarci comunque, organizzando una vasta esposizione, che permette di seguire il percorso dell’artista tra il 1912 e il 1945, con oltre 200 opere.
Etichetta negata
“Non sono mai stato surrealista. Non mi sono mai allontanato dalla verità. Sono sempre rimasto nella realtà”, ha dichiarato alcuni anni dopo lo stesso Picasso.
Abituato a navigare sulla cresta dell’onda delle avanguardie artistiche del 1900, l’artista spagnolo ha sempre rifiutato ogni definizione troppo restrittiva e non ha mai voluto condividere le fonti della sua creatività.
Ma è però probabile che, se Picasso avesse semplicemente aderito di nome al surrealismo, oggi questa etichetta verrebbe appesa su non poche delle opere realizzate durante il suo ultimo mezzo secolo di vita.
E tra questi molti lavori presentati dalla Fondazione Beyeler, in collaborazione con il Museo nazionale Picasso di Parigi, come ‘Le Baiser’ del 1925, ‘Dormeuse’ del 1927, le varie ‘Baigneuses’ del 1928 o le ‘Anatomies’ del 1933.
Più reale del reale
La vocazione surrealista di Picasso si è manifestata ancora prima della nascita del movimento surrealista. È in compagnia del pittore spagnolo che, nel 1917, il poeta Apollinaire conia per la prima volta la parola surrealismo.
Per Picasso, il termine indica la volontà di raffigurare la somiglianza della natura in modo “più reale del reale, arrivando al surreale”.
Ma nel 1924, quando André Breton “brevetta” la nuova corrente artistica, pubblicando il primo Manifesto del surrealismo, la parola assume una ben altra dimensione.
Per Breton, il realismo e il materialismo sono soltanto le prigioni dell’immaginazione e del genere umano. Il surrealismo, che apre le porte verso le profondità del subconscio, permette invece all’artista di liberare la “vera natura dell’ispirazione”.
La rivoluzione surrealista
Il surrealismo è il “dettato del pensiero, in assenza di ogni controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica o morale”, scrive il fondatore del surrealismo, il primo poeta a voler trasformare in arte le rivelazioni di Sigmund Freud.
Per i surrealisti questo automatismo psichico, in cui il dettato “magico” sgorga dalla mente dell’artista, può essere raggiunto soprattutto in uno stato onirico di dormiveglia o ipnosi, sotto l’effetto di alcool e droghe, nell’incoscienza della follia.
Breton e il suo movimento non propongono soltanto una nuova arte. Il surrealismo è una rivoluzione, vuole servire a cambiare la società, a liberare l’uomo dalla sua condizione precaria, dalle catene della morale e della logica, mira a distruggere i valori e le ideologie che, tra l’altro, spingono l’Europa in una guerra assurda dopo l’altra.
Nessun altro movimento d’avanguardia ha probabilmente avuto una visione artistica così radicale, un impegno politico, umano e sociale così forti. Non a caso, il magnete del surrealismo ha attirato per molti anni un numero incredibile di artisti di talento attorno a sé, a Parigi.
Legami personali
Considerato uno dei grandi ispiratori dai surrealisti, Picasso è stato sicuramente influenzato a sua volta dai membri del gruppo, con i quali ha avuto contatti regolari. I nuovi orizzonti aperti dal surrealismo non possono non indurre in tentazione anche il maestro spagnolo, che assimila ogni stile e sperimenta ogni tecnica.
Ma, negli anni ’20, Picasso è già troppo noto e ricco per riconoscere qualsiasi legame con l’arte e lo spirito di questi giovani che sollevano spesso polemiche e scandali.
“Picasso si è preso gioco a più riprese della scrittura o della pittura ‘automatica’ dei surrealisti”, rileva Catherine Schott.
A livello artistico, per il maestro i surrealisti trascurano troppo ciò che è importante, ossia la pittura, e scadono troppo facilmente in una pessima vena poetica. Sul piano politico invece, Picasso diventa un artista impegnato soltanto dalla seconda metà degli anni ’30, dopo essere stato colpito dalle atrocità della guerra civile in Spagna.
“Questo impegno traspare da ‘Guernica’, ma anche da diverse altre opere esposte qui a Basilea, come lo documentano le tematiche scelte e i colori molto più scuri e tetri”, sottolinea la collaboratrice della Fondazione Beyeler.
Il giocoliere delle forme
Ma, nonostante ogni distanza, ogni diniego, dopo la stagione cubista, l’arte di Picasso si avvicina più al surrealismo, che ad ogni altra corrente artistica.
L’artista non ricerca la sua ispirazione nei sogni, riflette quella che per lui è la realtà, in modo piuttosto razionale. Ma la sua è una realtà sviscerata, destrutturata e poi ricostruita secondo l’occhio e la mano del pittore.
“Picasso diventa surrealista nella sua ricerca ossessiva di nuove forme, di una nuova plasticità, con le quali vuole ridare la sua visione delle cose”, osserva Catherine Schott.
Il surrealismo di Picasso è contenuto in queste figure enigmatiche, che lasciano perplessi, che aprono un nuovo sguardo sulla realtà, che costringono l’osservatore ad interrogarsi sulla sua arte.
swissinfo, Armando Mombelli
L’esposizione “Picasso surrealista” rimane aperta al pubblico fino al 12 settembre 2005.
La mostra, organizzata in collaborazione con il Museo nazionale Picasso di Parigi, propone oltre 200 opere realizzate dal pittore spagnolo tra il 1912 e il 1945.
Nato a Malaga nel 1881, Pablo (Ruiz) Picasso si trasferisce a Parigi nei primi anni del secolo scorso, dove conosce diversi esponenti della pittura francese, come Matisse, Derain e Braque.
Nel 1923 Picasso incontra André Breton, fondatore e teorico del surrealismo, definito nei Manifesti del 1924 e 1930.
Pur mantenendo stretti legami con diversi esponenti del surrealismo, Picasso non aderisce al movimento che riunisce numerosi grandi poeti, pittori, scultori, fotografi e cineasti del XXesimo secolo, tra cui Eluard, Aragon, Artaud, Dalì, Ernst, Masson, Magritte, Arp, Man Ray, Bunuel o Tanguy.
L’artista spagnolo muore nel 1973, lasciando dietro di sé un patrimonio artistico inestimabile, in cui si riflettono diverse delle principali avanguardie dell’arte moderna.
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