Il voto elettronico si fa attendere
Il Consiglio degli svizzeri all'estero, che venerdì si riunisce a Friburgo in occasione della sessione estiva, è nuovamente confrontato con la complessità del progetto e-voting: federalismo e quadrilinguismo complicano un po' le cose. Ecco perché.
E’ ormai da anni che l’Organizzazione degli svizzeri all’estero (OSE) rivendica un’alternativa al voto per corrispondenza, anche perché i servizi postali non sono sempre affidabili ovunque. La Confederazione si è pertanto impegnata a sviluppare il voto elettronico.
La Cancelleria federale ha allestito il sito del governo elettronico (www.ch.ch) insieme ai cantoni. E, se paragonato sul piano internazionale, si tratta di un’operazione condotta e conclusa con successo. Ma per quanto riguarda il voto elettronico (e-voting) è davvero un’altra musica: la situazione è assai più problematica.
La complessità dell’operazione è stata illustrata dal vice-cancelliere della Confederazione Thomas Helbling,invitato venerdì dai rappresentanti dell’OSE ad illustrare la situazione: il funzionario potrà fornire delle spiegazioni, ma non può proprio promettere loro la luna.
Come agli albori dell’era aerospaziale
Per sciogliere i nodi della matassa del voto elettronico, è tutt’altro che semplice: ogni punto deve essere accuratamente negoziato con i 26 cantoni e i 2 mila 719 comuni della Svizzera. Ben sapendo che non tutti mostrano la medesima sensibilità nel passaggio al mondo del virtuale.
Il responsabile del progetto, Hans-Urs Wili, non perde comunque il suo sangue freddo: “Siamo un po’ come agli albori dell’era aerospaziale: prima di lanciarci alla scoperta del sistema solare, abbiamo dovuto prima decollare dalla Terra”!. “Occorre garantire l’anonimato del cittadino e la sicurezza del voto, come pure – aggiunge l’esperto – gestire i rischi e essere in grado di riparare eventuali danni. A titolo di paragone, l’e-banking è un gioco da bambini ed è molto meno caro”.
Robert Krimmer, che ha condotto uno studio comparato sul voto elettronico in Europa, non manca di evidenziare il paradosso tutto elvetico: “Il politico che decide è direttamente interessato, poiché è anche candidato. Presterà dunque attenzione a scegliere una modalità di voto che gli sarà maggiormente utile”.
Federalismo e plurilinguismo
Ogni cantone e ogni comune ha sviluppato una propria modalità elettorale, che si estende anche sul piano nazionale. “Dalla Costituzione del 1848 – annota Hans-Urs Wili – ogni tentativo di unificazione si è concluso con un fallimento, poiché nessuno era disposto a rinunciare alle proprie abitudini”.
Nel 2000, però, la Confederazione ha lanciato tre progetti pilota a Ginevra, Zurigo e Neuchâtel. Ognuna di queste realtà ha sviluppato autonomamente un sistema diverso che, al momento opportuno, potrà servire da modello per gli altri cantoni: potranno liberamente scegliere quello che fa al caso loro.
Più che giuridico e politico, il problema è legato alla dimensione organizzativa. “Ogni svizzero all’estero ha il diritto di votare nella propria lingua e nel proprio cantone, il quale – spiega il “Mister e-voting” della Cancelleria federale – deve procurargli la documentazione nella lingua di appartenenza, dunque italiano, romancio, francese o tedesco”.
L’introduzione, nel 1992, del voto per corrispondenza plurilingue, non aveva sollevato problemi particolari. Ma per il voto elettronico, non solo le informazioni devono essere tradotte, ma anche le mappe di navigazione sui siti cantonali. ” Ciò significa – precisa ancora Wili – che sarà necessario costruire una rete di correlazioni tra le versioni linguistiche di ogni parte del menu di base”.
Basilea Città, per esempio, sta per firmare un contratto per essere ospitato sul sito di Ginevra (e non di Zurigo). Ciò significa che Ginevra deve garantire al “cliente” un sistema che garantisce una navigazione plurilingue.
Un bell’impegno che comporta anche dei costi. Quest’anno la Confederazione ha deciso di consacrare 250 mila franchi soltanto per la traduzione dei tre sistemi piloti.
Centralizzazione o armonizzazione dei registri
L’anno scorso la Cancelleria federale ha inoltre negoziato con i cantoni una modifica legale allo scopo di permettere sia la centralizzazione, sia l’armonizzazione dei registri elettorali. Un percorso piuttosto laborioso.
Facciamo un esempio. “I 394 comuni bernesi – spiega ancora Wili – dovranno inscrivere “i loro” svizzeri all’estero in un registro comune, il quale permetterà di ottenere la massa critica necessaria per investire nel sistema del voto elettronico”.
I cantoni hanno ora tempo fino al 30 giugno 2009 per adattarsi in modo tale da essere nelle condizioni di operare una scelta. L’idea è di spingere diversi cantoni a raggrupparsi attorno ad un medesimo sistema, così da contenere i costi dell’operazione.
La pazienza, grande virtù…
Il presidente dell’OSE Jacques-Simon Eggly, sta attualmente esercitando delle pressioni sul proprio cantone – ossia Ginevra – affinché sviluppi un sistema di spoglio delle schede di voto. “Ma anche in un cantone pilota – commenta dispiaciuto – ci sono delle resistenze”.
Ma allora, quando l’intero sistema sarà operativo? L’obiettivo era stato fissato per le elezioni federali del 2011, ma i tempi davvero non sembrano maturi, per cui la scadenza sembra inevitabilmente slittare al 2015. A condizione, naturalmente, che tutti remino nella stessa direzione.
“Dal momento che per ora è impossibile garantire una sicurezza al 100 per cento – conclude Hans-Urs Wili – occorre cominciare a verificare il sistema con tranquillità, procedendo a piccoli passi, con una esigua quota di cittadini, per scongiurare il pericolo di dovere annulla un voto in caso di intoppi”.
swissinfo, Isabelle Eichenberger
(traduzione e adattamento dal francese Françoise Gehring)
Il Consiglio degli Svizzeri all’estero (CSE) è il portavoce della Quinta Svizzera, riconosciuto dalle autorità. Difende gli interessi di tutti gli svizzeri e di tutte le svizzere all’estero.
Quello che ormai viene considerato il “Parlamento della Quinta Svizzera” si riunisce due volte all’anno per esaminare dossier di carattere politico e per illustrare la posizione degli svizzeri e della svizzere all’estero su temi di attualità.
Il Consiglio si riunisce ogni anno in primavera, anche nel quadro del Congresso annuale degli Svizzeri all’estero che ha luogo a fine estate e che quest’anno si svolge a Friburgo dal 22 al 24 agosto.
Circa l’80 per cento dei 120 mila svizzeri all’estero, è iscritto sui registri elettorali e ha accesso a internet.
Dal 1992 votano per corrispondenza e dovrebbero poter passare al voto elettronico nel 2015. L’investimento stimato dalla Cancelleria federale per garantire l’intera operazione oscilla tra i 400 e i 600 milioni di franchi.
Nel 2000 la Confederazione ha lanciato tre progetti pilota (Ginevra, Neuchâtel e Zurigo) per trovare una soluzione tecnica (sicurezza del voto e dell’elettore) e politica che possa essere estesa agli altri 23 cantoni.
In occasione delle votazioni federali del 2008, il primo tentativo di voto elettronico a Neuchâtel aveva già coinvolto gli svizzeri all’estero. Basilea Città dovrebbe sperimentarlo nel mese di settembre del 2009.
Secondo uno studio comparativo condotto a livello europeo e curato dall’esperto austriaco Robert Krimmer, in materia di voto elettronico la Svizzera, con il suo quarto rango, è ben messa.
Attualmente il paese dove il voto elettronico è maggiormente sviluppato è la Gran Bretagna. L’Estonia, che ha una Costituzione recente e che vota da poco, ha introdotto la firma digitale e il voto elettronico in occasione delle elezioni parlamentari che si sono svolte nel mese di marzo del 2007.
I Paesi Bassi, che hanno creato un programma informatico di voto elettronico negli anni Sessanta, nel 2004 hanno offerto ai propri espatriati la possibilità di votare elettronicamente. A causa di problemi di sicurezza, due anni dopo sono però tornati al voto per corrispondenza.
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